USA: cancellare le minoranze etniche

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Alla fine del giugno scorso la Corte Suprema USA ha sentenziato l’annullamento della cosiddetta discriminazione positiva, ossia la norma che facilitava l’accesso agli studi superiori degli studenti appartenenti ai gruppi etnici non-bianchi, in particolare afroamericani, nativi indiani, latinos.

La revoca – che non vale invece per l’accesso alle accademie militari – comporta che l’appartenenza a tali gruppi non costituisca, da ora, un criterio di maggior favore per l’ammissione alle Università USA.

Il presidente della Corte suprema, John Roberts, ha commentato che per troppo tempo le università hanno «concluso, a torto, che il punto di riferimento dell’identità di un individuo non è costituita dalle sfide vinte, dalle abilità acquisite o dalle lezioni imparate, ma dal colore della sua pelle».

La sentenza ha creato il blocco dei percorsi aperti dalla precedente risoluzione Brown vs. Board of Education del 1954, che abolì la segregazione scolastica, nonché dal Civil Rights Act con cui nel 1964 – presidente Lyndon Johnson – si affermava il dovere di assicurare l’uguaglianza fra tutti i cittadini dell’Unione.

Per comprendere il senso di uno scontro così duro dentro la società nord-americana, è importante considerare la recente ricerca storica condotta dall’APA (American Psychologycal Association), l’associazione degli psicologi americani, che ha ricostruito il susseguirsi, dalla sua fondazione nel 1892 ai nostri giorni, delle proprie stesse ricerche e prese di posizione, quasi tutte a intese privilegiare la cultura dei bianchi assunta quale standard di riferimento della normalità.

Tali culture scientifiche e professionali rientrano nel contesto delle vicende politiche, storiche e sociali degli USA, a partire, in particolare, dalla questione dello schiavismo e da quella dello status dei nativi indiani espropriati delle terre e della cura dei figli. Si può parlare al riguardo di una psicologia razzista che ha legittimato politiche eugenetiche, pensando di dimostrare l’inferiorità mentale dei neri e l’inaffidabilità dei nativi, sostenendo l’esistenza di gerarchie fra gli umani basate su dati biologici.

Di seguito alcuni esempi storici.

Nel 1904 Stanley Hall, primo presidente dell’APA, pubblicò Adolescence, un testo nel quale definisce gli adulti nativi, mentalmente, simili ai bambini e agli adolescenti bianchi. Sostenne la necessità di «programmi di incivilimento» a misura dei nativi per sradicarne culture, lingue, spiritualità.

Nel 1910 fu istituito l’Ufficio del Registro Eugenetico (Eugenic Record Office) presso la Washington’s Station for Experimental Evolution dell’Istituto Carnegie: esso divenne il riferimento per la ricerca eugenetica, promosse programmi di sterilizzazione di individui di razze ritenute inferiori e sostenne politiche e legislazioni anti-immigrazione basate sulla discriminazione razziale.

Nel 1914  William Mc Dougall, cattedratico di psicologia dell’Università di Harvard, mise a punto un progetto di studi sulle basi ereditarie delle qualità mentali: si pronunciò a favore delle restrizioni dei matrimoni fra individui di razze diverse, sostenendo che la prole che ne discende è poco dotata dal punto di vista intellettivo; propose la creazione di territori separati di vita per i neri americani e sollecitò la psicologia scientifica a fissare standard e a definire test per identificare i soggetti mentalmente degenerati, poco o per niente dotati, da destinare, alla sterilizzazione. Nel 1930 furono sottoposte a sterilizzazione circa 35.000 persone per lo più diagnosticate deboli di mente o mentalmente disabili. La gran parte di loro erano immigrati, neri, nativi, bianchi poveri e persone con disabilità.

Nel 1916 Lewis Terman creò la Scala Stanford-Binet. Usando le differenze raccolte nei risultati delle prestazioni, sostenne scuole e sistemi educativi separati per bambini neri, messicani e nativi da destinare a divenire semplicemente «bravi lavoratori».

