“Dune” (2): il duro cammino nel deserto

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Ho avuto il piacere di passare una serata al cinema per “assolvere” quasi un rituale sociale tipico dei nostri tempi: vedere la rappresentazione, o forse la trasformazione, di un’epopea originariamente cartacea (narrativa o a fumetti) attraverso il rendering della computer grafica che si anima sul grande schermo. Si congiungono diverse esigenze umane: la nostalgia di un passato semplice in cui si leggevano le storie e si aveva tempo per fantasticare su di esse, ma anche l’esigenza attuale di verificare se quanto prodotto è come lo si era immaginato da piccoli.

Il tempo cartaceo, si sa, è diluito in molte sessioni, necessarie ad entrare e rimanere nel mondo fantascientifico, lasciando che il lettore, come Bastian nella Storia Infinita, quasi produca da sé con la sua immaginazione quanto non è ancora scritto.

Il tempo cinematografico, all’opposto, va quasi guadagnato contro la frenetica routine settimanale che, ancorandoci al quotidiano lavorativo, quasi ci vieterebbe di “perdere tempo” con questi “lussi” da poltrona cinematografica e da popcorn sfiziosi, se non si ricorresse alla sanissima scusa che ogni essere umano necessita di ricrearsi. E l’esperienza che ci aspetta è una sfida one-shot che i produttori cinematografici intraprendono con i cinefili.

Un cinema che ipnotizza

Si inizia non dal film, ma dal moderno “pre-show” che anestetizza gli occhi abituandoli al grande schermo, bombardandoli con nuovi prodotti e trailer di innumerevoli altri film, in sala nelle settimane a venire, e quasi di soppiatto, mezz’ora dopo l’orario ufficiale del ticket, senza nessuna sigla che marchi precisamente il distacco (finalmente) inizia la proiezione!

Tutti fermi di fronte al cinema di Villeneuve che ipnotizza! Maestoso. Lunghi silenzi, dialoghi circostanziati, musiche solenni, una fotografia essenziale. Personaggi la cui sagoma si aggiunge al profilo di una duna controluce, ai riflessi dell’acqua custodita nelle profondità dei rifugi Fremen, o ancora i primi piani dei martellatori che battono il tempo e richiamano i vermi giganti a far piazza pulita degli Harkonnen che si avventurano nel deserto. Spettacolo! Cosa fa la differenza in questo cinema oltre all’effetto wow che rallenta la masticazione del pop corn?

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Gli sguardi. Tra tutti, quello di Chani (interpretata da Zendaya) che è come te l’immagini dal libro e forse più. Sincero e verace.

Anche se il protagonista è il giovane duca Atreides, che si trasforma suo malgrado nella figura messianica del Lisan al Gaib (la voce di un mondo esterno), Chani rimane “non credente”, consapevole dell’umanità del suo compagno e, senza lasciarsi attrare dalle profezie, non cade in comportamenti fideistici come il capo tribù Stilgar.

È lei che addestra il successore di Leto ai costumi Fremen perché vede in lui occhi sinceri di cui innamorarsi. È lei che rinforza lo scetticismo che Paul stesso manifesta nei confronti delle leggende che parlano di lui. Piuttosto rivela le più immediate motivazioni che accomunano Atreides e Fremen nella vendetta da compiere contro gli Harkonnen. È lei che rimprovera alla madre Jessica di propendere più per gli scopi dell’ordine Bene Gesserit che per la salute psico-fisica del figlio.

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È lei che non teme di contraddire in pubblico l’amato senza inginocchiarsi quando si autoproclama imperatore, e quando lascia la scena da vera “prima donna” che si vede tradita, perché Paul accetta la consuetudine dei matrimoni politici delle casate nobiliari, prendendo come dama di compagnia la figlia dell’imperatore Shaddam IV.

Critica al fanatismo religioso

La critica sottesa dal film è poi al fanatismo religioso, che sembra spesso inevitabile. Nella fantascienza herbertiana questo consegue sia dal punto di vista logico, perché, per ottenere la forza  militare necessaria per attuare il piano di vendetta e contrastare gli Harkonnen, è necessario “convertire” alla nuova religione di Muad’Did gli abitanti Fremen del Sud, propensi alle storie e alla forza identitaria che ne scaturisce; sia dal punto di vista profetico, perché l’aver “sbloccato” le capacità di preveggenza con l’assunzione prima del melange e poi dell’Acqua della Vita, portano Paul a vedere tutti i futuri possibili, e tra questi la via della vendetta che si accomuna paurosamente a quella di una vittoria globale cioè dell’attacco su larga scala all’intero universo sfidando le altre casate nobiliari.

