Baget e la teologia dell’omosessualità

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Una teologia per l’omosessualità? Era l’auspicio più che lo svolgimento di quanto un prete di grande valore e molto discusso come Gianni Baget Bozzo (1925–2009) portava avanti in una serie di scritti fra il 1976 e il 2008. Sono 16 “pezzi” di diseguale valore – raccolti con cura da Luigi Accattoli, ex vaticanista del Corriere della Sera, in un libro uscito nel 2020 da Luni editore (Milano), con il titolo Per una teologia dell’omosessualità. Gli scritti del prete e politico di Genova che anticiparono papa Francesco.

Accattoli segue con simpatia e rispetto lo svolgersi del pensiero di una figura di prete che, da laico, ha conosciuto la prima stagione della Democrazia Cristiana, accanto ai “professorini” Dossetti, Fanfani, La Pira ecc.,  spostandosi successivamente sulla destra del partito per poi attraversare il post-concilio da prete nella Genova del card. Giuseppe Siri con una collocazione da conservatore intelligente nella rivista Renovatio.

Nel 1976 comincia a collaborare a Repubblica di Scalfari su posizioni politiche di sinistra e di apertura ecclesiale. Nel 1984 si candida nel partito socialista di Craxi al Parlamento europeo, accettando la censura ecclesiastica della sospensione a divinis. Dieci anni dopo partecipa alla fondazione di Forza Italia (centro-destra) di Silvio Berlusconi di cui è stato apprezzato consigliere. Dopo una lunga stagione segnata dalla depressione, muore a Genova nel 2009.

Anche solo questi brevi cenni danno l’idea dell’esposizione di Baget nel dibattito politico ed ecclesiale, la sua funambolica capacità di rivestire tutti i ruoli in commedia, la vorticosa rotazione di posizioni giustificate con lucida intelligenza, nel segno di un destino di sostanziale solitudine.

Dalla perversione alla condizione

Rispetto alle variazioni e contraddizioni politico-ecclesiastiche, i suoi interventi sul tema dell’omosessualità, marginale nell’insieme dei suoi scritti ma non occasionale, mantengono una sostanziale coerenza che il curatore sintetizza così:

« – ha sostenuto che è necessario elaborare una teologia del sesso e in essa dell’omosessualità, che mai fu pensata nei secoli;

– ha affermato che, insieme alla ricerca dell’intenzione divina sulle persone omosessuali, occorre sviluppare una carità ecclesiale che liberi dal paradosso della verginità coatta e della scomunica oggettiva nel quale ancora – diceva e si può dire – sono imprigionate;

– riteneva e andava argomentando nelle sedi più varie che la coppia omosessuale stabile va suggerita in ambito ecclesiale e va riconosciuta in ambito civile, pur senza equipararla al matrimonio;

– con tenacia ha battagliato perché nel nostro ordinamento non fosse ritenuta accettabile nessuna limitazione legislativa dell’identità omosessuale e dell’esercizio attivo della tendenza omosessuale:

– ha perseverato in questo combattimento anche quando, nell’ultimo ventennio, era passato su posizioni di destra, rivendicatrici della tradizione cristiana del nostro paese».

Tempestivo nel cogliere il passaggio del magistero espresso da Persona humana (1975) col superamento del giudizio di sodomia-bestialità verso il riconoscimento dell’omosessualità, il cambiamento cioè dalla «perversione» alla «condizione», e critico esplicito del tentativo del ridimensionamento operato dall’allora card. J. Ratzinger nel 1986 (Cura pastorale delle persone omosessuali), Baget si espone nella richiesta del riconoscimento civile.

«Sinché l’omosessualità era ritenuta una scelta e non una condizione, si potevano comprendere le posizioni in morale della Chiesa. Ma dal momento che la Chiesa stessa riconosce che si tratta di una realtà obiettiva, chiedere il non riconoscimento civile significa chiedere la sanzione civile contro una situazione non volontaria e quindi non responsabile. È di fatto il medesimo ragionamento che può condurre al razzismo». «Il diritto civile all’identità sessuale esiste e non si può negare».

