Russkij Mir: l’ebbrezza del potere

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Instancabile lavoratore per la rinascita spirituale della Russia (Putin al patriarca Cirillo) – Interprete prescelto per lo sviluppo della cultura russa e dello stato russo (Cirillo a Putin). Il sorprendente dialogo, con tratti lirici di legame ed esaltazione reciproca, fra il presidente russo e il primo gerarca dell’Ortodossia slava è avvenuto il 28 novembre in occasione della 25ª sessione plenaria del Consiglio mondiale del popolo russo a Mosca.

Quest’ultimo organismo è stato fondato da Cirillo nel 1993 per dare corpo e rappresentanza al Russkij Mir, al “mondo russo”, a quell’insieme di popoli prima saldati nell’Unione Sovietica, legati dall’unica lingua russa e, dal punto di vista ecclesiale, subordinati alla sede patriarcale. Un modo per mantenere una “tutela” ecclesiale su Chiese ormai autonome e per esercitare un’egemonia culturale su territori riconsegnati alle nazioni.

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In risposta all’intervento di Putin, il lungo discorso di Cirillo all’assemblea ha il suo vertice emozionale nella «gratitudine speciale alla leadership statale della Russia e personalmente a Vladimir Vladimirovich Putin per la costante grande attenzione alla componente spirituale della vita delle persone, per aver compreso lo speciale ruolo storico della tradizione ortodossa nella formazione e nello sviluppo della cultura russa e dello stato russo. L’ho detto più di una volta e lo ripeto: viviamo davvero in tempi molto favorevoli. Raramente il Signore offre un’opportunità così unica (nei rapporti fra Chiesa e stato)… Questa forse è la prima volta nella storia della Russia. Anche quando il paese si definiva un impero ortodosso, non esisteva una tale comprensione reciproca, una tale unanimità nel risolvere importanti questioni legate al rafforzamento dei tradizionali fondamenti spirituali e morali della vita delle persone».

Putin aveva chiuso il suo intervento con «speciali parole di gratitudine» al patriarca. «So quale lavoro instancabile, lei santità, sta svolgendo per la rinascita spirituale della Russia. Voglio sottolineare quanto sia significativa e pesante la sua posizione… Quale sostegno viene fornito ai nostri soldati e alla loro famiglie! Come i nostri soldati e ufficiali in prima linea attendono la parola del patriarca!».

Cirillo risponde «a questa meravigliosa parola». «Sono rimasto molto toccato dalle parole rivoltemi. Vorrei sottolineare che fin dall’inizio della sua attività come capo dello stato, noi, soprattutto le persone della generazione più anziana… abbiamo prestato particolare attenzione al fatto stesso dell’emersione di una persona come la sua a capo dello stato. E fin dall’inizio, lo ricordo bene, la maggioranza assoluta dei nostri cittadini, ha cominciato ad associare a lei quei cambiamenti nella vita delle persone, della società e dello stato che erano pienamente maturi in quel momento».

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Il discorso di Cirillo è rilevante per comprendere gli elementi essenziali del Russkij Mir, del “mondo russo”. È anzitutto la risposta alla necessità di dare un futuro alla Russia dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, di «consolidare forze sociali sane e pronte a lavorare per il rilancio della Russia», ben oltre le appartenenze nazionali. Si tratta di riconoscere anzitutto i valori assiologici di riferimento per una comunità sovranazionale e plurireligiosa («il mondo russo non è un concetto etnico», «comprende tutti i popoli anche appartenenti ad altre religioni, ma che condividono con il popolo russo gli stessi valori»).

Esso indica un’area culturale e di civiltà come la pax romana, la pax ispanica, la pax britannica nel passato e, nel presente, la pax americana. Quest’ultima, ormai in decadenza, si difende accusando altri di appartenere “all’asse del male”, si concepisce come il “poliziotto del mondo” e si sta distruggendo nella “cultura dell’annullamento”.

Il Russkij Mir ha una lunga radice storica e culturale: Berdyaev, Solovyov, Bulgakov, Karsavin, Florenski, Frank, Ilyin, Dostoevskij, Pushkin ecc. Esso si esprime in russo, ma va oltre la lingua. Non è un’ideologia, è una visione del mondo. Ed ecco una prima definizione: «D’importanza decisiva è l’unità della cultura, che consiste nella consapevolezza dei popoli di un destino comune e di valori spirituali e morali condivisi, da cui, a sua volta, scaturisce un’unità di visione del mondo». Il suo concetto chiave è la tradizione e, nella tradizione, il tema della famiglia. Quando essa viene rotta e abbandonata come nell’apertura all’Occidente nell’Ottocento o nell’incubo rivoluzionario dell’inizio del secolo scorso, avviene la catastrofe.

