
Margherita Venturi, chimica, professoressa all’Alma Mater Studiorum di Bologna, presidente dell’associazione per la promozione della cultura scientifica Energia per l’Italia e nostra autrice ricorda papa Francesco e l’importanza del suo magistero sociale sui temi ambientali.
Mi è piaciuto da subito papa Francesco, per la sua innata simpatia, per il suo sorriso «birichino», per le sue battute (a volte non sicuramente da papa) e per l’intimità che è riuscito a stabilire immediatamente, concludendo il suo primo discorso dal balcone del Vaticano con «buon pranzo», due semplici parole, diventate poi abituali, con le quali è entrato nella quotidianità delle nostre famiglie. E, poi, mi è piaciuto sempre di più.
Come chimica provo per lui una grande gratitudine per aver sempre dichiarato pubblicamente il suo amore per la chimica, incontrata prima di entrare in seminario (aveva fatto studi equivalenti a quelli del nostro perito chimico); un’affermazione forte e in controtendenza, dato che tale disciplina è osteggiata dalla maggior parte delle persone.
Come chimica lo ringrazio anche per aver fatto pervenire un telegramma di sostegno ai ragazzi delle scuole superiori di secondo grado coinvolti nelle finali nazionali dei Giochi della Chimica organizzati dalla Società Chimica Italiana. Purtroppo, non è riuscito a sapere che da pochissimo tempo questi giochi sono rivolti anche agli studenti delle scuole superiori di primo grado e delle primarie: sono sicura che ne sarebbe stato felicissimo e forse avrebbe voluto incontrare i piccoli vincitori.
Ma come chimica e abitante del pianeta Terra lo ringrazio soprattutto per essersi speso in maniera chiara e senza mezzi termini sulla necessità di cambiare comportamento nei confronti delle risorse naturali, dei nostri vicini meno fortunati e delle generazioni future.
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Nell’enciclica Laudato si’ (24 maggio 2015), papa Francesco ha pienamente recepito il messaggio della scienza sull’ambiente, un bene che i meccanismi del mercato non sono in grado di difendere:
bisogna fermare il cambiamento climatico, non inquinare le acque, il suolo e l’aria, preservare la diversità biologica, custodire l’integrità della Terra, salvaguardare le foreste e i mari. Afferma anche che un crimine contro la natura è un crimine contro noi stessi e un peccato contro Dio.
Sul problema energetico-climatico, la stessa enciclica assume e condivide tutte le preoccupazioni già da tempo espresse dagli scienziati:
il clima è un bene comune che va assolutamente salvaguardato; il riscaldamento globale degli ultimi decenni è dovuto sostanzialmente alla grande quantità di gas serra generati dall’attività umana; i cambiamenti climatici hanno gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche; le previsioni catastrofiche non si possono guardare con disprezzo e ironia; lo stile di vita attuale, essendo insostenibile, può sfociare solo in catastrofi; molti di coloro che detengono più risorse e potere economico o politico cercano di mascherare i problemi o nasconderne i sintomi.
Anche su come risolvere il problema il papa è in sintonia con quanto da tempo affermano gli scienziati:
è urgente procedere in una coraggiosa rivoluzione culturale per guardare la realtà in un altro modo e raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili; i paesi ricchi, che hanno tratto enormi benefici inquinando il pianeta, hanno maggiore responsabilità nel risolvere il problema; il consumo di combustibili fossili deve diminuire senza indugio; la transizione dall’uso dei combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili non va ostacolata, ma accelerata; la penetrazione delle energie rinnovabili nei paesi in via di sviluppo deve essere sostenuta con trasferimento di tecnologie, assistenza tecnica e aiuti finanziari.
L’enciclica sottolinea inoltre che:
nonostante il ritmo di consumo, di spreco e di alterazione dell’ambiente abbia superato le possibilità del pianeta, ai centri di potere finanziari, economici e politici interessa solo estrarre dalla Terra tutto quanto è possibile; non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale che va affrontata con una visione unitaria dei problemi ecologici ed economici.
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L’aspetto grandioso di questo documento è che il papa è riuscito a sviluppare una narrativa nuova e molto potente; ribalta sia la visione catastrofista di molti movimenti ecologisti, sia la paura per la recessione globale, sia la fede cieca nello sviluppo tecnologico, capace di risolvere ogni problema, dandoci una speranza:
la bellezza della sfida ambientale che ci troviamo di fronte, la quale offre all’umanità un’occasione unica di dimostrare ciò che è capace di fare. Infatti, l’umanità ha sviluppato enormi capacità nella scienza e nella tecnologia, così come nell’organizzazione sociale e istituzionale e deve essere in grado di mobilitare queste sue capacità per fare il bene e curare l’ambiente di questo pianeta, agendo come «collaboratore di Dio nell’opera della creazione».
È sicuramente un’enorme sfida, ma è una sfida buona perché costringe l’umanità a dare il meglio di sé: proprio in questo consiste la nuova narrativa di papa Francesco.
Quando affronto il tema della sostenibilità, io leggo questa enciclica, pagina dopo pagina, assieme agli studenti e devo dire che la maggior parte di loro rimane sbalordita per la chiarezza del testo – pensano che le encicliche siano cose solo per esperti di teologia e prima di Bergoglio in effetti è stato così – e nel constatare la grande apertura e fiducia nei confronti della scienza di «un uomo di Chiesa», per usare le loro parole.
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Nella più recente enciclica Fratelli tutti (3 ottobre 2020), il pontefice argentino spiega che:
la rivoluzione culturale necessaria per giungere alla sostenibilità ecologica e sociale non può compiersi mediante qualche parziale modifica del rapporto uomo-pianeta o delle relazioni fra le nazioni. Si tratta, invece, di cambiare radicalmente la base su cui poggiano le nostre culture: bisogna accettare e valutare positivamente le diversità, ammettere i propri limiti e riconoscere che siamo tutti figli di Dio, fratelli che nascono, vivono e muoiono nella stessa casa comune, il pianeta Terra.
In altre parole, la necessaria rivoluzione culturale richiede che gli uomini e anche le nazioni passino dalla situazione di abitanti nello stesso pianeta, spesso in competizione commerciale o addirittura in guerra fra loro, a quella di fratelli che si amano e si stimano.
Ecco allora l’altro aspetto della necessaria rivoluzione culturale, indicato da papa Francesco in questa enciclica:
promuovere un’aspirazione mondiale alla fraternità e all’amicizia sociale per costruire un mondo migliore, a partire dalla comune appartenenza alla famiglia umana e dal riconoscerci fratelli, perché figli di un unico Creatore.
Queste encicliche, ovviamente, sono anche un forte messaggio politico: Francesco non ha mai avuto paura di mettersi in rotta di collisione con i potenti della Terra e un «suo ultimo urlo» di carattere eminentemente politico lo leggiamo nella esortazione apostolica Laudate Deum (4 ottobre 2023):
Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli. Per questo si richiede un coinvolgimento di tutti. Attirano spesso l’attenzione, in occasione delle Conferenze sul clima, le azioni di gruppi detti «radicalizzati». In realtà, essi occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli.
Mi piace concludere con l’ammonizione più volte ripetuta da Francesco nei suoi discorsi e nei suoi numerosi scritti che trattano del tema ambientale: Dio perdona sempre, l’uomo perdona qualche volta, la Terra non perdona mai.
Papa Francesco ci mancherà tantissimo; sono, però, sicura che sarà sempre un punto di riferimento per tutti (cattolici e non) e che veglierà costantemente su questa umanità smarrita.





