
Genesis Painting by Zdzislaw Lazuk
Gianantonio Borgonovo, presbitero della diocesi di Milano dal 1979, è stato docente di Esegesi e Teologia dell’AT nel seminario di Milano (1984-2007), docente a contratto di Lingua e Letteratura Ebraica in UCSC di Milano (1999-2006), docente presso la sede centrale della FTIS dal 1991, dapprima come incaricato e, dal 2014 sino a tutt’oggi, come professore straordinario.
Dottore ordinario in Biblioteca Ambrosiana dal 2007 al 2012, dal dicembre 2012 è arciprete del duomo di Milano.
L’autore è specialista del Pentateuco, di cui è stato a lungo docente, fin dal 1984 (primo corso su Gen 1–11).
Genesi fa parte della prestigiosa collana “I Libri Biblici”, diretta da Olimpia Cavallo (ideazione, progettazione e coordinamento), dallo stesso Gianantonio Borgonovo (Primo Testamento) e da Stefano Romanello (Nuovo Testamento). È composta da volumi caratterizzati da un rigoroso metodo scientifico, attenti alla dimensione storica, letteraria, estetica e teologica del testo biblico. Presentano una nuova traduzione condotta sui testi originali dagli autori e dalle autrici del commento.
Il corposo volume si compone di tre sezioni.
Pentateuco e Genesi
Dopo la Prefazione e le Abbreviazioni e sigle (pp. 5-30), la sezione prima (pp. 31-206) è un’introduzione al Pentateuco e, in particolare, al libro di Genesi, e a tutta la problematica interpretativa che si è sviluppata dal XVII secolo in avanti. Vuole evidenziare i motivi per cui il volume si presenta come “nuova lettura” di Genesi e giustificare il metodo di lavoro utilizzato nella sezione successiva.
L’autore tratta della “forma narrativa” di Tôrah, Nebi’îm e Ketubîm di cui è composto il Primo Testamento. Affronta, quindi, il problema del Pentateuco secondo lo sviluppo storico delle sue interpretazioni. Espone dettagliatamente l’ipotesti documentaria (Urkundenhypothesen) ed evidenzia la singolarità del Deuteronomio. Illustra poi gli elementi che strutturano la “nuova lettura” di Genesi.
In un primo momento, egli descrive la retorica di Genesi: I racconti di Gen 1,1–11,26 e i tre cicli narrativi dei padri (Gen 11,2 –50,26).
In un excursus (pp. 166-192), Borgonovo descrive i miti e le epopee dell’Antico Vicino Oriente (AVO): Enuma Elish, Gilgamesh, Atra(m)chasis, ovvero il “Grande Saggio”, Erra (oppure: Irra).
Illustrando in un secondo momento la poetica di Genesi, egli analizza la “demitologizzazione”, la maggiore attenzione alla “storia” e la poetica dei racconti patriarcali.
Alle pp. 204-205 lo studioso elenca i commentari a tutto il libro di Genesi: autori e anno di pubblicazione.
Nell’ampia sezione seconda (pp. 207-820), l’autore suddivide il materiale in due grandi parti, per lasciar emergere il loro diverso carattere narrativo: L’eziologia metastorica (1,1–11,26) e I racconti patriarcali (11,27–50,26).
L’eziologia metastorica (1,1–11,26)
Gen 1,1–11,26 traccia le linee di senso dell’esistenza del creato e dell’insieme dei popoli allora conosciuti, illustrando un periodo che precede quello “storico” riguardante persone particolari che hanno dato origine al popolo di Israele.
Lo studioso riporta il testo critico di Genesi in versione italiana (pp. 209-234), facendolo seguire dal commento esegetico (pp. 234-410). A una premessa all’eziologia metastorica di Gen 1,11–11,26, fa seguito una riflessione sul “mistero” della creazione.
La struttura generale dell’eziologia metastorica vede un’ouverture con un Inno al creatore (1,1–2,4a) e la descrizione della prima umanità (2,4b–3,24). Dopo un excursus su 3,15 come “protovangelo” (pp. 299-307), si prosegue con l’esposizione circa i due fratelli (4,1-16), la genealogia e lo sviluppo (4,17-26), le dieci generazioni (da Adam a Noach, 5,1-32), la ricerca della vita (6,1-4). Dopo l’excursus sul mitema della caduta degli angeli (pp. 330-338), si narra il diluvio e la seconda umanità (6,5–9,19), i tre figli di Nóach (9,6-20), la “tavola dei popoli” (10,1-32) e le dieci generazioni (da Nóach a Terach, 11,10-26).
Alcune conclusioni teologiche (pp. 385-386) fanno notare lo sfumare dell’eziologia metastorica verso il momento storico in cui iniziano i racconti riferiti ai padri. Mentre il periodo dell’eziologia metastorica esprime la trama incancellabile di ogni vicenda della storia umana progettata da Dio per le singole generazioni umane, il passaggio storico che ora sarà compiuto porta a valutare qual è – di generazione in generazione – il modo di attuare questa vicenda storica.
