Madri

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fede

George de La Tour, Educazione della Vergine (1650 circa; New York, The Frick Collection).

Non sono poche le immagini di S. Anna accanto alla piccola Maria e tra loro un libro. Iconografia diffusa e molto cara al pensiero religioso femminile e femminista. Quella ad opera di Georges de La Tour (1593-16529) – e forse della sua bottega – illumina molto bene una relazione che ha a che fare con il sacro.

La luce della candela che questo maestro barocco utilizza in diversi suoi quadri accende il viso della bambina e il testo che la madre le porge. Il volto di Anna è in penombra con una nota caratterizzante l’opera di La Tour da alcuni critici d’arte chiamato” il Maestro con le palpebre abbassate”. La madre osserva silenziosa, con intima calma, la bimba il cui sguardo è rivolto alle pagine del libro sotto i loro occhi.

Il titolo del quadro “Educazione della Vergine” è eloquente e aiuta a cogliere il materno presente nella trasmissione della fede. Esperienza che mi ha accompagnata nel tempo. Accanto all’insegnamento in famiglia fu una Madre canossiana che mi seguì nella preparazione alla Prima Comunione e alla Cresima. Poi, come madre dei miei due figli, fui invitata a essere la loro catechista. Due episodi contingenti, legati alla storia delle comunità cristiane in cui mi sono trovata a vivere.

Tuttavia, credo si possa proporre una significativa analogia tra chi insegna ai piccoli le prime parole per dare il nome alle cose e chi favorisce il nascere di una coscienza religiosa. In entrambi i casi qualcosa di nuovo emerge in soggetti umani che – cuccioli o grandi –  iniziano a parlare una lingua e quindi a pensare e ordinare idee provenienti da altrove. Ci è nota la dimensione spirituale della maternità per la quale dar vita è questione non solo biologica.

Il “rinascere dall’alto” – come dice Gesù a Nicodemo (Gv3,7) – ha a che fare con una gestazione in cui lo Spirito gioca il ruolo primario. L’aiuto di altri soggetti, quali ostetriche dello Spirito, è però necessario. Non ritengo casuale la numerosa presenza delle donne come catechiste nelle nostre chiese. L’abitudine femminile (biologica e culturale) all’accudimento e alla cura favorisce attenzione ai piccoli passi che sono propri di chi si accosta alla esperienza di fede.

Passi che somigliano a quelli di chi inizia ad alzarsi da terra e a muoversi autonomamente. Le mamme sanno come sostenerli e incoraggiarli. Provvedono a consolarli dopo le prime cadute. Sanno inclinarsi con tenerezza verso di loro. Non si intimoriscono dei pianti e correggono espressioni incerte chiarendo il significato di parole apprese mnemonicamente. Vorrebbero- anche con i figli ormai adulti- provvedere a loro e spesso lo fanno in modi non adeguati. Capita così anche nel passaggio di pensieri e sentimenti religiosi.

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Le caratteristiche femminili della maternità (che anche buoni padri sanno vivere) favoriscono il cammino di fede. E tanto meno è casuale la presenza delle donne nei Vangeli proprio nei momenti di maggiore smarrimento.

È a una donna di Samaria cui Gesù, assetato, chiede ristoro. Sono Maria e Marta a cercare Gesù quando il loro fratello sta per morire. Sono soprattutto donne quelle presenti sulla scena della morte e sepoltura di Gesù. A Maria di Magdala Gesù risorto si fa riconoscere nel giardino chiamandola con il suo nome.

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Più voci – compresa quella di papa Francesco – invitano a favorire un posto più ampio e più idoneo per le donne, nella Chiesa cattolica. Non mancano iniziative e figure che ricercano tali spazi con creatività, coraggio e fattiva collaborazione insieme a uomini di Dio. Le catechiste già godono di “pole position”…

La loro esperienza potrebbe essere di grande aiuto per nuovi catechismi (per piccoli e meno piccoli) in cui siano meglio descritte la presenza femminile nella Bibbia e la storia delle donne nella Chiesa. Figure ancora troppo sconosciute ai più e che meritano una narrazione anche figurativa come hanno insegnato i grandi maestri della pittura.

Donne capaci di gettare una luce ancora più luminosa sulla donna che Dio ha voluto madre per suo Figlio e la comunità ecclesiale. Sostando recentemente nella splendida Cappella Bacci in San Francesco ad Arezzo ho ammirato il genio di Piero della Francesca che lì ha narrato con immagini memorabili la “Leggenda della Santa Croce”. Due donne regali entrano solennemente in scena: la regina di Saba ed Elena, madre dell’imperatore Costantino a cui la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine attribuisce il ritrovamento della Croce di Cristo.

In una bella scena di un famoso film di qualche anno fa (1996) proprio quella cappella della chiesa aretina veniva illuminata e oscurata – con un suggestivo gioco scenico – dalla torcia della giovane infermiera de “Il Paziente inglese”. Nel quadro di George de La Tuor la piccola mano di Maria tende a nascondere la luce della candela.

Al di là del virtuosismo pittorico, di probabile ascendenza caravaggesca, è possibile cogliere un messaggio religioso: la luce va smorzata per trattenere a sé e meglio illuminare quel libro che Anna tiene in grembo. Libro in cui la Parola accende una Luce vera partorita proprio da un grembo di donna.

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