Migranti: ai margini dell’Europa

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I confini dell’Europa sono diventati ormai un luogo, sempre più indistinto e indeterminato, nel quale si sta consumando un dramma umanitario e la degenerazione dei legami civili. La sostanziale inerzia dell’Unione Europea in materia produce effetti distruttivi per la sua stessa coesione interna. In questo articolo-testimonianza Selam Midzic, segretario operativo della Croce Rossa di Bihac (Bosnia Erzegovina), offre un primo quadro della situazione nella zona dei Balcani, che rimane a tutt’oggi segnata dalla guerra che l’ha devastata e da una condizione traumatica post-bellica da cui non si è ancora usciti.

L’arrivo numeroso di migranti nella cittadina di Bihac, in Bosnia Erzegovina, è cominciato nel gennaio di quest’anno. Prima si trattava di gruppi relativamente piccoli. I numeri sono poi cresciuti fino a che, da aprile in poi, l’arrivo di nuove persone è stato dai sessanta ai settanta ogni giorno. Fino ad aprile si prendevano cura delle persone in città le organizzazioni non governative, che davano una mano a distribuire il cibo e a fare le altre attività di cui c’era bisogno. C’è un’associazione di cittadini locali che si chiama «Solidarietà» e ci sono state molte donazioni da parte dei cittadini che hanno permesso la gestione della prima fase meno acuta. Quando però il numero è diventato molto grande, si sono creati grossi assembramenti di profughi che hanno cominciato a mettere tende nei parchi della città.

La città e la Croce Rossa

Queste associazioni sono andate dal sindaco e hanno fatto presente che con questi numeri non ce la facevano più a gestire la situazione e a dare una mano a chi arrivava. Il sindaco ha quindi chiesto alla Croce Rossa locale di guidare il percorso di assistenza ai migranti da quel momento in poi.

Fin dall’inizio abbiamo proposto che si spostasse la sistemazione delle persone in un edificio fuori città, detto «studentato», come soluzione temporanea. Per noi era più facile coordinare le attività se i gruppi stavano in una struttura definita. Il nome deriva dal fatto che prima della guerra questo era uno studentato solo maschile. Durante la guerra è stato devastato per cui non ha più finestre, il tetto non filtra bene e cola. Per questo oggi la situazione non è certo ottimale.

migranti

Lo «studentato» di Bihac

Ma per noi rimaneva comunque il posto più adatto in cui accogliere queste persone. Il sindaco era d’accordo e così abbiamo iniziato a lavorare lì, abbiamo iniziato con la distribuzione dei pasti caldi in quella struttura. Si distribuiva un pasto caldo al giorno. Abbiamo messo a disposizione di questa struttura tutte le risorse materiali che la Croce Rossa aveva a disposizione nella nostra città: tende, tavoli, cucine mobili e tutto il personale disponibile con auto e mezzi. Insomma, tutto quello che la Croce Rossa aveva qui.

Migranti: quale soggetto responsabile?

Da quel momento fino a oggi noi non abbiamo ricevuto nessun aiuto da parte delle organizzazioni pubbliche statali, con la scusa che non si considera la situazione che stiamo vivendo un problema di questo paese ma dell’Unione Europea. Si dice che l’Unione Europea dovrebbe attivarsi in maniera concreta per gestire la questione migratoria in Bosnia-Erzegovina. In tutto questo, non bisogna dimenticare che questo è un territorio che soffre ancora delle conseguenze della guerra e del dopoguerra. Quindi non è facile per noi gestire da soli e venire a capo di una situazione migratoria di queste proporzioni.

Da quel momento con noi ha collaborato l’Organizzazione Mondiale per i Migranti che ci ha aiutato nella pulizia di questa struttura, nel portare le brande dentro la struttura e i container per i reparti igienici, i bagni e le docce. Il numero però dei migranti però continua a crescere di giorno in giorno.

Dentro la struttura, in questo momento, ci sono tra le 800 e le 1000 persone, a seconda dei giorni o dei gruppi che arrivano. Un altro numero abbastanza grande di migranti invece si trova in altri tipi di sistemazioni private. Sono quelli che noi chiamiamo «turisti», perché sono quei migranti che hanno dei soldi e quindi possono permettersi di dormire in strutture private, invece che stare in questo ambiente. Chi alloggia e dorme nella struttura in cui noi lavoriamo sono sicuramente le persone più vulnerabili dal punto di vista sociale.

bambini a Bihac

Le persone che usano lo «studentato» sono quelle più povere e in più esso viene utilizzato da quelle che sono solo in transito, quelle che hanno bisogno di fermarsi solo una notte per poi proseguire e provare a passare il confine immediatamente. Fino a fine luglio la Croce Rossa è stata responsabile unica per la fornitura di cibo ai migranti (1.400 pasti al giorno). Da agosto si e mossa anche l’ambasciata americana, che ha fornito all’Organizzazione Mondiale per i Migranti la strumentazione tecnica e i fondi per  i pasti. Da circa due mesi a questa parte, dunque, qui e in tutta la città si distribuiscono complessivamente 2.400 pasti al giorno.