Nello stesso anno, G. O. Ferguson pubblicò The psychology of the Negro, un classico del razzismo scientifico, in cui i caratteri di capacità di ragionamento, memoria ed intelligenza furono associati al colore della pelle, per concludere che i neri sono più instabili emotivamente e meno capaci di pensiero astratto.  Formulò anche la mulatto hypothesis secondo la quale le capacità mentali dei mulatti sarebbero proporzionali alla percentuale di sangue bianco posseduta.

Nel 1924 venne approvata la legge Johnson-Reed che limitò l’immigrazione dal sud e dall’est Europa, mentre favorì quella dal nord e dall’ovest: scopo della legge era preservare l’omogeneità della razza americana. Italiani, greci, europei orientali, ebrei, ne furono pesantemente colpiti. L’esclusione venne estesa poi anche agli asiatici.

I giovani di colore ben faticarono ad accedere alle professioni e alle carriere. Si dovrà attendere il 1951 perché, Efrain Sanchez-Hidalgo, primo portoricano, acquisisca il PhD in psicologia presso la Columbia University; nel   1952 Carolyn Lewis Attneave è stata la prima indiana americana a laurearsi dottore in psicologia a Standford. Ma nello stesso anno il presidente APA Henry E. Garrett testimoniò in giudizio a sostegno della segregazione razziale; Garrett collaborerà fino alla sua morte nel 1973 con i movimenti razzisti e neonazisti.

Solo nel 1963 il Comitato APA per l’uguaglianza nell’accesso agli studi psicologici documentò la scarsità di opportunità, di studio e lavoro, offerte agli studenti e agli psicologi di pelle nera.

Nel 1966 Kenneth Clark divenne il primo presidente nero, a 74 anni dalla istituzione dell’APA, mentre continuava l’uso discriminatorio dei test. Arthur Mc Donald fu il primo indiano americano a ottenere il dottorato in psicologia all’Università del Sud Dakota. Nello stesso anno Martin Luther King fu invitato alla convenzione annuale dell’APA.

Nel 1973 un’indagine rivelò che, su 1.335 iscritti, gli studenti di psicologia Chicanos all’Università di Chicago erano solo 15, 51 i latinos laureati e impegnati nei master, 37 nei percorsi post-laurea.

Nel 1978 il primo rapporto della Commissione del Presidente sulla Salute Mentale documentò l’abnorme presenza di persone di colore nelle statistiche delle patologie mentali. Nel 1979, nelle audizioni del Congresso per l’accertamento dell’attendibilità dei dati delle ricerche in psicologia, gli psicologi bianchi attestarono l’utilità e il valore dell’assegnare punteggi a prestazioni legate alle abilità, mentre gli psicologi neri ribadirono che i test standardizzati erano poco affidabili e discriminanti. Nello stesso anno la Corte del Distretto Federale della California del Nord sentenziò a favore di 5 studenti neri assegnati a scuole speciali in base ai risultati dei test psicologici.

Nel 1983 Rogler fornì dati che mostravano come portoricani e neri fossero maggiormente diagnosticati come affetti da disturbi mentali e quindi inviati ai Centri di salute mentale.

Nel 2019 l’APA ha reso nota la composizione dei suoi membri per appartenenza etnica e “razziale”: asiatici 4% (4.887), neri afroamericani 3% (3.733), ispanici 7% (8.203), altri (indiani, nativi dell’Alaska, nativi hawaiani e delle Isole del Pacifico) 2% (2.145), bianchi 83% (91.302). Mentre la composizione della popolazione USA è la seguente: asiatici 5,9%, neri afroamericani 13,4%, Ispanici 18,5%, altri 4,3%, Bianchi 60%.

Dopo la recentissima presa di posizione della Corte Suprema, la tendenza chiaramente discriminatoria, dunque, riprenderà vigore, impedendo a molti non-bianchi l’accesso agli studi superiori e alle professioni.

Tra i personaggi illustri che in passato hanno fruito delle opportunità offerte dai provvedimenti revocati in questi giorni dalla Corte figurano Barak Obama e la moglie Michelle.

  • Sulla sentenze della Corte Suprema si veda America (qui) e National Catholic Reporter (qui).
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