Bose: monastero “sui iuris”

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Foto di Carlo Avataneo (www.carloavataneo.com/monastero-di-bose)

Il 5-6 agosto 2023 la comunità di Bose ha accolto la professione monastica definitiva dei fratelli Federico e Paolo. Pochi giorni prima, il 29 luglio, il vescovo di Biella, Roberto Farinella, d’intesa con il dicastero della vita consacrata, ha riconosciuto Bose come monastero sui iuris di diritto diocesano.

Per ora, la qualifica è ad experimentum per cinque anni, lasciando alle spalle l’ormai inadeguata associazione privata di fedeli. La comunità ne ha dato notizia con molta discrezione, ma il passaggio è rilevante e, in qualche maniera, segna la ripartenza dopo 55 anni di attività.

Una nuova stagione

Una bella notizia per la vita monastica, la Chiesa italiana e non solo. La nuova stagione era già evidente il 27 gennaio, quando si è chiusa la funzione e il compito del delegato pontificio, p. Amedeo Cencini (13 maggio 2020-27 gennaio 2023). È stato un periodo intenso e drammatico: l’uscita del fondatore, Enzo Bianchi, e di alcuni altri fratelli e sorelle, l’ondata incontrollabile delle curiosità mediali, l’appassionata partecipazione di una parte del mondo cattolico.

Come monastero sui iuris a Bose è riconosciuto ciò che costituisce la sua identità, frutto di una storia di oltre cinquant’anni: l’appartenenza monastica, il carattere ecumenico, il doppio monastero (maschi e femmine), la liturgia propria, oltre alle numerose attività (editoriale, ospitalità, cultura, produzione artistica e agricola ecc.).

Dall’avvio dell’esperienza nel 1965-1968 alle prime professioni e alla Regola (1971), dal piccolo gruppo iniziale fino agli attuali 65 monaci e monache vi è continuità dei riferimenti essenziali: centralità del Vangelo e vita comune, condizione laicale e apertura ecumenica, larga accoglienza per l’ospitalità. Decine di migliaia di persone hanno goduto e apprezzato i servizi e la testimonianza dei monaci, tanto da poter parlare di una «generazione Bose».

La sofferenza acuta di questi ultimi due anni, la tensione diventata pubblica con il fondatore e alcuni dei monaci e monache (nonostante lo sforzo della comunità di contenerla), la perdita di alcuni esponenti (una ventina, per ragioni solo in parte legate al conflitto con Bianchi) possono dirsi ormai alle spalle. Anche se gli echi e le conseguenze dureranno a lungo. La fine del compito di p. Cencini, coincide con l’avvio di un accompagnamento spirituale (assistente spirituale) di un monaco amico, dom Michel Van Paris, igumeno (superiore) dell’abbazia di Grottaferrata.

Vale la pena ripercorre questi anni per fissare nella memoria ecclesiale un passaggio importante.

Una lettera prima della tempesta

L’11 novembre 2018 papa Francesco firma una lettera carica di simpatia e di lodi per la comunità in occasione dei cinquan’anni di vita. Riconosce a Bose un ruolo particolare nel rinnovamento della vita religiosa e monastica, nel cammino ecumenico, come luogo di preghiera e di dialogo, nel ministero dell’ospitalità.

«Vi accompagno nella preghiera perché possiate perseverare nell’intuizione iniziale: la sobrietà della vostra vita sia testimonianza luminosa della radicalità evangelica; la vita fraterna nella carità sia un segno che siete una casa di comunione dove tutti possono essere accolti come Cristo in persona».

Alle spalle della lettera (2014) vi era stata una visita monastica chiesta dalla comunità, le dimissioni volontarie di Enzo Bianchi da priore (2017) e l’avvio del priorato di Luciano Manicardi. Si riteneva che le tensioni interne, assai poco percepibili all’esterno, fossero incanalate per un futuro di continuità serena.

