Il Mediterraneo è un mare che ha visto prendere il largo grandi civiltà e religioni mondiali. Da esse sono nati un pensiero di ampio respiro, vigoroso, che ha influenzato per secoli anche altri popoli bagnati da mari diversi, ma rigenerati dalla stessa acqua. Sin dal suo primo viaggio a Lampedusa (2013), Papa Francesco ha raggiunto più volte le sue sponde, avvertendoci del pericolo di guardare irenicamente al Mediterraneo soltanto come luogo di scambi di culture e di merci. Esso è diventato, tra l’indifferenza e l’individualismo cieco di molti Paesi avanzati, un vero e proprio cimitero di povera gente senza più volto né nome, un luogo in cui sta avvenendo un «naufragio di civiltà» (Lesbo, 2021). Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: conflitti di sangue che si perpetuano senza prevederne una fine che salvaguardi le popolazioni di entrambe le parti in gioco.
In questo contesto destabilizzato e destabilizzante, risultano ancor più profetiche le parole che papa Francesco rivolse ai Capi delle Chiese e alle comunità cristiane del Medio Oriente convocati in preghiera a Bari nel 2018: «Qui contempliamo l’orizzonte e il mare e ci sentiamo spinti a vivere questa giornata con la mente e il cuore rivolti al Medio Oriente, crocevia di civiltà e culla delle grandi religioni monoteistiche… Per i fratelli che soffrono e per gli amici di ogni popolo e credo, ripetiamo: Su di te sia pace!».
Come non pensare alle primissime parole del suo successore? «La pace sia con tutti voi!» – irruppe Leone XIV in Piazza San Pietro. «Vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, tutte le persone, ovunque siano, tutti i popoli, tutta la terra. La pace sia con voi! Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante» (8 maggio 2025).
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Dinnanzi a tanti naufragi, c’è un luogo dove in passato uno di essi si è trasformato in occasione di rinascita spirituale e culturale in virtù dell’antica pratica dell’ospitalità. È l’isola di Malta citata dagli Atti degli Apostoli come terra dove fu tratto in salvo e curato san Paolo dopo una disastrosa tempesta mediterranea. Qui dal 13 al 15 giugno, la Rete Teologica del Mediterraneo (RTMed) ha svolto il Simposio internazionale e transdisciplinare «Sulle rotte del Mediterraneo. Linee di metodo per una teologia dal Mediterraneo».
Accolti dal Seminario diocesano di Rabat dell’Archidiocesi di Malta, il Simposio ha visto la partecipazione di docenti e ricercatori provenienti da tutto il Mediterraneo. Nata ufficialmente con la pubblicazione del Manifesto per una teologia dal Mediterraneo (21 settembre 2023), a cui hanno aderito numerose istituzioni accademiche, la Rete teologica mediterranea si fa anch’essa «luogo» dove si incontrano esperienze e percorsi di ricerca e di confronto pluridisciplinare. Lo scopo è quello di contribuire a tessere reti tra le chiese mediterranee e a costruire un Mediterraneo di pace grazie anche all’apporto di una teologia del dialogo e dell’accoglienza.
A Malta, la Rete è giunta a un approdo e, al contempo, riparte verso nuove mete. È da un anno, infatti, che si son costituiti al suo interno gruppi di studio per rintracciare gli elementi comuni di un metodo teologico «dal» Mediterraneo, un metodo che tenga conto dei vissuti delle persone per riconoscerne i volti, i nomi, le storie. Un metodo che sappia interpretare le narrazioni secondo una epistemologia della misericordia, nella luce della Incarnazione e della Pasqua. È convinzione comune, infatti, che solo in un intreccio di «mente, cuore e mani» – come amava ripetere Papa Francesco – la teologia può contribuire a salvaguardare e a rigenerare l’umano liberato dalla morsa tecnocratica.
Quella praticata in questi giorni a Malta è stata una teologia «immersiva», che vive e pensa in contesto: una teologia che si è messa in ascolto della storia dell’isola, delle sue radici, ma con uno sguardo attento anche al presente, alle sfide e alle opportunità odierne, per immaginare insieme come attraversare le complessità richiedenti un senso. La riflessione è stata opportunamente accompagnata da esperienze culturali che l’hanno arricchita in modo tangibile. Nel pomeriggio del primo giorno, infatti, il programma ha incluso una visita guidata alle catacombe di Sant’Agata e alla Grotta di San Paolo e non sono mancate le occasioni per entrare nell’esperienza della pietà popolare maltese: l’incontro con i ragazzi che preparavano l’infiorata per la festa di Corpus Domini e con i bambini delle prime Comunioni, la festa di Nostra Signora del Giglio a Mqabba.
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Il secondo giorno, ci si è concentrati sul Mediterraneo come «mare di attraversamenti e di contaminazioni». Mediante la metafora del viaggio e alcune figure legate alla tradizione maltese, tra mito e storia, i partecipanti si sono suddivisi in tre gruppi per riflettere sul modo di delineare un metodo che possa orientare l’elaborazione teologica nel contesto del Mediterraneo.
Il lavoro ha dato voce a una pluralità di pensieri e di approcci che, pur nella diversità, hanno lasciato emergere una sintonia di fondo. Un intreccio di idee e di metodi simili alla gómena usata dalle navi per l’ormeggio, che trova la sua forza proprio nella tensione e nei nodi tra i diversi fili. Con uno sguardo al futuro, la Rete si è interrogata infine su come trovare una configurazione capace di restare al servizio delle Facoltà, delle Università e delle chiese del Mediterraneo rappresentate dai docenti provenienti da Malta, Beirut, Istanbul, da Barcelona, Granada, Marsiglia, da Abu Dhabi, da Roma, Napoli, Bari, Venezia, Palermo, Lecce, Potenza, Genova, dalla Romania e dal Marocco, dall’Egitto e dall’Algeria.
Nella cornice suggestiva dell’antica Medina, la seconda giornata si è conclusa accompagnata da sentimenti di gioia e di gratitudine reciproca per il lavoro svolto, alimentando il desiderio di continuare nella navigazione del pensiero sospinti dal soffio dello Spirito del Crocifisso-Risorto.
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Nel corso dell’ultima giornata, la Rete ha ricevuto l’invito a prendere parte alla celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Joseph Galea Curmi, presso la Concattedrale di San Giovanni ubicata nella Valletta.
In occasione della Solennità della Santissima Trinità, il vescovo ausiliare ha ricordato che «in un Mediterraneo segnato da conflitti, divisioni e migrazioni, la Trinità ci offre un modello di convivenza nella differenza. Così come le tre Persone divine vivono nella perfetta unità senza annullare le diversità, allo stesso modo le nostre società mediterranee sono chiamate a valorizzare le culture, le lingue e le tradizioni senza paura dell’altro».
È proprio questa chiamata a orientare il viaggio della Rete mentre si accinge a solcare ancora una volta le rotte del Mediterraneo. Con rinnovata speranza e riconoscenza, soprattutto legata alla «rara umanità» (Atti 28,2) offerta dalla comunità maltese, la Rete è oggi pronta a tessere relazioni nuove, non solo tra studiosi e istituzioni, ma anche tra le diverse culture e religioni del Mediterraneo.
Vincenzo Di Pilato e Rafaella Figueredo,
per la Rete Teologica Mediterranea