
Da oltre quarant’anni anni mi occupo delle persone con il “problema delle dipendenze patologiche”.
Dopo aver incontrato i primi giovani con problemi di tossicodipendenza durante un corso di recupero della licenza media per ragazzi di strada, nel 1981 ho fondato la prima comunità nel bolognese.
Tuttora faccio parte dell’équipe di psicoterapeuti che operano in alcune comunità e continuo a incontrare persone con problemi di dipendenze. Gli anni passati sono tanti e le dipendenze si sono moltiplicate. Giovani, ma non solo!
Purtroppo si stanno riducendo le analisi e le riflessioni di merito. Si preferisce seguire fatti di cronaca, variamente coinvolgenti e/o pruriginosi.
Il valore e il rischio della libertà
Vorrei offrire alcune considerazioni di fondo, per inquadrare le problematiche.
Esistono sane dipendenze e automatismi che permettono di fare più cose in contemporanea. La dipendenza dal respirare permette la gioia del vivere, gli automatismi acquisti alla scuola guida concedono l’attenzione ad altre cose quando sono in strada. E così via di seguito.
Quando, però, automatismi e dipendenze condizionano gravemente la libertà, questi risucchiano il vivere. La gravità delle dipendenze emerge soprattutto quando si considera la libertà come la maggior qualifica dell’essere umani. Il meglio di sé lo si percepisce nel sentirsi liberi.
Amo la domanda che Gesù fece ai suoi discepoli: «Ma voi chi dite che io sia?».
Diceva Gaber: «L’unica cosa che non sono riuscito a fare è liberarmi dalla libertà». E, dopo aver lasciato vibrare l’entusiasmo poetico della contemplazione, esplode nel ritornello: «libertà è partecipazione». Il concetto di libertà come partecipazione rende molto bene il valore invendibile della libertà.
Volare incontro al vento, elaborare un pensiero convincente anche se difforme, abbracciare senza ritegno, credere facendo fatica a credere, dubitare senza spaventarsi, guardare una donna che allatta e sorridersi anche se non sai come si chiama, guardare con meraviglia un uomo e una donna che si tengono per mano da sessantacinque anni, lottare con rabbia per ogni sfruttamento e percepirsi unici in mezzo alla folla che ascolta la musica che piace.
Libertà è esserci in tutte le cose che si vivono.
Le dipendenze patologiche
È da questo punto di osservazione che va analizzato il dramma delle dipendenze patologiche.
Difficile l’elenco delle dipendenze in atto, perché sono continuamente in evoluzione. Per non cascarci, quindi, vi è l’obbligo di porre attenzione ai rischi che si stanno moltiplicando.
All’abuso delle sostanze vanno aggiunti i gravi comportamenti alienanti che creano dipendenze altrettanto drammatiche. Mi riferisco, per esempio, all’alimentazione problematica, agli Hikikomori, ai comportamenti compulsivi radicati, al gioco d’azzardo nelle forme in continua evoluzione, all’“abuso” di internet e degli smartphone che coinvolgono ore diurne e notturne, con la perdita del senso del tempo e delle relazioni essenziali.
Si sa che le tossicodipendenze creano gravi conseguenze sanitarie. Non si tiene conto però che anche i comportamenti compulsivi radicati intervengono sul sistema cerebrale.
Educare la libertà
Per approfondire le dinamiche di fondo che possono indurre alle dipendenze patologiche, occorre analizzare lo star male dentro delle persone. Espressione volutamente generica che invita, però, ad approfondire l’analisi delle diverse forme delle sofferenze interiori.
Anche i vuoti motivazionali ne fanno star male.
Se la drammaticità delle dipendenze va capita partendo dal valore invendibile della libertà, per la prevenzione si dovrebbe partire dall’educazione all’essere liberi.
La valorizzazione del Sé e del Sé in relazione è l’asse portante per prevenire le radicali alienazioni. Attratti e invasi da un sistema accattivante che aliena, non è semplice individuare e trasmettere con convinzione e autorevolezza le cose che contano.
Domanda non banale: se dovessimo partire dal definire le cose che contano sempre, e quindi che sono valide anche oggi, quale sarebbe l’elenco e l’ordine di priorità?
Se gli adulti, che hanno un ruolo, non si fermano a riflettere su queste cose, l’invasione e dietro l’angolo. Scusate l’utilizzo generico e quasi sviante della parola “cose”! Ma, purtroppo, anche la parola “valori” è diventata generica e sviante. È fatto obbligo quindi la ridefinizione.
La trasmissione di ciò che conta va operata da persone credibili, utilizzando fantasia e creatività. Per aggiornare il fare occorrono motivazioni, fantasia e creatività.






E c’è chi vuole legalizzare le cosiddette droghe “leggere” per uso personale non terapeutico…