Sulla base di insistite richieste sia esterne che interne, si avvia, nel 2019, la visita canonica affidata all’abate Guillermo Leon Arboleda Tamayo, a p. Amedeo Cencini e all’abbadessa Anne-Emmanuelle Devêche. I risultati esplodono nel decreto firmato dal segretario di stato, card. Pietro Parolin, il 13 maggio 2020: Enzo Bianchi, due monaci e una monaca dovranno abbandonare Bose. Il testo è letto agli interessarti da mons. J.R. Carballo, segretario del dicastero dei religiosi in presenza di p. Cencini e di mons. Arnolfo, vescovo di Vercelli.

Duro il diniego di Bianchi e di G. Boselli. La vicenda ha una straordinaria copertura mediatica, in generale favorevole al fondatore e alle sue ragioni. Comincia uno stillicidio di notizie fatte arrivare a blog e giornali che alimentano una tensione inabituale.

L’8 gennaio 2021 un decreto ingiunge di nuovo l’allontanamento di Bianchi, destinato al monastero di Cellole, fondazione legata a Bose, con una serie di garanzie in ordine ai monaci che lo affiancheranno e alla gestione dell’opera. In un comunicato, la comunità motiva la scelta e il percorso compiuto dal visitatore e delegato pontificio. Tutto senza esito.

Diviene nota una lettera personalissima di papa Francesco che invita Bianchi all’obbedienza, nonostante il tempo «della lotta, del buio, della solitudine, del faccia a faccia con la volontà del Padre». Il 4 marzo del 2021 il bollettino stampa del Vaticano informa di una visita di p. Cencini e L. Manicardi al papa e, pochi giorni dopo, arriva in comunità una lettera di sostegno del pontefice:

«Non lasciatevi turbare da voci che mirano a gettare discordia tra voi: il bene dell’autentica comunione fraterna va custodito anche quando è alto il prezzo da pagare! Così come la fedeltà in tali momenti consente di cogliere ancora più la voce di Colui che chiama e dà la forza di seguirlo».

Un nuovo priore

Dopo un anno dal decreto, Bianchi abbandona Bose (30 maggio 2021), prende alloggio a Torino e, dopo pochi mesi (aprile 2022), annuncia l’acquisto di una casa con ampio terreno ad Albiano di Torino, non molto distante da Bose, sede possibile di una rinnovata comunità senza alcuna qualifica canonica. L’iniziativa sta partendo in questi mesi.

Nel frattempo una lettera del card. Parolin (22 gennaio 2022) ammonisce i vescovi a non giovarsi più di Bianchi per la formazione del clero e delle comunità cristiane, accusandolo di

«non aver rinunciato effettivamente al governo (della comunità), interferendo in diversi modi continuamente e gravemente sulla conduzione della medesima comunità e determinando una grave divisione nella vita fraterna, si è posto al di sopra della regola della comunità e delle esigenze evangeliche da essa richieste, ha esercitato la propria autorità morale in modo improprio, irrispettoso e sconveniente nei confronti dei fratelli della comunità, provocando scandalo».

Il 30 gennaio 2022 la comunità elegge, con una convergenza significativa e promettente, il nuovo priore, Sabino Chialà (cf. qui su SettimanaNews). In un’intervista a SettimanaNews (qui) così si esprime:

«La fraternità è un cammino, una scoperta e un dono. Richiede lotta perché la paura della morte – quella ferita originaria che fa dell’essere umano la creatura più debole e per questo anche più creativa – lo spinge con forza a lottare contro l’altro per sopravvivere. Il più grande inganno che la paura della morte ci istilla è infatti proprio quella di convincerci che l’altro ci toglie la vita; invece è l’altro che ci dà la vita». «Spesso si pensa ai monaci come a degli esseri più forti e meglio equipaggiati. Poi, per una qualche ragione, giunge ineluttabilmente la rottura dell’incanto. Esperienza dolorosa quanto feconda».

Con grande sapienza il teologo Ghislain Lafont ci aveva scritto: «Penso che una nuova comunità è veramente fondata dalla seconda generazione, dopo la scomparsa o il ritiro del fondatore. Si riconosce allora meglio il destino legato al progetto di Dio, rispetto a quanto appariva nel periodo di fondazione».

