Sulla formazione teologica /7

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teologia

La teologia non è chiamata semplicemente a trasferire conoscenze bibliche o dogmatiche, ma ha il compito di entrare in dialogo profondo con i vari sistemi culturali (cf. Veritatis gaudium, n. 5). Tale compito, nel contesto italiano, si attua soprattutto attraverso le istituzioni accademiche esistenti, articolate in due percorsi: Teologia e Scienze religiose.

La strutturazione di tali percorsi è oggetto di dibattito da alcuni anni, per tanti motivi, tra cui la revisione dell’architettura delle discipline, la poca rilevanza della teologia nello spazio pubblico, l’incerta sostenibilità e sensatezza accademica di due binari quasi paralleli.

Parte da qui la riflessione di Andrea Toniolo, docente di teologia fondamentale e preside della Facoltà teologica del Triveneto, nell’editoriale (dal titolo Istituti superiori di Scienze religiose: hanno ancora senso?) dell’ultimo numero della rivista della Facoltà Studia patavina (2/2023), che presenta il focus Teologia e scienze religiose. Nodi da sciogliere.

In Italia, fuori Roma (che costituisce una situazione a sé stante a motivo delle pontificie università), esistono attualmente più di ottanta centri teologici, di cui otto sono le sedi delle Facoltà teologiche regionali, e di cui 43 sono Istituti superiori di Scienze religiose (Issr). Gli studenti sono più di diecimila, la maggior parte dei quali (più di seimila) appartiene agli Issr e sono laici e laiche.

Peculiarità e criticità connotano la teologia in Italia: fra le prime, il legame con la realtà locale ecclesiale (la presenza capillare nel territorio e il grande interesse per la teologia da parte dei laici), la buona qualità didattica dei docenti, la solidità dell’indirizzo pedagogico-didattico. «La peculiarità della teologia italiana – scrive Toniolo – è, a mio avviso, la sua forte connotazione pastorale, ovvero il suo legame con le esigenze delle Chiese, che ha permesso di formare pastori e laici non in modo “accademico” astratto, autoreferenziale, ma molto attento all’esperienza della fede».

Due criticità: il doppio binario e la debolezza della ricerca

Il doppio binario e la debolezza della ricerca sono le due criticità di fondo. «Il rapporto tra percorso teologico e di scienze religiose viene percepito come un doppione, insostenibile dal punto di vista istituzionale (docenti, economia, studenti) e segnato dall’indeterminatezza delle scienze religiose. L’incerta natura delle scienze religiose – prosegue – è come una spada di Damocle, che pende fin dal sorgere degli Istituti, anche se raccoglie la maggioranza degli studenti.

Gli Istituti superiori di Scienze religiose reggono grazie allo sbocco professionale dell’insegnamento della religione, ma hanno realizzato in parte o quasi nulla il progetto iniziale, ovvero dare vita a lauree magistrali differenziate in vista di competenze da spendersi per il mondo pastorale o laico: arte, bioetica, mediazioni interculturali, ministerialità pastorali. Paradossalmente, anche l’indirizzo pastorale stenta a reggere».

Certamente bisognerà andare verso il superamento del doppio binario e ciò chiede una coraggiosa rivisitazione della mappa territoriale degli Istituti, rimarca Toniolo.

La debolezza della ricerca è l’altro punto da considerare, pena l’irrilevanza o l’insignificanza nello spazio pubblico della fede. «Pur avendo già evidenziato come elemento positivo la connotazione pastorale della teologia in Italia, ritengo che la sfida della “re-inculturazione” o meglio di un nuovo incontro del cristianesimo con la cultura dell’Occidente, chieda un maggior investimento sulla ricerca, in ambiti che sono propri in particolare delle scienze religiose, e riguardano la fenomenologia del sacro, lo studio comparato delle diverse esperienze religiose, il confronto con le spiritualità di altri continenti che incrociano sempre di più la ritualità occidentale».

Altri ambiti chiamati in causa nella rivisitazione della teologia sono: la ratio degli studi da riformulare alla luce dei quattro criteri di Veritatis gaudium (soprattutto quello della inter e trans-disciplinarità forte), il riconoscimento civile dei titoli, a livello di profilo e di procedura, la solidità istituzionale delle Facoltà dal punto di vista accademico ed economico, la valorizzazione, anche professionale, delle competenze teologiche e di scienze religiose, sia nel mondo ecclesiale che in quello laico.

Quali scienze religiose?

La posta in gioco che si nasconde dietro la storia e l’espressione “scienze religiose” è approfondita negli articoli del focus di Studia patavina, che sono il frutto di un percorso di riflessione promosso dalla Facoltà teologica del Triveneto e offrono un contributo di pensiero al dibattito in atto sulla natura degli Issr.

