Verona: nostalgia del silenzio

di:

verona41

«Vorrei soffermarmi a riflettere su quella realtà che è al fondo, al cuore, all’inizio di ogni avventura cristiana»: le parole – presenti in apertura e poi riprese al centro di un’ultima pagina bianca, quasi breve messaggio che apre al dialogo – possono essere considerate la sintesi della prima lettera pastorale di mons. Domenico Pompili, Sul silenzio. Lettera alla chiesa di Verona. Fa da sfondo la citazione di 1Re 19,12 (“il sussurro di una brezza leggera”), che offre una rilettura del primo anno di episcopato alla luce dell’esperienza umana e cristiana del silenzio.

La preziosità del silenzio

Il tono è colloquiale, il linguaggio cerca esplicitamente l’incontro: «più che stilare progetti, elencare priorità o fantasticare di sogni, desidero avviare una riflessione che, in questo anno, possa alimentare la vita della nostra Chiesa e diventare il terreno nel quale radicare la nostra azione pastorale».

La prima parte della lettera analizza la «nostalgia del silenzio» presente nel contesto sociale ed ecclesiale. È cercato da quanti sempre più percorrono cammini a piedi, anche solo quotidiani: è una scelta evocativa, che richiama un bisogno esistenziale più profondo, legato al dna della vita stessa.

«Senza il silenzio, infatti, è impossibile capire chi siamo e che cosa vogliamo diventare. Il silenzio è una sorta di bene comune», per ogni scelta, sia privata che pubblica, e ancor più per quella spirituale. Si tratta di andare controcorrente: mentre tutto chiede di essere riempito da qualcosa, fare silenzio capovolge lo sguardo, rivela un modo diverso di abitare la realtà.

Si apre un compito, personale e comunitario: diventare «laboratori di contemplazione». Basti pensare a Gesù, che parla con i suoi silenzi oltre che con le sue parole. Il silenzio è buono quando fa nascere le parole, è cattivo quando diventa omertà.

E le comunità cristiane? «Oggi c’è bisogno di silenzio per ritrovare il senso, il gusto della vita. Il rischio o, forse, il fatto è che chi bussa alle nostre porte, alle porte delle nostre comunità, invece troppo spesso non lo trovi». Silenzio e Parola: ecco il segno che anche oggi parla; questa la via per guarire le «nostre stanche liturgie».

A partire dal famoso quadro di Munch, mons. Domenico rilegge alcune situazioni di urlo, come esperienze vicine al silenzio: «il grido, del resto, non è mai lontano dal silenzio: si tratta di due mondi contigui, di modi per far calare il lutto nel linguaggio quando si è attanagliati dalla sofferenza». Lo scopo è quello di dare voce a tante «urla dal silenzio» che rischiano di essere ignorate.

Persone e spazi di silenzio

Il silenzio dei vecchi chiede di potersi esprimere nei racconti, come il frutto di un tesoro prezioso, di cui una comunità dovrebbe provare gelosia.

Il silenzio degli adolescenti mette in luce il dramma del suicidio, che spesso riguarda i più sensibili. «Qualcuno dice che la causa sia che hanno perso il senso della vita: e se, invece, il senso della vita quei ragazzi ce l’hanno a dismisura, ma non sanno dove dargli casa, dove esprimerlo, dove investirlo?».

Il vescovo invita a custodire la memoria di chi vede tutto il bene e il male del mondo, ma non sa affrontarlo né condividerlo. Un pensiero va a chi si rinchiude in un mondo parallelo: è un silenzio legato alla mancanza di un alfabeto comunicativo, ma lo stesso si può dire di tanti adulti, analfabeti negli affetti. La comunità è chiamata anche in questo caso a liberare i racconti: «solo se noi facciamo più silenzio le loro parole, talvolta soffocate, impaurite, potranno risuonare, insieme al loro canto, alla loro voglia di vivere».