Una indiretta conferma nelle parole di S. Chialà in una intervista a La Lettura (Corriere della sera 26 giugno 2022):

«Se questa roba qui che viviamo fosse solo l’espressione di un’organizzazione umana, avremmo fallito. Del resto, tante cose in cui crediamo si dimostrano molto limitate nella loro realizzazione. Oggi più che mai ci rendiamo conto che la comunità di Bose non è opera umana. (…) È un ritorno all’essenziale dopo un tempo di sbandamento. Se si vuole, di ubriacatura».

Il silenzioso lavoro

Il segretario di stato, card. Parolin, il 1° maggio 2022, visita Bose. «Una visita – annota un comunicato della comunità – che costituisce anche l’occasione per riaffermare ancora una volta l’intento di cura che ha mosso la Santa Sede in tutto quanto ha cercato di fare per la nostra comunità». A distanza di pochi mesi, è giunta la conclusione della visitazione e del ruolo del delegato. Infine, il riconoscimento come monastero sui iuris.

Quelli rapidamente accennati sono stati mesi difficili, ma ben poco si sa del lavoro interno alla comunità stessa, del suo travaglio e delle sue rinnovate energie. L’incontro con alcuni psicologi e formatori ha permesso di riannodare le storie personali con la vicenda collettiva. Non è venuta meno la ricerca in sede liturgica per confermare e rinnovare uno dei patrimoni più creativi della comunità. Così è proseguito l’affinamento del lavoro sui processi formativi. In particolare, si è messo mano al rinnovo degli statuti le cui modifiche sono state sottoposte al voto del consiglio e dell’assemblea.

È stato un periodo non privo di tensioni, in particolare con alcuni che ancora si richiamavano a Bianchi.

Un peso non irrilevante e non positivo va messo a carico di alcuni media che hanno attizzato le contraddizioni. Ciò che è progressivamente scomparso è la paura dell’implosione, della fine e dell’abbandono.

Presumibilmente sofferto e insistito è stato il lavoro sul tema dell’obbedienza, delle strutture interne di governo e delle Consuetudini fissate dopo il capitolo del 2004. Vi era da chiarire il rapporto fra priore, il vice, la responsabile delle sorelle, i formatori e gli organi collegiali (consiglio, capitolo, discretorio, commissione economica) in conformità alla Regola e da innestare tutto questo nel diritto canonico che disciplina la vita monastica.

Una materia evocata in una delle risposte di Chialà a La Lettura:

«Troviamo in Gesù i tre tratti di un’autorità sana. Anzitutto, è uno che si coinvolge, che partecipa emotivamente. Cui pesa imporre pesi. Secondo, Gesù ha l’autorità di guarire: la parola dell’autorità sana è terapeutica per chi la riceve, può anche far soffrire, ma porta un cammino benefico. Infine, Gesù ha autorità su di sé, la libertà da sé. L’autorità è sana se non ha niente da difendere per sé. L’autorità diventa pericolosa quando comincia ad aver paura».

Guadagni irrinunciabili

Vi sono alcuni guadagni non rinunciabili nella vicenda di Bose – a ciò hanno partecipato tutti, dal fondatore all’ultimo arrivato – che si possono sintetizzare con: Vangelo, monachesimo, liturgia, ecumenismo, rapporto con il mondo.

«Fratello, sorella, uno solo deve essere il fine per cui scegli di vivere in questa comunità: vivere radicalmente l’Evangelo. L’Evangelo sarà la regola assoluta e suprema. Tu sei entrato in comunità per seguire Gesù. La tua vita, dunque, si ispirerà e si conformerà alla vita di Gesù descritta e predicata nell’Evangelo».

Le affermazioni della Regola (1971, n. 3) giustificano l’attenzione alla Scrittura, la pratica della lectio divina, la larga influenza anche sui cammini di rinnovamento nel laicato più vicino. Nessun rinnovamento canonico o normativa può oscurare questa fondamentale intuizione.

Il monachesimo di Bose fa forza non tanto sui voti (che vengono tuttavia praticati) quanto sul binomio «vita comune-celibato per il Regno di Dio». Il rimando più insistito non è solo alla tradizione occidentale benedettina, ma anche alle radici orientali, in particolare Basilio e Pacomio.

