Repubblica Ceca: Chiesa e i soldi per sfinimento

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Le agenzie di stampa hanno informato che il 23 aprile 2019 il parlamento della Repubblica ceca ha approvato in via definitiva una tassazione anomala del 19% sulle indennizzazioni previste per le Chiese e le religioni per i beni sequestrati dal regime comunista fra il 1948 e il 1989.

La vicenda può essere letta come una chiusura estenuante e non voluta di un passato comunista che non passa. Oppure può essere raccontata come il futuro di un paese in cui il processo di ex culturazione cristiana si sta compiendo.

Alla caduta del regime, come in tutti gli altri paesi ex comunisti, si è posta la questione del risarcimento alle violente operazioni di sequestro e di furto nei confronti dei beni ecclesiastici dell’immediato dopoguerra.

Per la Repubblica ceca, si arriva a una prima intesa solo nel 2008, rifiutata dal Parlamento.  Nel 2011, con l’approvazione di un audit internazionale, si giunge a fissare le cifre considerate adeguate. Lo stato restituisce il 56% delle proprietà confiscate (2.500 edifici e 200.000 ettari di terreni) e il resto è indennizzato con 2,4 miliardi di euro.

Da parte cattolica, si fa rilevare che la cifra originaria prevista era di 3,4 miliardi di euro, ma che, per raggiungere un’intesa le richieste si erano significativamente abbassate. Inoltre che, mentre nel 1948 i beni cattolici confiscati erano il 98% del totale, la Chiesa ne riceveva indietro, col suo assenso, l’80%. Il resto andava alle altre confessioni e religioni.

Negli accordi si prevede, inoltre, che la compensazione finanziaria venga accompagnata per tre anni dal tradizionale sostegno economico al clero. Quest’ultimo, dopo il triennio, cala progressivamente a carico delle Chiese e delle religioni interessate.

I comunisti non cambiano

Archiviate le provvisorie indennizzazioni del 1990 e del 1991, il patto si è avvitato nel 2013. Ma subito sono cominciati gli intoppi e il rimpallo fra Parlamento e Senato per diminuire forzosamente gli importi.

Il partito ex comunista, decisivo per la maggioranza di centro-sinistra al governo, suggerisce la tassazione sulle cifre da versare alle Chiese. Un progetto di legge viene presentato. Il Senato lo respinge nel febbraio 2019, a marzo il Parlamento lo approva e lo conferma il 23 aprile. Dall’anno prossimo entrerà in vigore, a meno che la Corte Costituzionale, già investita dal ricorso, blocchi di nuovo tutto e rimandi la decisione al governo e alle Camere.

Qualche mese fa il segretario della Conferenza episcopale, p. Stanislav Pribyl, commentava: «Com’è possibile imporre una tassa simile? Noi siamo il creditore e lo stato il debitore, è sbalorditivo. I comunisti non hanno mai fatto i conti a fondo col loro passato, né lo hanno rinnegato. Loro, che hanno la responsabilità dei danni economici e hanno rovinato la vita e la salute delle persone. È uno scandalo che ora vogliano imporre una tassa sugli indennizzi che sono un rimedio parziale all’ingiustizia».

Una dichiarazione del 24 aprile 2019, firmata dal card. D. Duka, dal presidente del Consiglio ecumenico delle Chiese D. Zenaty, e dal presidente della Federazione delle comunità ebraiche P. Papousek, denuncia che «la modifica della legge non solo causa alle Chiese grandi difficoltà finanziarie, ma per alcune delle più piccole può persino essere fatale. Questo emendamento ci sembra immorale e in sostanza incostituzionale». È una vittoria del populismo sul buon senso e della prepotenza sui principi di legalità.

Un paese senza religione

Aggiungono: «È cinico parlare in questo contesto di “richiesta della società”». Il primo ministro, Andrejs Babis, fa comunque presente che, a suo avviso, gli indennizzi sono largamente superiori al dovuto. E il partito ex comunista avvia ripetute campagne per denunciare il furto delle Chiese ai danni dello stato.

