La lettera è arrivata il 1° luglio. Indirizzata al Consiglio permanente dell’episcopato è firmata dalle stesse vittime degli abusi che, il 13 maggio scorso, si erano rivolte ai vescovi per chiedere maggiore attenzione al triste fenomeno. Il consiglio permanente aveva risposto alle loro richieste (11 giugno) e le vittime riprendono il dialogo per sostenere e migliorare le misure previste (cf SettimanaNews, qui).
Le richieste formulate nella prima lettera erano:
- Sospensione dell’arcivescovo Tadeusz Wojda come presidente della conferenza episcopale (eletto alcuni mesi fa), fino a quando non ci saranno risposte all’accusa di negligenza nel trattare gli abusi in diocesi. Se le accuse fossero confermate si chiedono le sue dimissioni.
- Le vittime chiedono di essere ascoltate nella prossima assemblea generale dei vescovi.
- I vescovi suggeriscano alla Santa Sede cambiamenti nel Codice di diritto canonico perché le vittime abbiano parte ai processi.
- Si fissi la data di avvio della nominata commissione indipendente che ha il compito di investigare sui casi di abuso dal 1945 ad oggi.
- Raccogliere un elenco di buone e cattive pratiche nelle relazioni con le vittime che non sono già definite dai protocolli.
- Nomina di un garante per i diritti delle vittime che abbia il loro consenso.
- Integrare le linee-guida dei vescovi con l’obbligo di contattare anche le vittime che si manifestano sui media.
- Coinvolgimento di almeno una donna nel sistema di assistenza diocesano alle vittime.
Contestualmente al Consiglio permanente si era celebrata, nel maggio scorso, l’assemblea generale della conferenza episcopale in cui il responsabile del settore, mons. Wojciech Polak, aveva ragguagliato circa l’ipotizzata commissione indipendente di indagine sul fenomeno, assicurando la sua presentazione nella prossima assemblea di autunno.
Richieste, risposte e attese
Tre i promotori del carteggio. Tośka Szeweczyk è autrice di un libro di denuncia uscito l’anno scorso e ideatrice del “tavolo dei maltratti”. Jakub Pankowiak è organista e docente nel conservatorio di Poznan.
Robert Fidura si era dimesso dal consiglio della Fondazione san Giuseppe che organizza l’insieme delle attività anti-abuso. Ora ritiene che «la risposta dei vescovi sia un piccolo segno che stanno cominciando a trattarci come partner e non, come succedeva prima, come oggetti senza diritti».
Nella risposta ai vescovi, le vittime prendono atto positivamente che il presidente della conferenza episcopale, mons. Tadeusz Wojda, accusato di aver insabbiato un caso di abuso, abbia chiesto alla Santa Sede di indagare sui suoi comportamenti, confermando, tuttavia, la loro proposta di sospendersi dall’esercizio del magistero fino alla chiusura delle indagini. Accettano l’invito di incontrare i vescovi nella prossima assemblea, il 19 novembre prossimo.
Guardano con favore all’opportunità che la delegazione episcopale al prossimo sinodo presenti alle istanze vaticane le proposte di modifica del Codice di diritto canonico. Propongono di incontrare anche la delegazione dei laici al sinodo. E suggeriscono una lettera dell’intero episcopale che, al di là delle discussioni sinodali, specifichi l’insieme delle proposte per la Santa Sede.
Per una commissione indipendente
Quanto alla commissione, chiedono di capire se si tratta di “commissione indipendente” o di “commissione di esperti indipendenti”, specificando non solo la composizione, ma anche i tempi di inizio e di conclusione dei lavori e i suoi poteri in ordine agli archivi sia in Polonia che in Vaticano. Chiedono conferma se le vittime o persone di loro fiducia ne faranno parte.
«Le domande di cui sopra derivano dalla nostra convinzione che, nella situazione attuale, l’unica soluzione efficace che garantisce l’affidabilità del lavoro degli esperti è l’indipendenza della commissione. Riteniamo che essa debba essere autonoma rispetto all’episcopato e, allo stesso tempo, dotata di tutte le competenze, compreso il diritto di accedere agli archivi, di porre domande e chiedere spiegazioni su situazioni ed eventi che si evidenzieranno nel lavoro».
Inoltre, le vittime vedono con favore il rinnovamento delle linee-guida ecclesiali per affrontare il problema, in particolare circa la presenza delle donne nei gruppi di consulenza e di ascolto. Richiedono, inoltre, che anche gli abusi raccontati dai media siano presi in considerazione.
Fratelli vescovi, «condividiamo la vostra speranza che il nostro dialogo si traduca in comprensione e cooperazione reciproche. Sia per quelli di noi che ancora trovano la loro strada nella comunità ecclesiale, sia quelli che l’hanno abbandonata restando interessati a aiutare in maniera efficace i feriti. Siamo convinti che la serenità delle persone che hanno subìto violenza sessuale nella Chiesa (minori o adulti fragili) valga i vostri e i nostri sforzi. Molti di noi sono pronti ad assumere un ruolo attivo nelle comunità locali e in quella nazionale in modo da rendere la Chiesa trasparente e sicura».