Sudan: le ceneri di una divisione

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Questa è la storia di uno Stato che fin dalla suddivisione dell’Africa era uno dei più grandi; la storia di una vasta distesa ricca di petrolio, ma i cui abitanti non ne beneficiano; la storia di un popolo che il destino aveva unito, ma che gli interessi politici hanno diviso; questa storia è diventata, quindi, una storia macchiata di sangue; una storia di decenni di lotta per l’autodeterminazione e di guerre etniche senza fine.

Il Sudan, un tempo un solo ed unico Stato, oggi è due Stati: il Sudan e il Sud Sudan. Alla luce di ciò che lì accade da diversi anni, nella più totale indifferenza, è urgente rivolgere il nostro sguardo a questa terra affinché il mondo si interroghi, una buona volta, sulle sue responsabilità nei confronti di questa parte di mondo.

Da uno Stato a due: percorso storico

Dopo diversi decenni di guerra, il 9 luglio 2011 il Sud Sudan ha proclamato la propria indipendenza in seguito a un referendum sull’autodeterminazione. Tutto lasciava presagire che qualcosa di nuovo stesse nascendo e che la gente riprendesse fiato, ma la realtà ci ha presto mostrato che la separazione non è mai una soluzione; che la divisione non giova a nessuno, se non agli agitatori di professione.

In effetti, nel 2005, un accordo di pace tra il governo sudanese di Khartoum e l’Esercito Popolare di Liberazione del Sudan (APLS) poneva fine a venti anni di guerra aprendo la strada a un periodo transitorio di sei anni caratterizzato da una pace relativa e dal ritorno di buona parte di rifugiati e sfollati.

Ma, due anni dopo l’indipendenza del Sud Sudan del 2011 scoppiò la guerra tra i due gruppi che all’epoca condividevano il potere, riaccendendo tensioni etniche. Dal 2013 al 2018, nonostante le iniziative di riconciliazione, il conflitto ha costretto nuovamente milioni di Sud Sudanesi a fuggire dalle loro case causando la morte di centinaia di migliaia di persone.

Il Nord vittima dei generali

In Sudan (Nord), a partire dal 15 aprile 2023, è scoppiato un conflitto tra l’esercito al potere e le forze paramilitari. Ci sono stati scontri in tutto il Paese, soprattutto nella capitale Khartoum e nella regione del Darfur.

Gli scontri sono iniziati quando le Forze di supporto rapido (FSR) hanno lanciato attacchi contro siti chiave del governo nel tentativo di rovesciare il potere. Da allora, in tutto il Sudan sono stati segnalati attacchi aerei, di artiglieria e violenti scontri a fuoco.

Mohamed Hamdan Dogolo, capo delle FSR, ha rivendicato il controllo della maggior parte dei siti governativi, tra cui la sede della televisione di Stato, il palazzo presidenziale, l’aeroporto internazionale di Khartoum e la residenza ufficiale del capo dell’esercito, sebbene anche il leader al potere, Abdel Fattah al-Burhan, abbia rivendicato il controllo di tutti questi luoghi. Il conflitto tra i due generali porta il Sudan sull’orlo dell’ennesima guerra civile.

La conseguente crisi umanitaria senza precedenti

Secondo Oxfam International, il Sud Sudan è alle prese con una crisi umanitaria catastrofica. Metà della popolazione non ha cibo e necessita di aiuti urgenti. Il Segretario di Stato vaticano, il Cardinale Pietro Parolin, durante la sua visita in Sud Sudan dal 14 al 17 agosto, ha toccato con mano l’estrema indegnità nella quale sono stati scaraventati i nostri fratelli in umanità in questa regione.

Oltre alle inondazioni e ai disastri naturali, la guerra ha reso vulnerabile questa parte del Corno d’Africa. È quindi urgente un’azione umanitaria efficace per salvare migliaia di uomini e donne senza casa, i bambini il cui futuro è in pericolo perché non possono più andare a scuola.

E, soprattutto, come ha ribadito Papa Francesco lo scorso febbraio, abbiamo bisogno di uno “slancio di pace”; dobbiamo, d’ora in poi, essere in grado di lavorare “insieme” per la pace. Senza la pace, infatti, l’uomo è condannato a vivere nell’indegnità.

