La testimonianza dei religiosi/e anziani

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L’intervista che proponiamo, a firma di Matthias Altmann, è apparsa su Katholisch.de (22 marzo 2025). L’intervistata, Ruth Mächler, è sociologa e teologa, attiva al Centro di ricerca sulla cura spirituale alla clinica dell’Università Tecnica di Monaco di Baviera. Nell’ambito degli studi sui bisogni esistenziali e spirituali dei malati ha intervistato alcuni religiosi e religiose anziani (21 gesuiti e alcune suore del Sacro Cuore) per capire come stavano vivendo la fase finale della loro vita. Colpita dalle loro testimonianze le ha raccolte in un volume: Freiheit und Vertrauen. Von alten Ordensleuten für das Leben lernen, Verlagsgruppe Patmos 2025 (Liberta e fiducia. Imparare a vivere dai religiosi anziani).

Storie di vita

Dottoressa Mächler, perché il libro raccoglie le testimonianze sui gesuiti e sulle suore anziane?

Il responsabile dei gesuiti anziani voleva sapere come stavano i vecchi della Compagnia. Accettai quindi di parlare con i membri più avanti nell’età e di redigere una specie di relazione tecnica. Allo stesso tempo, ho suggerito di adottare un approccio più ampio allargando l’indagine anche a una congregazione femminile, in modo da poterne ricavare uno studio più affidabile. Le suore del Sacro Cuore furono scelte perché la loro congregazione è molto simile ai gesuiti in termini di struttura e compiti.

Ma non si è limitata a fare domande sull’età anziana.

Se vuoi sapere cosa puoi fare per migliorare la situazione dei membri più anziani della congregazione, non puoi limitarti a chiedere come stanno oggi. Perché il benessere delle persone anziane dipende molto dalla loro storia di vita, dalle opzioni che hanno avuto, dalle relazioni, dai compiti che consentono loro di guardarsi indietro nella loro vita, più o meno felice. Ecco perché ho chiesto ai religiosi e alle religiose di raccontare le loro storie di vita, e non solo cosa significhi invecchiare.

Il libro parla meno dell’invecchiamento e più di ciò che li ha motivati nella vita, di come prendere buone decisioni e di come affrontare le crisi. Le storie di vita degli anziani sono particolarmente importanti anche per i giovani.

– Perché sarebbero così preziose?

In generale, si può imparare dalla testimonianza di vita di ogni persona. Nel caso dei religiosi/e, è forse particolarmente interessante perché si tratta di uno stile di vita radicale per molti aspetti. È molto esigente nella dedizione, nella rinuncia alla vita di coppia e alla famiglia, nella flessibilità e disponibilità a donare la propria vita.

– L’immagine del religioso anziano tranquillo con sé stesso è confermata?

In linea di massima, no. Ma puoi anche essere in pace con te stesso dopo una vita piena di dubbi e di difficoltà se hai attraversato consapevolmente queste crisi e le hai gestite bene. Non credo che sia contraddittorio. Tuttavia non tutti nella propria famiglia religiosa sono completamente soddisfatti e in pace con sé stessi.

Anche le domande scomode

– Può fare un esempio?

Nel libro cito una suora che, anche in età avanzata, metteva in dubbio molte convinzioni, anche quelle più fondamentali della fede. Aveva difficoltà a credere nella risurrezione dei morti e si chiedeva se tutto finisse con la morte. Allo stesso tempo, appariva molto vivace e autentica nel suo approccio a tali questioni.

– In che misura i religiosi/e anziani sono più attrezzati ad affrontare le crisi? Nei suoi dialoghi li ha avvertiti più “consistenti”?

Per quanto riguarda i singoli individui, ho avuto l’impressione che affrontassero le crisi in modo molto consapevole. Questo potrebbe avere a che fare con le strutture degli ordini, che prevedono guide spirituali e momenti di riflessione. Quando c’è tempo per il silenzio, per riflettere, ci si confronta con sé stessi.

Sono rimasta molto colpita dalle testimonianze che ho ascoltato. Nel libro c’è l’esempio di un religioso che aveva elaborato una preghiera per i momenti in cui si sentiva scoraggiato. Diceva a Dio: «Caro Padre, andrò ovunque tu mi conduca e ne sono contento». Esercitarsi nei momenti buoni per quelli cattivi è un consiglio molto saggio.

