Il papa è Francesco!

di:
“papa della gente”
Una lieta sorpresa dello Spirito

La notte del 13 marzo 2013 resterà indelebilmente impressa nel cuore di tutti quelli che, come noi, furono testimoni dell’infinita misericordia di Dio, che ci ha promesso «non vi lascerò soli» (Gv 14,18); nella persona di Jorge Mario Bergoglio, poi papa Francesco, era confermata una certezza che la Chiesa ha sperimentato nei suoi ventun secoli di storia. Quella notte la Chiesa mostrò al mondo una vitalità sorprendente.

Quasi allo spirare di giorno – la sera del “Buona sera” del papa nuovo –, tutti sentimmo un odore di madia e l’aria dello Spirito che non ha mai lasciato la sua Chiesa, e che quella notte ci faceva respirare a pieni polmoni, ci faceva intuire la grandezza di chi, sapendosi piccolo, si affidava senza riserve nelle mani di Dio per iniziare un grande servizio nella Chiesa per il Regno.

Poi Francesco, con convinta insistenza, parlò di “Chiesa di Roma” e subito si sciolse nell’anima la vibrazione-fremito di una forte gioia teologica…

Poi l’inchino al suo popolo e fu “carezza dell’umiltà” sull’anima ormai desiderosa delle tue coccole paterne…

Poi ancora ha chiesto, a forte sorpresa, d’essere benedetto dal popolo cristiano prima di benedirlo lui con la formula solenne del libro liturgico…

S’inchinò infine in umiltà, con riverenza silente e prolungata, aspettando che la parabola della preghiera della Chiesa salisse all’Altissimo e riscendesse benedicente sul suo capo…

Francesco, col suo inchino c’insegna ancora che il nostro mutuo benedirci cuce il canto dell’amore paterno e il canto dell’ubbidienza filiale… Il suo umile inchino ha detto col suo silenzio che noi siamo creature sgusciate, consegnate ai venti più freddi finché non soccorrano la benedizione dei fratelli che promette un amore d’aiuto e la benedizione dei padri che assicura la custodia ai figli…

Il papa della gente

Si capì subito che vestiva panni di umiltà e che era il “papa della gente”, che la venerava perché «genta santa» (1Pt 2,9), la «gente radunata da ogni terra» (Ez 36,16-28), la “gente dei figli di Dio”, una volta dispersi e poi riuniti in famiglia dal Fratello necessario (Gv 11,52); la «gente di Pasqua» (card. A. Tagle), chiamata a testimoniare la gioia della risurrezione (cf. At 1,8; la “gente come casa di Cristo”, come dirà alcuni giorni dopo il papa nuovo: «Gesù non ha casa perché la sua casa è la gente, siamo noi, la sua missione è aprire a tutti le porte di Dio, essere la presenza di amore di Dio».[1]

Apparve a tutti che questo papa avrebbe avuto l’odore delle pecore e il popolo l’odore del pastore, come qualche tempo dopo sarebbe egli stesso espresso, mentre avrebbe iniziato ad esprimere l’amabilità del pastore, attivando quella “hilaritas” cristiana (K. Kasper), premessa ad una pastorale dell’attrazione a Cristo e al suo Vangelo. Il papa, a breve, avrebbe mostrato di preferire il linguaggio non verbale dei gesti simbolici (ne avrebbe posto tanti), sapendo che l’uomo del nostro tempo vuole anzitutto vedere, respirare, odorare di Vangelo la Chiesa e anche i suoi pastori.

Francesco è ancora il papa scelto dallo Spirito

Le scelte fatte da Francesco sin dagli inizi del pontificato sembrano corrispondere a questo criterio: dalla scelta di vivere in comunità, nella Casa Santa Marta in Vaticano, ai cambiamenti finora operati nella Curia romana, dal lavoro del gruppo degli otto cardinali, chiamati a pensarne la riforma, alla fiducia data al Sinodo dei vescovi e alla collegialità episcopale, dalle nomine cardinalizie, riflesso della mondialità della Chiesa, agli interventi coraggiosi sulla pace e sulla giustizia sociale, questo papa agisce con la libertà di chi intende solo piacere a Dio e cercarne la maggior gloria fra gli uomini, senza lasciarsi irretire da paure legate al passato, da possibili incomprensioni e resistenze nel presente, o da calcoli umani o troppo umani riguardo a possibili ricadute nel futuro.

Proprio così, è uno stile di Chiesa che viene rilanciato e proposto da lui: quello di una Chiesa che, come il Signore di cui è icona, opera e serva, deve passare fra gli uomini guardandoli con sentimento d’amore e facendo con umile fermezza le sue scelte di bene, lo sguardo in alto e il cuore in cielo, per comprendere e amare tutto ciò che è “in basso”, «miserando – appunto – atque eligendo».

Ma alcune domande s’imponono. Perché non si ricorda il lungo periodo di preghiera della Chiesa prima del conclave? Perché non si ricorda il trepidante evento del conclave, quando l’intera Chiesa invoca lo Spirito e finalmente si accoglie con gioia dal Dio trinitario il dono del papa nuovo? Un papa che prima è stato dono dello Spirito può diventare un soggetto esposto al bersaglio della critica metodica, organizzata, malevola “intra moenia”?

La Curia romana non è l’altra metà della Chiesa

Papa Francesco si è assunto l’incarico ad affrontare con chiarezza, severità e serenità il problema della riforma della Curia e, insieme, la determinazione a portarla avanti. Un impegno chiesto con forza al futuro papa negli incontri di pre-conclave. Egli ha istituito la commissione dei “G9” per studiare la riforma della Curia in modo organico.

Importanti sono stati i tre discorsi di papa Bergoglio alla Curia romana sul tema della sua riforma spirituale organizzativa. Essi sono stati pronunciati in occasione degli auguri natalizi: quello delle 15 “malattie” della Curia (22.12.2014), quello delle 12 “virtù” curiali (22.12.2015), quello sui 12 criteri di riforma della Curia e i 18 passi già compiuti per realizzarla (22.12.2016).

Osservando l’evolversi del papato bergogliano degli ultimi due anni palesemente, constatiamo, insieme al grande che il popolo cristiano dà a questo papa che sente vicino, fortemente significativo, semplice, severo e misericordioso, guida sicura e affidabile, un’estesa resistenza da parte di un blocco (dicono consistente) della Curia romana. Cosa innegabile, nonostante qualche incredibile affermazione di qualcuno, da ultimo, che la vorrebbe addirittura negare. Questo pronunciamento “negazionista” è incredibile e assai grave.

Un papa non partecipa, col suo servizio petrino, a un festival, con giudici di gara e simili… Due spunti per riflettere. Il primo: in nome di che cosa ci si costituisce in “tribunale permanente” per giudicare l’operato di un pontefice? Il secondo: ma che fine fa lo Spirito che si è invocato e poi si pone in discussione il suo dono? Ma quel “tribunale illegittimo” pone sotto processo anche lo Spirito?

Qui una sola glossa di mezza riga: la Curia non è l’altra metà della Chiesa.


[1] Francesco, Discorso all’Udienza generale (27 marzo 3013).

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2 Commenti

  1. pietro alestra 8 luglio 2017
  2. gianni pizzo 15 marzo 2017

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