La latitanza dello Stato

La Croce Rossa locale ha messo a disposizione circa 40.000 euro in questo periodo per la gestione della crisi migratoria nella nostra città. Pensavamo che l’impegno sarebbe durato quattro mesi. Aspettavamo che dopo il primo periodo di «emergenza» lo Stato subentrasse e assumessela responsabilità in alcuni ambiti, decidendo chi faceva che cosa e suddividendo anche il peso finanziario della gestione complessiva. Tra noi talvolta scherziamo e diciamo che invece stiamo facendo noi lo Stato in questo momento. È la Croce Rossa di Bihac che cerca di coinvolgere eventualmente altri, perché lo Stato non fa nulla. L’unica cosa che ha fatto è di provare a rivolgersi alle organizzazioni internazionali più grandi affinché portino i finanziamenti in questa realtà. Noi stiamo soffrendo molto l’ingiustizia di questo sistema a partire proprio dallo Stato.

Con le organizzazioni umanitarie cerchiamo di creare il clima, le condizioni per l’accoglienza nei prossimi mesi, per creare strutture per i prossimi tempi. L’Organizzazione Mondiale per i Migranti prenderà in carico nei prossimi mesi totalmente la gestione della distribuzione del cibo e noi stiamo concordando con loro il tipo di alimenti che vanno preparati di settimana in settimana, perché l’autorizzazione viene da loro. Accanto a questi aspetti burocratici, non bisogna dimenticare il servizio e la disponibilità di tutti i volontari che ci hanno permesso di dare da mangiare a tutta questa gente. Va riconosciuta la grandezza di queste persone che hanno dato una mano in cucina, perché hanno fatto davvero un lavoro incredibile.

Quando il transito si fa permanenza

Bihac, con il nostro «studentato» di prima accoglienza, è un luogo di transito dei migranti verso la Croazia per raggiungere da lì, almeno nelle intenzioni e nel sogno, i paesi del nord Europa. Nessuno vuole rimanere nella regione dei Balcani, tutti mirano verso la Germania, Francia, Belgio e Norvegia. Ma i respingimenti alla frontiera croata trasformano il transito in condizione di permanenza intorno a Bihac. Quindi, adesso andiamo verso il dramma delle stagioni col grosso problema che sta per arrivare: quello meteorologico, le piogge e poi l’inverno molto freddo che c’è qui.

alloggio di fortuna a Bihac

Noi siamo vicini al confine con la Croazia. Tutta la zona di confine è montagnosa. Dobbiamo preparare quindi, e lo stiamo già facendo, dei gruppi che faranno il primo soccorso, perché temiamo che molte persone d’inverno avranno problemi quando cercheranno di attraversare i confini in quelle condizioni meteo. Stiamo cercando di coinvolgere il Ministero degli interni, l’Ufficio per stranieri e le autorità competenti per un progetto di equipe di intervento di emergenza per queste persone, che realisticamente potrebbero avere grossi problemi nell’attraversamento del confine e trovarsi in grossa difficoltà, proprio a rischio della vita.

Noi conosciamo bene qual è il clima d’inverno qui. Cominceranno a breve le piogge molto forti e poi un inverno duro. Questo renderà molto difficile, molto pesante per i migranti attraversare il confine. Sarà molto più complicato per loro. Alcuni rischieranno, dovranno comunque rischiare anche nelle condizioni più estreme per provare a passare in ogni caso. Dobbiamo anche collegarci con il servizio di assistenza e di emergenza della Croazia perché noi contiamo fino a un certo punto, poi deve intervenire qualcun altro. Bisogna il più possibile lavorare in maniera preventiva per evitare queste situazioni.

L’inverno dell’Europa

Pensiamo che ci sarà un grande arrivo di migranti nel prossimo periodo; che potrebbe raggiungere circa il 10% della popolazione locale (con tutto quello che comporta, soprattutto a livello di convivenza sociale, questa proporzione). Poiché le capacità di accoglienza delle persone non sono sufficienti, molti proveranno, prima del freddo, a trovare un’altra soluzione. Quindi per noi è un obbligo trovare una sistemazione e organizzare un servizio di assistenza perché prevediamo che, con i primi freddi, ci sarà un grosso flusso che vorrà provare a oltrepassare il confine, perché probabilmente sarà l’ultima finestra che avranno per passare in maniera sicura e quindi quel momento potrebbe essere molto critico.

Temo che molti migranti non capiscano seriamente quanto è duro l’inverno qui, per cui durante l’inverno potrebbero crearsi delle situazioni molto problematiche proprio perché anche i migranti stessi non conoscono quanto può essere difficile attraversare d’inverno il confine in queste zone. Se posso concludere con un’immagine, direi che l’inverno che si approssima, col suo gelo, è la dura realtà dell’inverno dei confini «congelati» dell’Europa stessa.

 

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