  • Yanick Nzanzu Maliro, religioso dehoniano, è direttore della rivista africana J’écris, je crie.

Quand un État divisé peine de renaître de ses cendres

C’est l’histoire d’un État qui, depuis le partage de l’Afrique, était l’un des plus vastes ; l’histoire d’une vaste étendue riche en pétrole mais dont les habitants ne profitent pas ; l’histoire d’un peuple que le destin avait uni mais que les intérêts politiciens ont divisé ; cette histoire est devenue alors une histoire tachée de sang ; une histoire de plusieurs décennies de lutte d’autodétermination et de guerres ethniques interminables. Le Soudan, jadis un seul et unique État et aujourd’hui deux États : le Soudan  et le Soudan du Sud. Au regard de ce qui s’y passe depuis plusieurs années, et ceci dans une indifférence totale, il urge que nos caméras y soient  tournées pour que, finalement, le monde s’interroge sur sa responsabilité dans cette partie du monde.

D’un État à deux : faisons un détour dans l’histoire

Après plusieurs décennies de guerre, le 09 juillet 2011, la Soudan du Sud proclame son indépendance à l’issue d’un référendum d’autodétermination. Tout donnait l’impression qu’une nouvelle ère s’ouvrait et que finalement le peuple soufflait mais la réalité ne tarda pas de nous apprendre que la séparation n’est jamais une solution ; que la division n’est bénéfique pour personne sauf pour les pêcheurs en eaux troubles.

En effet, en 2005, un accord de paix entre le gouvernement du Soudan à Khartoum et l’armée populaire de libération du Soudan (APLS) met fin à 20 ans de guerre et ouvre la voie à une période intérimaire de six ans marquée par une paix relative et le retour d’une grande partie des personnes réfugiées et déplacées.

Mais deux ans après l’indépendance du Soudan du Sud en 2011, une guerre éclata entre les deux groupes qui se partagaient alors le pouvoir et raviva les tensions ethniques. De 2013 à 2018, en dépit des initiatives de réconciliation, le conflit a forcé des millions de Sud-Soudanais à fuir à nouveau leurs foyers et a causé la mort de centaines de milliers de personnes.

Et le Nord, victime des Généraux

Au Soudan (Nord), à partir  du 15 avril 2023, un conflit a éclaté entre l’armée au pouvoir et les forces paramilitaires. Des affrontements ont éclaté dans tout le pays, principalement dans la capitale Khartoum et dans la région de Darfour.

Les affrontements commencèrent lorsque les Forces de soutien rapide (FSR) lancèrent des attaques contre des sites clés du gouvernement en tentant un push. Dès lors, des frappes aériennes, des tirs d’artillerie et des tirs nourris se signalent dans tout le Soudan. Mohamed Hamdan Dogolo, chef des FSR, revendique le contrôle de la plupart des sites gouvernementaux, notamment le siège de la télévision d’État, le palais présidentiel, l’aéroport international de Khartoum et la résidence officielle du chef de l’armée, bien que le chef au pouvoir Abdel Fattah al-Burhan revendique également le contrôle de tous ces lieux. Le conflit entre les deux généraux conduit le Soudan au bord d’une énième guerre civile.

D’où une crise humanitaire sans précédent

Selon Oxfam International, le Sud-Soudan est en proie à une crise humanitaire catastrophique. La moitié de la population est en situation d’insécurité alimentaire extrême et a besoin d’une aide urgente. Le Secrétaire d’État du Vatican, le Cardinal Pietro Parolin, au cours de sa visite du 14 au 17 Août au Soudan du Sud a palpé du doigt cette extrême indignité dans laquelle nos frères humains sont plongés dans cette région.

En effet, en plus des inondations et catastrophes naturelles, la guerre a rendu vulnérable cette partie de corne de l’Afrique. Il urge donc une action humanitaire efficace pour sauver ces milliers d’hommes et de femmes sans abri, ces enfants dont l’avenir est en train être capoté parce que ne pouvant plus aller à l’école. Et plus que tout, comme le martelait le Pape François en février dernier, il faut un “sursaut de paix” ; il faut que, désormais, “ensemble” l’on puisse travailler pour la paix. En fait, sans la paix, l’homme est condamné à vivre dans l’indignité.

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