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La Russia torna capace dell’impresa del Russkij Mir solo se si riconosce come ortodossa, «custode dell’Ortodossia, sostegno e roccaforte della tradizione spirituale del popolo russo», in grado di irradiare nel mondo la fratellanza e il desiderio di unità, consapevole «dell’inseparabilità del destino della Russia dal destino del mondo intero». In altri termini, il Russkij Mir è «uno spazio culturale di alti valori spirituali e morali».

Nel discorso di Cirillo si accennano due problemi immediati: l’aborto e l’immigrazione. Il primo è un disastro che distrugge il valore della vita umana. La seconda mette a rischio la “russicità” dello stato e il suo futuro. «Il massiccio afflusso di migranti che non parlano russo e non hanno una conoscenza adeguata della storia e della cultura russa sta cambiando l’aspetto delle nostre città, portando alla deformazione dell’unico spazio giuridico, culturale e linguistico del paese». «Se sostituiamo una parte significativa del popolo multinazionale russo con altri popoli che seguono il proprio percorso storico e non accettano la nostra identità, il nostro paese diventerà completamente diverso».

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L’intervento di Putin non è stato meno rilevante, ma assai più pratico. Ha richiamato l’urgenza di sostenere la guerra. Essa è decisiva per garantire la civilizzazione russa e un nuovo ordine mondiale. Non siamo – ha detto –  una prigione delle nazioni e tanto meno un popolo di schiavi. Dobbiamo far fronte alla russofobia dell’Occidente e rimediare ai gravi errori commessi con l’implosione dell’Unione Sovietica nel 1991.

C’è una continuità fra l’antica Rus’, il Regno moscovita, l’Impero russo, l’Unione Sovietica e l’attuale sforzo di ricompattare la grande nazione russa, il «popolo trino: russi, bielorussi e ucraini». Impegno necessario per il nuovo ordine mondiale. L’Occidente, infatti, con la «cultura dell’annullamento» e l’abbandono della cultura classica e umanistica, sostituita dai tecnicismi e dagli studi di genere non è più egemone. Putin ha confermato che il 2024 sarà dedicato alla famiglia “tradizionale” e numerosa e che attende lo sforzo congiunto e convergente dei pastori di tutte le religioni tradizionali.

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Ricordo alcuni giudizi relativamente alla pretesa messianica del Russkij Mir. Il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli l’ha definito: un’ideologia per legittimare l’espansionismo russo. Il card. Kurt Koch, prefetto del dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, si è espresso così: «A mio avviso è un’eresia che il patriarca osi legittimare la brutale e assurda guerra in Ucraina per ragioni pseudo-religiose. Dietro si vede un problema di fondo che sta nel rapporto fra Chiesa e stato che, nell’Ortodossia, è visto e strutturato nel senso di una “sinfonia” tra le due realtà».

Oltre 500 teologi ortodossi l’hanno così indicato: «Tale insegnamento sostiene che questo “mondo russo” ha un centro politico comune (Mosca), un centro spirituale comune (Kiev quale «madre di tutte le Rus’»), una lingua comune (il russo), una Chiesa comune (la Chiesa ortodossa russa, il Patriarcato di Mosca), e un patriarca comune (il Patriarca di Mosca), che lavora in “sinfonia” con un presidente/capo nazionale comune (Putin) per governare questo mondo russo, oltre che per sostenere una spiritualità, moralità e cultura comuni, distinte da quelle del mondo non russo».

«Pertanto, condanniamo come non ortodosso e respingiamo qualsiasi insegnamento che cerchi di sostituire il Regno di Dio visto dai profeti, annunciato e inaugurato da Cristo, ammaestrato dagli Apostoli, ricevuto come sapienza dalla Chiesa, enunciato come dogma dai Padri, e vissuto in ogni Santa Liturgia, con un qualsiasi regno di questo mondo, sia esso della Santa Rus’, della Sacra Bisanzio, o di qualsiasi altro regno terreno, usurpando così l’autorità di Cristo stesso di consegnare il Regno a Dio Padre (1Cor 15,24) e negando il potere di Dio di asciugare ogni lacrima da ogni occhio (Ap 21,4)».

L’ebbrezza del potere nasconde la decisione di Cirillo di annullare il documento approvato dal concilio russo del 2000 I fondamenti della concezione sociale che rappresentava la volontà di ripensare la dottrina della “sinfonia”. «Il punto centrale della dottrina sociale russa  è la revisione completa della multisecolare tradizione dei rapporti con lo stato» (Anatoli Krassikov).

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