Il silenzio dei migranti. Portano molte storie da raccontare (si pensi alle donne che si prendono cura degli anziani in casa): «il loro silenzio custodisce quelle “contro-narrazioni” che non trovano spazio nella comunicazione dei media». È un grido di giustizia, che chiede di non essere complici di un continuo sfruttamento.

Il silenzio delle donne. «Anche nella Chiesa la loro voce e il loro pensiero si alzano liberi, maturi, ma ancor troppo marginalizzati e disattesi». È un silenzio che denuncia l’indifferenza davanti a scelte di violenza, di guerra, di armi: «andare alla loro scuola significa ritrovare le parole e il silenzio che abbiamo perduto».

Il silenzio dei carcerati. È frutto di una società che vuole pensarsi come perfetta e non accetta di vedere chi è “imperfetto”. È il grido per trovare luoghi alternativi, dove le persone siano soggetti e protagonisti, non oggetti di un sistema.

Il silenzio ecumenico. Una Chiesa, che ha una maggioranza di numeri, rischia di sentirsi autosufficiente. La profezia nasce invece dal silenzio e quindi da un paziente ascolto reciproco, perché è questa postura che permette di essere riconosciuti come cristiani.

Due approfondimenti

La prima parte della lettera si conclude con due ultimi approfondimenti.

Il primo, di natura teologica, descrive il silenzio di Dio, quel Dio che «non ha volti, perché rappresenta l’infinità dei volti possibili. Il suo Volto è alterità e relazione, parola e silenzio, concessione ma anche sottrazione di sé e mistero. Questo sta a dire che di Dio potremo conoscere soltanto le tracce, mai vedere il Volto».

Perché allora Dio tace? La sapienza biblica fornisce tre piste di ricerca: l’ira di Dio, davanti all’uomo che non lo lascia parlare; la sua pedagogia, che aiuta Elia a ritrovare la strada; la croce di Cristo, espressione massima e definitiva del silenzio di Dio che, «per amore, si fa solidale con il grido disperato che nessuna parola potrà mai consolare». Ed è proprio in quel momento che la risposta è più chiara (cf. il centurione pagano nel vangelo di Marco).

Nel silenzio, dunque, esperienza che unisce credenti e non credenti, si può trovare un punto comune di dialogo: «solo provando a lasciarsi mettere in discussione dal linguaggio di Dio potremo trovare la strada per percepire come Elia “la voce di un silenzio sottile”».

In seconda battuta, l’icona dei discepoli di Emmaus è ripresa come invito per la Chiesa a ripartire da quel viandante misterioso, a fargli spazio: «la storia è il luogo in cui Gesù si accosta a noi e ci parla. Non possiamo congedare troppo frettolosamente questo “ospite” imprevisto e, a tratti, inquietante. Congedarlo significherebbe condannare l’esperienza religiosa all’insignificanza».

Da qui nasce la giustizia come «verità della religione» e rende l’azione della chiesa un «processo di liberazione». Da qui anche la fatica ecclesiale di questi tempi può trasformarsi in rinnovamento e creatività. Lo è stato prima per Gesù e poi per san Paolo.

La seconda parte della lettera traduce la profonda riflessione del silenzio in attenzioni pastorali. Contemplare il silenzio, insegnare il silenzio, fare silenzio, ospitare il silenzio, custodire il silenzio, condividere il silenzio, pro-muovere il silenzio sono i titoli dei paragrafi.

L’ultimo, in particolare, auspica la nascita di una «scuola di formazione» per una ministerialità sempre più diffusa e apre al ripensamento del rapporto tra parrocchia e territorio, per una collaborazione sempre maggiore oltre i campanili.

Il silenzio, dunque, per ritrovare una vita più umana e per incontrare Dio.

Una lettera che si chiude con alcune pagine bianche, perché ogni comunità è invitata a continuarla. Lo stile, insieme al contenuto – sostenuto da numerose citazioni – rendono il testo un aiuto per guardare con un’altra prospettiva la vita personale e comunitaria e avviare così scelte creative, sociali ed ecclesiali.

Print Friendly, PDF & Email

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto