Cattolici e destra radicale

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politica

Ernst Nolte, in uno dei suoi volumi (Controversie), ha sostenuto che la sinistra non l’ha inventata Marx, perché esisteva da sempre: l’eterna sinistra – così la definiva – che si radica nel pensiero delle religioni celesti e che solo nel corso dell’Ottocento ha conosciuto una, mai vista prima, opzione armata e violenta. Posta in tal modo, la discussione sulle colpe storiche del comunismo cambia: un conto è il comunismo comunitarista, altro quello che noi chiamiamo comunismo sovietico.

È evidente che andrebbe indagata approfonditamente la sostanza di questa eterna sinistra, per spiegare perché la sinistra politica non si sia ancora estinta nel mondo a tanti anni dalla fine dell’orrore sovietico, con i suoi gulag e il suo disastroso collettivismo. Per Nolte, l’eterna sinistra ha il profeta Isaia e Gesù tra i suoi punti d’origine.

Venendo ai nostri tempi ha scritto: «Nel contesto filosofico e sociale creato da Furier e da Owen fu coniato il termine socialismo, che venne contrapposto nel modo più fermo all’economia della concorrenza che rendeva gli uomini nemici tra loro facendo diventare l’uno ricco e l’altro povero. Solo in Babeuf era predominante l’idea della lotta di classe sanguinosa e quindi la disponibilità a distruggere tutto, purché l’eguaglianza regni sovrana».

Destra radicale

Analogamente, Umberto Eco ha parlato di un certo tipo di destra radicale quando, in una sua famosa conferenza, ha coniato l’espressione l’Ur-fascismo, ove il termine Ur, preso dalla lingua tedesca, sta per perenne o – come nella traduzione prescelta dai più – eterno, proprio nel senso dell’eternità indicata da Nolte.

L’Urfascismo è qualcosa che riguarda il confronto su quanto sta accadendo in Italia e non solo. L’importante è non cadere in equivoci e parlare di nostalgie per il fascismo storico. Non è questo il punto, almeno per me, così come con l’eterna sinistra il punto non può essere il partito unico o le derive violente.

Conta, invece, vedere i capisaldi culturali e le successive trasformazioni di entrambi e rendersi conto che del perenne fascismo qualcosa ci riguarda e riguarda in particolare gli elettori cattolici, non certo marginali nella recente vittoria di Fratelli d’Italia e in passato della Lega.

Trovo interessante unire la tesi di Nolte e di Eco con la convergenza di definizioni così lampanti: piena, se gli autori avessero scritto eterna sinistra ed Ur-destra.

In una felicissima sintesi della seconda parte del testo di Eco, Giorgio Barberis così riassume gli archetipi che si intersecano, a volte anche in modo contraddittorio, in questo fenomeno politico dell’Ur-fascismo:

  • il culto della tradizione e la fede in una verità rivelata ab origine che deve essere solo correttamente individuata, interpretata, conosciuta e difesa, al di là delle sue manifestazioni apparentemente contraddittorie;
  • l’irrazionalismo, o – più precisamente – il rifiuto del modernismo più saldo e più forte dell’entusiasmo, talora pur presente, riguardo alla tecnologia;
  • il culto dell’azione per l’azione, ossia il sospetto nei confronti del mondo intellettuale e l’ostilità verso la cultura e le sue complicazioni dal momento che il dubbio paralizza e la riflessione rallenta la marcia;
  • il rifiuto della critica e del dissenso, che viene letto come un tradimento;
  • la paura della differenza, del pluralismo, e il conseguente corollario di chiusure xenofobe e di derive razziste, più o meno dispiegate;
  • in considerazione, poi, del fatto che l’Ur-fascismo scaturisce dalla frustrazione individuale o sociale, uno dei suoi elementi fondanti è proprio l’appello alle classi medie frustrate, «a disagio per qualche crisi economica o umiliazione politica, spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni»;
  • altra caratteristica centrale e coerente con gli elementi appena descritti è la costruzione oppositiva di un’identità nazionale che si determina contro un nemico interno o esterno alla comunità, il quale trama contro di essa e da cui deriva l’ossessione Ur-fascista del complotto, che viene ad assumere tratti stereotipati, tanto netti da annullare, peraltro, ogni possibilità di valutazione obiettiva della situazione reale, nonché dell’equilibrio effettivo delle forze in campo;
  • contro questo nemico l’unica opzione possibile è una guerra permanente, sino alla vittoria definitiva;
  • il conseguente culto dell’eroismo e della morte, intesa come la migliore ricompensa per una vita eroica;
  • un malcelato e, talvolta, aperto, machismo, che implica spesso il «disdegno per le donne e una condanna intollerante per le abitudini sessuali non conformiste, dalla castità all’omosessualità»;
  • un forte spirito gerarchico e la devozione a un capo carismatico con un certo disprezzo per il parlamentarismo, incapace di interpretare e rappresentare correttamente la presunta volontà comune di un popolo che si sente eletto perché plasmato e condizionato dalla TV e da Internet, strumenti micidiali di un populismo che Eco definiva qualitativo, poiché questo popolo non esiste di per sé, ma è un’idea che prende voce e forza nelle piazze e nelle parole dei leader che lo rappresentano: dunque, un’astrazione o una «finzione teatrale».
Cristianesimo e Ur-fascismo

Era il 25 aprile del 1995 quando Umberto Eco, intervenendo alla Columbia University, tracciava questo attualissimo profilo di un pensiero politico che, a mio avviso, contiene molti dei motivi che hanno spinto e spingono larghi settori del cattolicesimo tradizionalista verso partiti di destra, quali  la Lega ieri e Fratelli d’Italia oggi. È questo che mi interessa.

A me sembra che la domanda più importante sia questa: il cristianesimo di Cristo può essere Ur-fascista? Quella che molti hanno denominato cultura cristianista – non cristiana – se ieri ha vissuto la sua certezza di essere la societas perfecta da imporre a tutti ovunque, oggi non sente il gusto politico delle guerre culturali ove si prevale – o si soccombe – contro il modernismo e gli altri suoi surrogati?

Questi cattolici, posti davanti al rischio esistenziale rappresentato dall’estremismo avverso, si arroccano e radicalizzano a loro volta. È qui che nasce una spirale di opposti estremismi sempre più estremi e indispensabili l’uno all’altro? È per questo che Nolte parla anche del nazismo come di un «bolscevismo anti-bolscevico»?

Non tutto è, certamente, riferibile alla destra che vediamo oggi. L’Ur-fascismo ci viene presentato da Eco come sincretista, cosa che non sembra corrispondere al dato odierno, almeno apparentemente. Il sincretismo di cui parla Eco è funzionale all’idea che non può esserci avanzamento del pensiero: «La più importante fonte teoretica della nuova destra italiana, Julius Evola, mescolava il Graal con i Protocolli dei Savi di Sion, l’alchimia con il Sacro Romano Impero»: interessante, se si pensa a certi inneschi nel Pantheon Ur-fascista, del calibro di Che Guevara e dello stesso Gramsci.

La sinistra marxista ha sempre rifiutato il riferimento – per me piuttosto evidente – all’eterna sinistra da matrice religiosa. Ma l’utopia marxista-leninista di creare l’uomo nuovo da dove sarà mai venuta? E perché mai Mosca è stata, per molti, la capitale della Terza Internazionale e la Terza Roma dell’impero del bene contro l’impero del male occidentale? Il rifiuto di Dio ha spinto la branca dell’eterna sinistra a rifiutare un teologo di riferimento, accettando, al massimo qualche interlocuzione episcopale.

La destra – convinca o no l’etichetta di Ur-fascista – ha invece cercato i suoi teologi in modo ostentato. È una consulenza che pesa perché, se il cuore politico del centro destra sta ora nella rabbia degli impoveriti e degli sconfitti della globalizzazione del crescente disagio urbano, la spiegazione in termini di teologia tradizionalista e antimodernista rende il tutto politicamente più assoluto e aggressivo.

La Chiesa e il tradizionalismo

Da ciò deduco che tradizionalismo e antimodernismo saranno le chiavi culturali prescelte dalla destra per rimuovere il conciliarismo e ovviamente la sinodalità, cioè l’essenza del papato di Francesco, vero ostacolo a quello che – grazie ad Eco – ritengo un fenomeno molto evidente: il desiderio di correre nell’irrazionalismo da parte dell’Ur-fascismo.

Per capire questo desiderio bisognerebbe parlare degli errori e delle deviazioni proprie del razionalismo, convinto – non tutto per fortuna – che, così come esistono leggi fisiche universalmente valide, anche per l’essere umano esista una ricetta universale di felicità, ovviamente conosciuta dalla scienza e applicabile a tutti, dall’umanità del piccolo villaggio amazzonico a quella di New York.

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