In una crisi economica significativa, seppur in via di soluzione, e in una società in cui su 10,6 milioni di persone, 3,6 milioni si dicono non-credenti e 5 milioni lasciano vuota la casella della religione nel censimento del 2011, il richiamo dei diritti delle Chiese può facilmente invertire il suo significato e trovarsi senza sostegno popolare.

Secondo una delle voci credenti della «rivoluzione di velluto», Tomas Halik, è in atto nel paese una ridefinizione profonda dell’ethos condiviso che dovrebbe suggerire alla Chiesa, a seguito delle indicazioni di papa Francesco, una riforma paragonabile a quella operata dalla Germania dopo la guerra e i campi di sterminio: da una nazione ferita a una fra le più democratiche. Come a dire: passare da una Chiesa di funzionariato «austroungarico» a una Chiesa «ospedale da campo».

Papa Francesco completa e approfondisce l’invito sul versante della cultura condivisa facendo memoria il 22 marzo scorso dell’anniversario della morte di san Cirillo davanti a una delegazione dei parlamentari della Repubblica Ceca: «Il Vangelo non indebolisce quanto di autentico si trova nelle diverse culture locali, ma aiuta le persone e le comunità a riconoscere e a realizzare il bene, la verità, la bellezza. Pertanto, come rappresentanti del popolo nelle istituzioni, siete chiamati a riscoprire l’intrinseco legame esistente tra il Vangelo e la vostra identità culturale, rivalutando le vostre radici cristiane per costruire una società in cui possa attuarsi la mutua accoglienza e la solidarietà reciproca».


Sull’argomento, ci scrive Monika Klemetová, portavoce della Conferenza episcopale ceca.

Che cos’è l’accordo di proprietà

L’accordo di proprietà è un accordo completo tra lo stato, da un lato. e le Chiese e le società religiose, dall’altro, a cui lo stato si è impegnato per legge.  Nonostante questo problema fosse stato trattato già dal governo di Miloš Zeman e, in seguito, dal secondo governo di Mirek Topolánek, non è stata trovata una soluzione accettabile per entrambe le parti e la legge necessaria non è stata adottata.

Questo è accaduto solo l’8 novembre 2012, quando è stata autorizzata la legge n. 428/2012 Coll. sull’insediamento di proprietà con le Chiese e le società religiose. La legge prevede il ritorno del 56% della cosiddetta proprietà originale che le Chiese e le società religiose hanno perso tra il 25 febbraio 1948 e il 1° gennaio 1990. Nel corso di 30 anni, dev’essere saldato alle Chiese l’importo di 59 miliardi di CZK nel quadro della compensazione finanziaria per proprietà che non possono essere restituite (perché non sono proprietà dello stato).

Inoltre, il contributo dello stato al funzionamento delle Chiese viene gradualmente ridotto e tra 17 anni non verrà più finanziato. Dopo due anni dall’entrata della legge in vigore è stato annullato il blocco della proprietà originale, stipulato dalla legge 229/1991 Coll. sul regolamento della proprietà della terra e degli altri beni agricoli che consente ai proprietari di cederla  liberamente. Una volta implementate queste misure, ci sarà la separazione definitiva tra le Chiese e le società religiose dallo stato.

I vantaggi di questa soluzione

La Chiesa sarà materialmente indipendente dallo stato e sarà pienamente responsabile della gestione e delle condizioni delle sue proprietà.

I fondi investiti saranno restituiti ai cittadini indipendentemente dalla religione nella forma dei servizi offerti dalla Chiesa, come istruzione, carità, assistenza agli anziani, protezione dei beni e del patrimonio culturale.

I proprietari non statali delle proprietà in origine ecclesiastiche possono, dopo due anni dall’entrata in vigore della legge, disporne liberamente.

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