– I religiosi e le religiose sono spesso caratterizzati dal fatto che avvertono e irradiano una grande libertà, nonostante i limiti del loro vissuto. Hai incontrato anche persone non libere?

Sì. Ciò non è particolarmente espresso nel libro, ma nella relazione alle congregazioni è più evidente. In alcuni c’è anche amarezza. Alcune persone vivono anche in una sorta di limbo: esteriormente sembrano pie, ma interiormente dubitano e si sentono vuote. Ma non mi è capitato spesso.

Si può rifiorire

Nel libro ripete frequentemente che l’intera società potrebbe trarre beneficio dalle loro testimonianze di vita. Si racconta, ad esempio che ai religiosi e alle religiose vengono affidati nuovi compiti anche in età avanzata, dove possono rifiorire. Possiamo imparare da loro a coinvolgere maggiormente gli anziani?

Assolutamente sì. Questo è un altro esempio del perché è bene considerare non solo la situazione attuale delle persone, ma anche la loro vita precedente. Si tratta di persone abituate a essere flessibili e ad imparare. Ciò crea anche la sicurezza di continuare a sperimentare cose nuove. Se mantieni vivo questo principio per tutta la vita, avrai la garanzia di farlo anche quando sarai vecchio. La nostra società può imparare da questo.

Nel libro ricordo il caso di un religioso di 98 anni che si recava ancora all’ospedale pediatrico per distribuire regali ai bambini. Non puoi iniziare a farlo quando hai più di 90 anni, ma se hai svolto regolarmente attività di volontariato, puoi ancora riuscirci, anche a 98 anni.

–Nella società si affronta con difficoltà il tema del morire. Cosa si può imparare da come i religiosi e le religiose affrontano la morte?

Un capitolo del libro si intitola “Avvicinarsi alla morte ad occhi aperti”. Queste persone hanno solitamente una spiritualità molto ben coltivata e quindi un legame vivo con Dio. Certo, i dubbi ci sono, ma anche chi ha dubbi ha gli occhi aperti e affronta l’argomento in modo positivo.

Va anche detto che la maggior parte di loro vive in piccole comunità di pensionati e guarda i loro fratelli o sorelle morire uno dopo l’altro. Di solito sono collocati in locali ad hoc. Quindi, esiste un approccio molto trasparente alla morte.

– Quale è stata la più significativa delle interpretazioni della vita che ha sentito nelle sue conversazioni? Per dirla in altro modo: l’impressione maggiore ricevuta?

Tra gli intervistati c’era anche una suora che aveva avuto un grave incidente e da anni soffriva molto. Mi ha detto qualcosa del tipo: “Va bene comunque, ho iniziato la mia vita a tutta velocità e ne ho ricavato il massimo”. Poiché ha dato tutto ciò che aveva, per lei la vita è stato un bene. Ciò mi ha impressionato molto.

Anche molti altri mi hanno detto che l’impegno senza ripensamenti è essenziale per essere felici nella vita consacrata. E da questo traggo la convinzione principale: qualunque cosa tu decida, devi vivere la tua vita e le tue decisioni con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze.

Vivere in pienezza

– L’esperienza l’ha cambiata?

Ho capito quanto la vita prima della vecchiaia ne plasmi la forma. Ecco perché sono determinata a essere coraggiosa, a imparare, a provare cose nuove. Voglio adottare l’atteggiamento che c’è ancora un futuro in cui posso sviluppare qualcosa. E inoltre valorizzare e mantenere reti e amicizie, perché non è più così facile iniziare a farle quando si invecchia.

I religiosi mi hanno parlato più volte delle persone che li hanno accompagnati. Questo è più evidente negli ordini che svolgono molta attività educativa rispetto ad altri. Mi sono quindi chiesta: a chi trasmetto ciò che ho imparato? Spero che, alla fine della mia vita, potrò guardarmi indietro e dire: sono riuscita a trasmettere agli altri qualcosa di prezioso, qualcosa che durerà.

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3 Commenti

  1. Giuseppe 22 aprile 2025
  2. Elena Petteno' 15 aprile 2025
  3. Aldo Ciaralli 15 aprile 2025

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