La misura della laicità?

Nella sua riflessione ci sono cambiamenti. Si passa, ad esempio, dalla condivisione iniziale dell’astinenza dall’esercizio sessuale al suo riconoscimento nel contesto di una relazione stabile.

Si afferma la legittimità dell’orientamento omosessuale (non il suo esercizio) nel servizio presbiterale e nella condizione consacrata, ma poi si ammette la ragionevole prudenza della Chiesa nel disciplinare l’accettazione di omosessuali e lesbiche nei conventi e nei seminari.

In particolare, il riconoscimento civile assume connotazioni anti-ecclesiali quando le istituzioni europee ne fanno la misura della libertà civile. «Il problema si è fatto più grave perché l’omosessualità è diventata una forma di cultura e di struttura, un modo di pensare e di agire, uno stile di vita. Dalla repressione dell’omosessualità e dalla persecuzione degli omosessuali si è giunti alla loro condizione di una minoranza divenuta in qualche modo il riferimento delle libertà civili». «Il Parlamento europeo è diventato una centrale anti-cattolica: e il punto centrale dell’anti-cattolicesimo è divenuta la questione omosessuale».

Il volume ricostruisce e enfatizza l’ignorato percorso di Baget sul tema, ma sembra meno attento all’elaborazione dei teologi moralisti di quei decenni. I riferimenti espliciti sono per il teologo Domenico Capone e per alcuni teologi nord-americani, senza riferimento a nomi che hanno scavato e spesso pagato per le loro riflessioni: da T. Goffi a X. Thévenot, da J. Gramick a M. Vidal, da P. Pohier a G. Piana.

Sono anche i decenni dei primi tentativi di approccio pastorale e di cura personale per gli omosessuali anche in Italia. Difficile ignorare l’attività di Domenico Pezzini. La sua successiva condanna per comportamenti inappropriati non rimuove né la riflessione (un paio di volumi e una ventina di saggi), né la sua funzione di collegamento dei primi gruppi. Anticipo di una rete oggi più estesa, più riconosciuta e più alimentata (basti ricordare i volumi di A. Fumagalli).

La cura pastorale e la comprensione dei vissuti sono stati il vero motore per un approccio diverso a omosessuali e lesbiche. Lo testimoniava già nel 1993 una voce sull’omosessualità in un Dizionario di spiritualità (tradotto poi dalla Lev nel 2003) il teologo John McNeill: «Poiché non sono essi (lesbiche e gay) ad avere scelto la loro tendenza sessuale, la sperimentano come data, come parte della realtà creata. Poiché sono stati educati a vedersi negativamente, come creature peccaminose, malate, o come male, necessariamente subiscono una crisi profonda nella loro capacità ad avere fiducia nel Creatore».

Ma «una vita spirituale elevata deve essere olistica: non deve basarsi su una negazione o sul rifiuto del corpo e dei suoi sentimenti, specialmente dei suoi sentimenti sessuali. C’è una componente sessuale necessaria nella nostra ricerca dell’intimità con Dio. Sopprimere totalmente questa componente può frapporre un ostacolo maggiore sul sentiero della crescita spirituale. I gay sono costantemente in un processo di discernimento su come integrare la loro crescita nell’intimità con Dio con la loro ricerca a vivere l’intimità umana nella sua totalità. Molti gay sono pienamente coscienti del loro bisogno della comunità spirituale per esercitare con successo questo loro processo di discernimento».

  • Gianni Baget Bozzo, Per una teologia dell’omosessualità. A cura di Luigi Accattoli, Luni editore, Milano 2020. pp. 144, € 18,00, ISBN  9788879847087.
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4 Commenti

  1. Giovanni Di Simone 31 gennaio 2021
  2. Pietro 29 gennaio 2021
    • Giovanni Di Simone 1 febbraio 2021
  3. Giovanni Di Simone 20 gennaio 2021

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