«La vita di comunione è essenziale per i cristiani. Senza comunione non c’è Chiesa. Ma questa esigenza per te diventa radicale. Tu fai vita comune con dei fratelli e delle sorelle, vivi con loro nella stessa casa, sei solidale con loro nello stesso ministero, con loro tu formi una cellula del corpo di Cristo» (n. 12).

Nella vita comunitaria un ruolo particolare lo ha il lavoro che può essere sia materiale (orto, agricoltura, materiali) sia intellettuale (edizioni, conferenze, insegnamento). Il richiamo alle sorelle permette di citare l’intervista di Chialà a Settimananews:

«Di per sé già l’attuale statuto non fa alcuna discriminazione fra uomini e donne. Ad esempio, una sorella può essere eletta priora, tanto quanto un fratello. Tuttavia ci stiamo interrogando sul nostro vissuto reale di mezzo secolo di convivenza, e sul ruolo effettivo che le sorelle hanno avuto nella nostra vicenda».

Preghiera ed ecumenismo

La revisione in atto sulla liturgia comunitaria parte da una lunga pratica fissata nella Preghiera dei giorni che prevede tre momenti comuni essenziali (mattino, mezzogiorno e sera) con la lettura quasi completa dell’Antico e del Nuovo Testamento e un ampio uso dei testi dei Padri della Chiesa. Un «sistema» liturgico che vive nella tradizione occidentale, ma con una sensibilità per i padri orientali come per scritti anche più recenti (non tutti cristiani) particolarmente ispiranti.

«La preghiera sarà anzitutto comunitaria: essa avviene negli uffici del mattino, di mezzogiorno e della sera. In essa tu ascolterai la Parola, loderai il tuo Signore e pregherai per gli uomini con i fratelli… L’ufficio è dunque un sacrificio di lode, di adorazione, di filiale obbedienza a Dio solo. In esso tu prolunghi e partecipi alla preghiera di Gesù al Padre» (Regola n. 35).

Decisivo nell’identità di Bose è l’ecumenismo. «La comunità non è confessionale, ma è fatta di membri che appartengono alle diverse confessioni cristiane. Ogni membro deve trovare nella comunità lo spazio per la sua confessione di fede e l’accettazione della sua spiritualità» (Regola n. 44). Ancora Chialà su La Lettura:

«La nostra comunità rimane formata da cristiani di diverse Chiese. È una scelta irrinunciabile. Non una scelta strategica, ma un’esigenza di vita. Il mio ecumenismo comincia la mattina quando mi alzo e davanti a me c’è la cella di un pastore protestante. È la prima persona che vedo la mattina».

I convegni internazionali sulle spiritualità d’Oriente e di Occidente sono stati ripresi.

Dopo aver parlato del lavoro, la Regola dice: «Per questo non fuggirai dal mondo e dagli uomini, ma vivrai come loro, più o meno socializzato come le condizioni di richiederanno» (n. 24). Nei confronti del mondo di tutti vi è una simpatia che la distanza dello stile di vita non rimuove, anzi enfatizza.

A Bose hanno trovato casa molti intellettuali, artisti e ricercatori. Da questo punto di vista non c’è nulla di più lontano dalla fuga mundi, dal disprezzo delle fatiche e delle ricerche degli uomini. Molta parte della simpatia che Bose ha ricevuto nasce dalla cordialità con cui ha condiviso le ricerche anche più innovative dello spirito contemporaneo.

Le voci discordi

Per il racconto degli eventi e dei criteri di questi difficili mesi per la comunità di Bose non è forse inutile una serie di citazioni degli apporti più critici come indici della tensione e del coinvolgimento sperimentati. Naturalmente andrebbero collocati nel loro contesto e nello specifico momento. Tuttavia rimangono a testimonianza del riferimento dialettico.

  • Massimo Recalcati (Stampa, 11 febbraio 2021):

«L’acidità aggressiva con la quale si compie l’applicazione del decreto pontificio lascia francamente sbalorditi e non può non indignare tutti coloro che hanno creduto in Bose. Padre Cencini impugna l’arma del confino con la ferocia dei più biechi controriformisti e alla riconciliazione giudicata impossibile preferisce l’allontanamento perpetuo del padre di Bose dalla comunità che ha fondato. In questo modo egli vorrebbe cancellare la storia, annullare il debito simbolico che lega ogni pietra di Bose al suo fondatore».

