
Su SettimanaNews abbiamo ricordato i 60 anni della dichiarazione conciliare Nostra Aetate con il testo di David Neuhaus (cf. qui su SettimanaNews) e il discorso del papa all’incontro sulla memoria del documento (cf. qui su SettimanaNews). In un clima di risorgente antisemitismo legato anche alle aspre e legittime discussioni sulla guerra a Gaza la rievocazione dell’apertura della Chiesa cattolica a una nuova comprensione delle religioni e, in particolare, del legame con l’ebraismo diventa opportuna.
Il rifiuto del proselitismo verso gli ebrei, il riconoscimento della continuità dell’alleanza, l’abbandono della teologia della “sostituzione” e la rimozione dell’accusa di deicidio alimentano nelle comunità e nelle gerarchie la resistenza alle ritornanti pulsioni anti-ebraiche. Lo fanno con sistematicità i vescovi tedeschi, come quelli francesi e di altri Paesi europei (Italia compresa), dando corpo a un prezioso movimento di contrasto e alla rimozione di ogni giustificazione “religiosa” al fenomeno. Anche episodi minori sono indicativi dell’indirizzo complessivo.
L’episodio polacco
È il caso di mons. Wojciech Polak, arcivescovo metropolita di Gniezno e primate di Polonia. In una delle sue parrocchie, Wrzesnia, è stato annullato un concerto da tenersi in chiesa sulle musiche di un illustre compositore, Luis Lewandowski (1821-1894). Ebreo polacco nativo del paese, considerato uno dei massimi esponenti della musica sinagogale, è stato fatto oggetto da gruppi estremisti della destra locale di una damnatio memoriae. Come ebreo, attivo a Berlino e quindi tedesco non doveva essere onorato dentro un tempio cattolico e polacco.
Dopo la decisione a malincuore degli organizzatori il primate ha preso carta e penna difendendo il patrocinio onorario della diocesi e mostrando l’incompetenza dei contestatori in merito alla pertinenza del concerto (approvato in sede diocesana, conforme alle norme della conferenza episcopale e dei competenti dicasteri romani) e soprattutto all’insostenibilità delle censure all’ebraismo e all’appartenenza tedesca di Lewandowski.
Ricorda le parole chiare di Nostra Aetate e quelle di Giovanni Paolo II alla sinagoga di Roma (13 aprile 1986): «La religione ebraica non è qualcosa di “esterno” a noi, ma in un certo senso “interno” alla nostra religione. Con l’ebraismo quindi abbiamo un rapporto come con nessun altra religione. Voi siete i nostri fratelli amati, e in un certo senso si potrebbe dire che siete i nostri fratelli maggiori». Il primate ritiene che sarebbe stato giusto e opportuno il concerto in chiesa. «Forse il luogo più appropriato sarebbe la sinagoga di Wrzesnia, dove Luis Lewandowski iniziò la sua carriera musicale. Ma ciò è impossibile perché durante la guerra fu distrutta dai soldati tedeschi, imbevuti di odio per gli ebrei».
L’evento non clamoroso si colloca tuttavia in un clima dove il nazionalismo antidemocratico e antieuropeo raccoglie crescenti consensi. Basta ricordare il duro commento di vescovi come Jozef Kupny, Grzegorz Rys e Adrian Galbas davanti alle intollerabili affermazioni di un parlamentare europeo appartenente all’estrema destra polacca secondo cui «Le camere a gas di Auschwitz sono false» (cf. qui su SettimanaNews) o al gesto dello stesso personaggio al parlamento nazionale quando ha scaricato un estintore per spegnere le lampade di un candelabro ebraico collocato all’entrata dell’aula parlamentare (cf. qui su SettimanaNews).
Contro il risorgente antisemitismo è intervenuto più volte anche l’ex-presidente dei vescovi Stanislaw Gadecki. A suo tempo, mons Tadeusz Pieronek, denunciò l’intollerabile pretesa di una legge che censurava ogni accusa di complicità polacca rispetto ai campi di sterminio nazisti (cf. qui su SettimanaNews).
La resistenza all’antisemitismo e le nuove sfide
Il ruolo di contenimento e resistenza della Chiesa cattolica rispetto all’antisemitismo è solo uno degli elementi di rinnovamento avviati sessant’anni fa dalla dichiarazione conciliare. Essa «prende una posizione ferma contro tutte le forme di antisemitismo» (papa Leone nel citato discorso). Tuttavia, è ancora molto il cammino che resta da fare sia in ordine alla teologia sia rispetto alle pratiche di dialogo e incontro.
Riprendo, a titolo di esempio, una suggestione del teologo e filosofo di ascendenze ebraiche, Grégory Solari, apparsa su La Croix (28 ottobre):
«Due omissioni di Nostra Aetate sono rivelatrici: l’assenza di ogni accenno allo stato di Israele e il silenzio sulla Shoah. Le due dimenticanze si collegano: non si comprende la rinascita di Israele senza legarla alla distruzione subita del popolo giudeo. Cancellando la dimensione storica la dichiarazione conciliare trasforma Israele in un simbolo spirituale al prezzo della sua realtà politica e “carnale”. Una logica di rimpiazzo che è una nuova forma di “sostituzione”: non è più la Chiesa che sostituisce Israele, ma è un Israele idealizzato, teorizzato che prende il posto di un Israele tornato nella storia. Una tensione che spiega perché il dialogo giudeo-cristiano dopo il Vaticano II ha potuto svilupparsi tacendo la questione della terra e del sionismo».






Fatemi capire, se un ebreo vuole convertirsi al cattolicesimo deve essere accolto o no?
Cosa significa “rifiuto del proselitismo verso gli ebrei”?
Anche questa faccenda del riconoscimento della continuità dell’alleanza non mi è chiara.
L’antica alleanza è ancora valida?
Allora cosa è venuto a fare Nostro Signore, perché è morto in croce e risorto?
Se la vecchia alleanza è ancora valida allora la sinagoga e la Chiesa sono equivalenti.
Insomma non capisco.
Nostra Aetate, la Dichiarazione del Vaticano II sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane. Il documento fu redatto in parte da Padre Gregory Baum (1923-2017). Baum abbandonò il sacerdozio e la vita religiosa, sposò una ex suora e ammise di aver avuto rapporti omosessuali per tutta la sua vita adulta a partire dal 1963, durante il Concilio.
Ora conoscete l’altra parte della storia.
Non giudicate per non essere giudicati.
questo toglierebbe valore al documento? In un concilio non conta chi redige il documento ma l’assemblea dei vescovi che lo approva e il papa che lo sottoscrive. Da allora in poi è un documento che appartiene alla intera chiesa .
Bruttissimo il commento di questa lettrice. Evidentemente non conosce la parabola evangelica della pagliuzza e della trave, che si può riassumere con il saggio monito “pensa ai fatti tuoi, non a quelli degli altri!”. La vita privata di una persona è affare suo finché non danneggia gli altri. I rapporti omosessuali fra adulti consenzienti non costituiscono reato, così come è perfettamente legittimo che un sacerdote o una suora lascino la vita religiosa per sposarsi. Quindi, pensare ai fatti propri!
Era anche ebreo.
Il problema è il sionismo. Si può essere antisionisti senza essere antisemiti. Il sionismo è come il comunismo. Ottimi propositi teorici iniziali poi ha creato devastazione totale diventando un problema per l’esistenza stessa dello stato di Israele. Leggevo che scappano da Israele 80.000 persone l’anno per ragioni di sicurezza. In un paese così piccolo è un’emorragia che se non viene fermata può mettere in discussione la vita dello stato stesso