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Inutile dire che raffinate sequenze del film illustrano 100 e 1 modi per offendere e distruggere il nemico, tanto che, alla fine, gli astuti e valorosi Fremen, soprattutto nella loro milizia scelta dei Fedaikin, da perseguitati diventano persecutori dei loro nemici Harkonnen ma anche Sardaukar. Usano l’intelligenza e piegano anche le forze della natura, dalla tempesta di sabbia, al crollo del muro-scudo, fino all’offensiva in massa dei vermi contro la luccicante astronave imperiale. Così inizia la guerra santa! Paradossalmente Paul diventa il leader di ciò che inizialmente voleva fuggire!

In definitiva, il film esplora una vasta gamma di scenari, dagli spazi planetari, ai giochi di potere che avvengono nelle sale nobiliari, ricalcando stili romani, medioevali e anche tecnologicamente moderni. Non mancano i sogni e gli incubi che, nelle immagini della coscienza, anticipano il futuro e rivelano le inquietudini dei protagonisti su ciò che non è possibile controllare.

E la visione di fondo dell’uomo che ne risulta è quella di un combattimento perenne, dentro e fuori di sé, in cui tutto è serio se non solenne. Il peso dell’universo è nelle decisioni degli uomini, e per attuare i loro propositi, di bene o di male, essi devono essere disposti a mettere in gioco la propria vita e i loro affetti. Di certo manca una visione pacifica di lunga durata e, se pace c’è, essa è il frutto di una forza maggiore che minaccia e costringe.

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Per (non) concludere

Alcune riflessioni per concludere e aprire un eventuale dibattito su questo fenomeno mediatico del momento, la cui visione, l’avete capito, è consigliatissima.

La simbologia dell’acqua e del deserto

Il rimando è doppio.

Il primo è il nostro periodo liturgico quaresimale in cui l’acqua dell’oasi (nel film, dei rifugi sotterranei) rimanda ad una speranza che va oltre l’“epoca del deserto”, oltre l’epoca della schiavitù della sete e del caldo opprimente. La meraviglia a cui non possiamo non anelare è quella di Chani che esclama di fronte a Paul che racconta di Caladan, dove esiste il verbo nuotare tanta è l’abbondanza d’acqua.

Secondo, il nostro pianeta di cui abbiamo imparato a scoprire la preziosità ora che lo abbiamo messo a dura prova, sfidando la natura, esaurendo diverse sue risorse, usandole senza criterio. La sacralità dell’acqua, per cui i Fremen recuperano anche i liquidi dei morti, ci ricorda che il nostro ambiente è un dono, che va rispettato, come la nostra stessa vita.

Il mito del Kwisatz Haderach 

La figura che usa smodatamente il potere per guidare tutti verso un’idolatria comune e non verso libertà personali composte in sane relazioni, ci fa riflettere sulle nostre attese di salvezza, e su come dobbiamo responsabilmente compiere la nostra parte nella storia universale. Non è solo compito di Dio salvare (sulla sua fedeltà è difficile alzare dubbi…). Noi siamo chiamati a partecipare a questa salvezza, cioè ad acquisire l’esercizio pieno del nostro essere persona, scoprendo cosa significa rettamente essere creature e relazionarci con il Creatore.

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Come prosegue!

Essendo in ballo una storia, dobbiamo vedere come continua… si perderà quel tratto poetico di Paul fuggitivo nel deserto insieme a sua madre? E le danze con Chani per imparare a camminare/danzare nel deserto per non disturbare i vermi dormienti? Cosa sarà della sorella di Paul, già inavvertitamente assoggettata, nel grembo di Jessica, ai poteri dell’Acqua della Vita? Vedremo i gildani spaziali, capaci di attraversare le vaste distese dell’universo, grazie a poderose astronavi guidate con l’ausilio della spezia?

Di sicuro la nostra attesa sarà lunga per Dune parte terza. Se i tempi sono gli stessi avuti per la gestazione del secondo, e vista la vastità della parte che ci aspetta… saremo profeti comprensibili se ipotizziamo un fine 2026 o inizio 2027. Chi vivrà vedrà! Buona visione a tutti!

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