Il grande apporto ecclesiale degli Issr, soprattutto in rapporto alla formazione del laicato e degli insegnanti di religione, è messo in evidenza nella Breve ricognizione storico-genetica della nascita degli Istituti superiori di Scienze religiose in Italia a cura di Gaudenzio Zambon (Issr di Padova) che, d’altra parte, mette in luce anche la loro ambivalenza e incertezza identitaria.

Alberto Cozzi (Facoltà teologica dell’Italia settentrionale) colloca storicamente tali questioni e sviluppa in maniera più teorica il dibattito sull’identità delle scienze religiose, alla luce di tre elementi: la configurazione accademica, la finalità formativa, lo spazio pubblico, nell’articolo La specificità delle Scienze religiose in rapporto alla Teologia.

Il contributo di Leonardo Paris (Issr “Romano Guardini” di Trento), Formazione teologica in dialogo, ha l’intento di giustificare la proposta avanzata dall’Associazione teologica italiana di superare il doppio binario, a favore di un percorso teologico unitario, che recepisca l’istanza pedagogica degli Issr attraverso qualche corso finalizzato alla formazione degli insegnanti di religione.

Chiosa Toniolo nell’editoriale: «La strada, a mio avviso, più praticabile è quella di indagare maggiormente, soprattutto a livello di ricerca, la specificità delle scienze religiose in ambito teologico, con un confronto maggiore con i metodi comparativi assunti nei percorsi laici di scienze delle religioni. La proposta da vagliare può essere quella di creare un triennio unico di teologia, e poi articolare in maniera adeguata la specializzazione e il dottorato in scienze religiose, sempre all’interno della Facoltà teologica».

Nel dibattito del focus non poteva mancare quindi il confronto con un percorso di “scienze delle religioni” offerto nel mondo universitario statale, sorto anche per supplire alla trascuratezza del fenomeno religioso in ambito accademico laico.

Chiara Cremonesi (Università di Padova-Ca’ Foscari di Venezia) presenta l’impostazione del Corso di laurea magistrale inter-ateneo in Scienze delle religioni, istituito dalle Università di Padova e di Venezia, che studia le diverse tradizioni religiose e spirituali, passate e presenti, con metodo comparativo e con strumenti filologici, storici ed etnografici.

Sulla trascuratezza dello studio del fenomeno religioso nelle università italiane interviene l’intervista allo storico del cristianesimo Paolo Bettiolo, a cura di Giovanni Trabucco (La collocazione degli studi storico-religiosi nelle università italiane. Una vicenda complessa), che richiama soprattutto le difficoltà culturali e strutturali a inserire un corso di scienze delle religioni nell’università statale italiana che, fin dal 1873, non ospita più la teologia, ma solo discipline storiche o letterarie afferenti al cristianesimo.

Lo storico Alberto Melloni (Università di Modena-Reggio Emilia, Fondazione per le Scienze religiose) in Centocinquant’anni dopo. Sul ritorno delle teologie nelle università italiane (1871-2021) ricostruisce la storia del rapporto tra stato e Chiesa in materia di istituzioni teologiche.

Il dibattito sul rapporto tra teologia e scienze religiose non appartiene solo alla storia italiana. Alexander Notdurfter (Studio teologico accademico di Bressanone) apre una finestra sul mondo di lingua tedesca, presentando il percorso di Religionspädagogik nel mondo germanofono, dove si ribadisce il nesso stretto tra esperienza religiosa ed evento pedagogico, e il ruolo svolto dalle religioni nella formazione umana e nella socializzazione.

«Anche a livello internazionale – nota Toniolo nell’editoriale – si discute sulla connotazione confessionale (teologica) o meno dei religious studies, segno che l’incertezza epistemologica è quasi connaturale. Dal mio punto di vista, la specificità delle scienze religiose “teologiche” (svolte all’interno delle facoltà teologiche) consiste nell’assumere la rivelazione cristiana, nella sua forma storica, come principio interpretativo del religioso e dell’umano. L’approccio fenomenologico comparativo è necessario – anche in questo caso, comunque, vanno dichiarati i presupposti da cui lo studioso muove, perché non esiste un metodo di indagine “neutro” – ma incompleto, perché il fenomeno religioso necessita di un punto di vista esperienziale e storico per essere compreso. Se voglio fotografare la realtà devo individuare un punto focale».

L’intento specifico degli Issr, conclude, «è quello di elaborare un punto di vista cristiano sui fenomeni religiosi in atto, sulle condizioni concrete dell’uomo che vive religiosamente, mostrando il nesso strutturale del fenomeno religioso con l’umano, ovviamente in una circolarità continua tra rivelazione ed esperienza religiosa (il sacro)».

  • Per l’intero focus qui.
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Un commento

  1. Valerio Scalco 22 dicembre 2023

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