A partire dalle vicende di Abramo, ci sarà l’altalena storica normale tra progresso e regresso, che mette a fuoco qual è veramente l’accadimento che il Creatore e Signore della storia vuole realizzare per il suo popolo in quel momento, in vista del compimento dell’alleanza/berit che lega Israele a YHWH. Il modo di attuazione della berit noachica rispetto alla berit abramitica sta nel fatto che non si tratta solo di un dono che viene dall’alto rispetto alla sola dimensione umana, ma di un dono che, venendo dall’alto, entra nel cuore e nello spirito umano e muove tutte le energie umane a rispondere pienamente a ciò che Dio vuole.
Borgonovo sottolinea il fatto che la conclusione della prima sezione di Genesi, l’eziologia metastorica, non termina con un effetto a “gran finale”, ma sembra invece che il narratore voglia creare un effetto di “passaggio sfumato”: quasi una luce crepuscolare che dolcemente tramonta e poi – senza soluzione di continuità – albeggia per introdurre la seconda sezione, che narrerà del padre Abramo. Anch’essa, infatti, inizierà con una breve genealogia da Terach ad Abramo (11,37-32), e si concluderà, alla morte di Abramo, con un’altra genealogia (25,1-18), che raccoglierà le memorie di un’altra discendenza di Abramo da Qeturah, la sua seconda moglie.
Anche in questa conclusione si percepirà che il compimento della promessa rimarrà sempre un “paradosso”, perché Abramo muore possedendo un appezzamento di terra in Canaan, ma solo per “uso sepolcrale” (Gen 23); e la gloriosa promessa di una discendenza numerosa come le stelle del cielo o la rena sulla spiaggia del mare non è cancellata, ma di fatto rimandata e anticipata solo da un piccolo pegno.
Un ulteriore excursus illustra il significato numerico delle genealogie (Gen 5,1-32 e 11,10,26).
I racconti dei padri (11,27–50,26)
La parte seconda di Genesi è dedicata ai Racconti dei padri: Gen 11,27–50,26.
Abramo, Ismaele e Isacco (Gen 11,27–25,18)
In Gen 11,27–25,18 si narra di Abramo, Ismaele e Isacco. Viene riportato il testo critico in versione italiana (pp. 412-461), a cui segue il commento esegetico (pp. 462-552). I nomi sono riportati secondo la dicitura dell’autore, con leggere modifiche nella traslitterazione.
Ripercorriamo la trama del racconto riportando solo i titoli delle varie pericopi.
All’introduzione genealogica seguono il paradosso della promessa; il pericolo della promessa; Avràam che si separa da Lot; Avràm l’“ebreo”; la promessa, il tentativo umano di superare la sterilità di Saraj; la promessa e la risposta della circoncisione; Abramo intercessore, la distruzione di Sodoma; la discendenza di Lot; il nuovo pericolo per Sara; la nascita di Isacco; l’allontanamento di Hagár e Ismaele; nuovo pericolo per la terra; il figlio della fede; la genealogia di Nachór; una terra posseduta per uso sepolcrale; il matrimonio di Isacco e Rebecca; l’“altra” discendenza di Abramo da Qeturà – Morte di Abramo.
L’autore enuncia alcune conclusioni circa il racconto di Abramo, Ismaele e Isacco.
Ci sono il paradosso della promessa: il versante teologico; il pericolo della promessa: il versante antropologico; scelte umane e fedeltà di YHWH; Isacco, il figlio della fede; morire per “abitare” la ’eretz; morire per “vedere” la discendenza; la vera discendenza di Abramo.
Isacco, Esaù e Giacobbe (25,19–37,1)
Al testo critico in versione italiana (pp. 553-602), segue il commento esegetico (pp. 603-673).
La struttura del racconto comprende: genealogia – nascita di Esaù e Giacobbe; le radici del conflitto; episodi della vita di Isacco; il conflitto tra due fratelli; l’allontanamento di Giacobbe; la teofania di Bet’èl; il salario: Rachele e Le’àh; i “dodici figli” di Giacobbe; il salario: le greggi; la partenza da Lábano; il ritorno di Giacobbe; la lotta allo Jabbok; la riconciliazione dei due fratelli; la vendetta di Simeone e Levi contro Shekém; chiusura del racconto di Isacco, Esaù e Giacobbe; genealogia – Discendenza di Esaù.
Le conclusioni tratte da Borgonovo per questa sezione trattano vari elementi: storie di fraternità; retribuzione e némesi; il Dio che c’è: il Presente invisibile e innominabile; vita e morte – attesa e compimento; il “triplice” pianto; riconciliazione?; giustizia umana e misericordia divina.