  • Associazione Viandanti (31 marzo 2021):

«Fino ad oggi la vicenda Bose, al di là delle questioni personali, si è caratterizzata per l’inesistenza di informazioni ufficiali sulla sostanza di quanto il vescovo di Roma e la Santa Sede prevedono per il futuro di Bose. Una riservatezza che fino ad ora non ha giovato da nessun punto di vista, perché ha alimentato solo dietrologie e soprattutto non ha aiutato un’autentica coscienza da parte del popolo di Dio».

  • Silere non possum (17 maggio 2021):

«Inutile illudersi, Bose è destinata a morire. Questa morte è naturale conseguenza del comportamento di chi la sta gestendo».

  • Alberto Melloni (Repubblica, 28 maggio 2020):

«Si imputa (a Bianchi) di aver esercitato “l’autorità del fondatore” in modo nocivo al “clima fraterno”, un “reato di caratteraccio” – definizione di un cardinale romano – che viene punito con una pena capitale».

  • Alberto Melloni (Repubblica, 10 febbraio 2021):

«Un ultimatum i cui toni sembrano voler minare l’uscita da un crisi in cui ha pesato quella che chiamerei la “dottrina Cencini”… sulle nuove forme di vita consacrata. Affette a suo giudizio del complesso del fondatore… esse devono fare un percorso terapeutico di “oggettivazione del carisma” che suppone la liquidazione del padre».

  • Il sismografo (11 febbraio 2021):

«Per questo tipo di espressioni patologiche del potere nella Chiesa non mancano gli esperti di alto livello, capaci di orrende nefandezze come si sono viste nell’oscura vicenda di padre Amedeo Cencini, onnipresente psicoterapeuta di Radio Maria, autorizzato a giustiziare – con tanto di ingombrante apparato burocratico simile ad un tribunale girovagante – il fondatore della comunità di Bose, fr. Enzo Bianchi».

  • Sandro Magister (Settimo cielo, 4 marzo 2021):

«Sull’assolutismo monocratico che caratterizza il pontificato di Jorge Mario Bergoglio, già molto si è scritto».

  • Giuseppe Ruggeri (30 maggio 2020):

«Hanno ucciso il padre mediante interposta persona… È impossibile pensare Bose senza Bianchi».

  • Riccardo Larini (Bose, la traccia del Vangelo, p. 156):

«Il modus operandi degli interventi cenciniani si svolge inesorabilmente nella convinzione che la Chiesa debba aiutare le comunità a liberarsi dei fondatori (a prescindere se siano ancora in vita o meno, e se comporti interventi umanamente brutali), sostituendoli con una istituzionalizzazione del loro carisma, e i singoli membri ritenuti “traviati” a compiere un cammino di maturazione personale sotto la supervisione di psicologi e psicanalisti».

L’esito di questi anni difficili sembra essere andato fortunatamente per un’altra e migliore via.

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23 Commenti

  1. Paolo Marangon 15 agosto 2023
  2. Marcello Caverni 15 agosto 2023
    • Cesare Pavesio 15 agosto 2023
  3. Fabio Cittadini 14 agosto 2023
    • cesare pavesio 27 agosto 2023
  4. Luigi Galmozzi 13 agosto 2023
  5. Alberto Tondi 13 agosto 2023
  6. Giovanni Polidori 12 agosto 2023
    • Silvia Camaiori 12 agosto 2023
  7. Vincenzo 12 agosto 2023
  8. Claudio Anselmo 12 agosto 2023
  9. adriano bregolin 12 agosto 2023
  10. Silvia Camaiori 12 agosto 2023
    • Luigi Galmozzi 13 agosto 2023
      • Andrea Lebra 13 agosto 2023
  11. Vincenzo 12 agosto 2023
    • Gian Piero 12 agosto 2023
  12. Salfi 11 agosto 2023
  13. Mauro Mazzoldi 11 agosto 2023
  14. Giovanni 11 agosto 2023
  15. Maria Luisa Fappiano 11 agosto 2023
  16. Christian 11 agosto 2023

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