Alberoni, riflessioni catulliane

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Il grande Umberto Eco, in occasione di un convegno di semiologia al quale era stato invitato Roberto Benigni, ebbe a dire: è come se a un congresso di psichiatria si desse la parola ai “matti”, oggetto di studio.

Ecco, e se per ricordare Francesco Alberoni facessimo posto al poeta latino Catullo? Quelle catulliane, infatti, sono fra le più alte espressioni della fenomenologia amorosa. Vi è (quasi) tutto: l’innamoramento, l’ambivalenza dell’amore, l’invidia, il versante attivo e quello passivo del sentimento. L’amore come brivido, emozione, adrenalina e l’amore, appunto, come stato d’animo più stabile e costante. E che dire dei tanti tipi di bellezza e di fascino? Quella raffinata, colta ed elegante di Lesbia e quella grossolana, volgarotta e “provinciale” dell’amante del bancarottiere di Formia. E in definitiva: che cos’è la bellezza? Chi è una donna bella? E un uomo bello?

Meglio partire dal chi, in effetti, piuttosto che dal che. Lesbia incarna la bellezza, il fascino, la seduzione, l’eleganza e la bontà d’animo. Ciononostante ella fa soffrire il poeta. Fra i due vi è aimance, diremmo noi oggi, attrazione. Lesbia è spigliata, acuta, sottile, eppure a volte sembra respingere l’amante. Chi dei due ama? Chi è l’amato/a? Arduo rispondere.

Un discorso al maschile, quello catulliano, a suo modo “fallogocentrico”? Un po’ sì; la sua prospettiva è diversa da quella dell’amata, contesa nei salotti e pronta a far leva sul proprio fascino per ritagliarsi, perché no?, uno spicchio di potere. Come dire: la bellezza, unita all’intelligenza, che si vendica, magari in modo effimero, del dominio tutto maschile.

È un cliché, del resto, quello per il quale il potere della donna si eserciterebbe in maniera subdola, dalle streghe alle cortigiane. Ma non era troppe volte l’unico modo per farsi valere? Si pensi ad Aspasia, la raffinata compagna di Pericle, nell’Atene del V secolo a.C. E si pensi anche alle donne della Bibbia, pronte a vivere la fede in maniera originale e autentica, a dispetto di un mondo patriarcale: in Cristo non c’è né maschio né femmina, ci ricorda proprio Paolo. E che dire di Gesù, che non teme il sangue mestruale?

Ecco, e se uno dei grandi meriti di Alberoni si situasse proprio qui, nel dar forma e voce anche all’universo femminile, provando a indossare sia le lenti dell’uomo che quelle della donna? Anima e Animus, direbbe Carl Gustav Jung, pioniere della psicologia analitica.

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