Giacobbe, Giuseppe e i suoi fratelli (37,2–50,26)
Al testo critico in versione italiana (pp. 674-737) segue il commento esegetico (pp. 738-820).
Borgonovo propone, dapprima, un’introduzione al racconto di Giacobbe, Giuseppe e i suoi fratelli e anche alla storia della tradizione del romanzo di Giuseppe. Da notare l’articolazione drammatica in vari atti.
La struttura generale di questa sezione di Genesi comprende: Prologo (37,2-36): presentazione dei personaggi (37,2-36); Prima inserzione (38,1-30): Giuda e Tamár (38,1.30); Atto primo (39,1– 41,45): L’innocente punito (39,1-30); Giuseppe interpreta i sogni del Gran coppiere e del Gran panettiere (40,1-23); Giuseppe interpreta i sogni di Faraone (41,1-36); la gloria di Giuseppe in Egitto (41,37-45); Seconda inserzione (41,46-57): nascita di Manasse ed Efrájim; Atto secondo (42,1–45,28): Primo viaggio: i fratelli accusati di essere spie (42,1-38); secondo viaggio: con Beniamino (43,1-34); la prova per Beniamino (44,-34); Giuseppe si fa riconoscere e si riconcilia con i fratelli (45,1-28); Terza inserzione (46,1-27): Giacobbe e il suo clan si spostano in Egitto; Atto terzo (46,28–48,22): i figli di Giacobbe in Egitto (46,28–47,12); il successo del “saggio Giuseppe (47,13-26); Giacobbe fa giurare Giuseppe (47,27-31); Giacobbe adotta Efrájim e Manasse (48,1-22); Quarta inserzione: “Le benedizioni” di Giacobbe ai suoi figli (49,1-28); Epilogo (49,29–50,26): ultime volontà di Giacobbe (49,29-32); morte, imbalsamazione e sepoltura di Giacobbe (49,33–50,14); i fratelli di Giuseppe si appellano alla volontà di Giacobbe (50,15-21); morte, imbalsamazione e sepoltura di Giuseppe (50,22-26).
Le conclusioni teologiche tirate da Borgonovo per il racconto di Giacobbe, Giuseppe e i suoi fratelli sono le seguenti: il carattere letterario di Gen 37,2–50,26; la valenza “storica” del racconto; il principale interesse del narratore; il rapporto di Giuseppe con le Novelle della Diaspora; a mo’ di testamento: la parola a Gerhard von Rad. In questo ultimo punto, l’autore riporta una pagina del grande esegeta tedesco che riflette sul modo di intervenire di Dio nella storia umana, di quale sapienza si parla nella Storia di Giuseppe e di come spiegare la feconda connessione che si è stabilita tra la Storia di Giuseppe e il Libro di Genesi.
Conclusioni generali
La sezione terza (pp. 821-839) riporta le Conclusioni generali.
L’autore analizza, dapprima, il principale guadagno interpretativo del metodo adottato. Egli ha letto il testo così come si trova, sottoponendo l’ipotesi documentaria a revisione critica e riscoprendo le due grandi tradizioni religiose che hanno generato, da una parte, il Deuteronomio e la Storia deuteronomistica e, dall’altra, la tradizione sacerdotale, che ha prodotto pure molti testi legati all’istituzione del Tempio di Gerusalemme e al suo Sacerdozio.
Queste due tradizioni sono attestate in opere letterarie ben inquadrabili. Con la pace subentrata con l’impero achemenide e il rientro dei deportati a Gerusalemme (che Borgonovo pone nel 521 e non nel 538 a.C.) prende forma il Deuteronomismo. Questo movimento di ascendenza profetica e di grande valore teologico coincide di fatto con la presenza di un’autorità centrale persiana molto forte, ma – nello stesso tempo – capace di salvaguardare le originali e molteplici culture locali, rispettandone soprattutto gli aspetti religiosi ed “ecumenici”.
Dal punto di vista storico, sociale e politico esso corrisponde grosso modo ai due secoli che vanno dal 520 a.C. sino all’arrivo di Alessandro Magno che, nel 334 a.C., invase l’Impero Persiano e iniziò una serie di campagne che durarono dieci anni.
Questo nuovo contesto geopolitico cambiò anche la fisionomia interna al Giudaismo del IV sec. A.C. «Il movimento profetico, di cui il Deuteronomismo è chiara derivazione teologica – annota Borgonovo –, praticamente si esaurì con le sue ultime manifestazioni e attestazioni documentabili: Terza Parte di Isaia (Is 55-66), Seconda/Terza Parte di Zaccaria (Zc 9-14), Malachia… Insorge, invece, sempre più forte il sacerdozio di Gerusalemme, anche per la sua forza dottrinale e teologica, di cui la tradizione sacerdotale (P) è attestazione documentabile. Le due tradizioni, Deuteronomica e Sacerdotale – continua l’autore –, diventano così, anche da un punto di vista storico, due periodi ben identificabili nella storia postesilica della provincia di Jehud e, in particolare, del Tempio di Gerusalemme quale centro del Giudaismo dell’epoca, dando così realtà culturale e storica a quanto ci è dato di leggere nelle Sacre Scritture di Israele. E così – conclude lo studioso –, quel periodo (V secolo e prima metà del IV secolo a.C.) che, fino a pochi decenni or sono, ci appariva “vuoto”, quasi un momento oscuro e indecifrabile della decadenza dell’Israele del periodo antico e profetico preesilico, è diventato nella nostra prospettiva il grembo fecondo che ha generato in sé la fecondità letteraria e teologica capace di spiegare la formazione delle Sacre Scritture Ebraiche» (p. 825).
Borgonovo espone, quindi, a grandi linee la teologia del Libro di Genesi: protologia ed escatologia; narrazione e ispirazione; tratta quindi del Libro di Genesi nell’insieme del Pentateuco o Chumásh (Es 32–34: “chiave di volta” della teologia della storia [deuteronomistica]; la morte di Mosè e la nascita di Israele).
Lo studioso riporta alcune notazioni sul Deuteronomio che sono molto importanti, trattando della morte di Mosè e della nascita di Israele. Sono le pagine che concludono il suo commentario.
Egli ribadisce che la Torah è deve rimanere un “Pentateuco”. I cinque libri, considerati unitariamente anche dalla LXX, sono saldamente costruiti ed esprimono una teologia compatta.
«Di conseguenza – afferma l’autore –, il Deuteronomio va mantenuto nella sua posizione strategica e la formulazione del comandamento come condizione per poter “conservare” il dono della terra è parte dell’archetipo simbolico della Tôrah e non può essere scalzato in ogni modo. La vita dell’Israele della fede, generazione dopo generazione, ha bisogno di tale promessa, a differenza dell’entrata fattuale nella terra, di cui si parla da Giosuè in poi, che non è più parte dell’archetipo normativo, ma è solo un capitolo di quella storia, che potrebbe ripresentarsi in altri momenti, modi e realizzazioni non necessariamente identici al primo insediamento. La ’èretz, “terra”, come simbolo teologico, può essere donata e vissuta in modi inediti e imprevedibili nella vita del singolo e della storia umana. La fedeltà al comandamento, invece, è un dovere per sempre. […] Israele è fuggito dall’Egitto e da Faraone proprio per affermare che nessun uomo in terra può sostituirsi a Dio: JHWH solo è re e il re terreno ne è solo il luogotenente (cf. Sal 2 e 110). Nella morte di Mosè sta l’adempimento dell’esodo di Israele dall’Egitto. Israele è uscito “dalla casa degli schiavi” per liberarsi da ogni idolatria e poter servire il comandamento di JHWH, colui che solo può garantire libertà. Per questo Mosè – il fondatore, l’intercessore e il mediatore del momento originario – doveva scomparire dalla scena della storia perché Israele potesse imparare a vivere nell’autentica libertà, la cui mèta era stata indicata proprio da lui, rabbēnû “il nostro maestro”. Non era sufficiente che Mosè morisse – conclude Borgonovo il suo commentario a Genesi –; era necessario che “nessuno fino ad ora abbia saputo dove sia la sua tomba” (cf. Dt 34,6), perché Israele potesse camminare alla luce del suo insegnamento, della sua Tôrah, ma nessuno fosse tentato di trasformarlo in un altro Faraone» (pp. 837-839).
Concludono il monumentale commentario di Borgonovo un dizionario minimo (pp. 840-844); una sterminata bibliografia generale (pp. 845-1014), suddivisa in Commentari su Genesi e Monografie e studi vari; indici analitici (pp.1015-1052): indice degli autori, delle citazioni bibliche, dei vocaboli in lingue antiche, di altre raccolte e letterature.
Il commento di Antonio Borgonovo rappresenta a buon diritto un vanto dell’esegesi italiana. Ad una accurata e affascinante traduzione personale (con tonalità talvolta poetiche) si affianca un profondo commento filologico-esegetico-teologico, corredato da un ricco apparato di note a piè di pagina, testimonianza di un fitto dialogo scientifico.
Siamo di fronte all’opus magnum di uno studioso prolifico di libri, conferenze e commenti a testi biblici impiegati nella liturgia. Un commentario maggiore su un libro bilico fondamentale ma di difficile interpretazione; un’opera dal taglio altamente scientifico di cui ringraziamo di cuore l’autore.
Genesi. Nuova versione, introduzione e commento di Gianantonio Borgonovo (I Libri Biblici – Primo Testamento 1), Paoline, Milano 2015, pp. 1064, € 95,00, ISBN 9788831556293.