Chiesa italiana-abusi: il podcast “La Confessione”

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Giorgio Meletti, Ferica Tourn, Jerry Italia, Eleanna Parassiti, Pierelisa Rizzo e Antonio Messina.

Giorgio Meletti, Ferica Tourn, Jerry Italia, Eleanna Parasiliti, Pierelisa Rizzo e Antonio Messina

Mercoledì 10, Giorgio Meletti e Federica Tourn sono andati a presentare il nostro podcast La Confessione in Sicilia, a Enna, là dove tutto è cominciato, dove si svolge la vicenda che è al centro dell’inchiesta. Quella di Antonio Messina che denuncia gli abusi subiti da don Giuseppe Rugolo e si scontra con l’insabbiamento a opera del vescovo Rosario Gisana, fino a quando non porta il suo caso in Procura. E fino alla condanna di Rugolo, il 5 marzo, con la diocesi responsabile in solido per la parte civile. Io non sono potuto andare, e allora ho chiesto a Giorgio Meletti di scrivere per la comunità di Appunti un racconto di quella che è stata − a modo suo − una serata storica, che ha riempito di senso il lavoro di questi mesi intorno a La Confessione. Grazie a Giorgio per il suo pezzo e grazie alla comunità di Enna per aver dimostrato che il tentativo del vescovo Gisana per insabbiare la vicenda di Rugolo e silenziare la storia, nella speranza che i fedeli la dimenticassero presto, è fallito (Stefano Feltri).

Gli autori del podcast La Confessione (che può essere ascoltato su Spotify) vanno a presentare il loro lavoro a Enna, la città dove si sono svolti i fatti, ed è invece la città che si presenta a loro ma soprattutto a sé stessa, si guarda allo specchio e vede riflessa, con un po’ di sorpresa, l’immagine forse inedita di una comunità di «cattolici adulti».

Enna è famosa per essere, con i suoi oltre 900 metri di altitudine, il capoluogo di provincia più alto d’Italia ed è al centro della Sicilia, equidistante da Palermo e Catania, due ore di treno da una parte, due ore di treno dall’altra. Insomma, uno dei posti più isolati d’Italia.

Un quarto d’ora prima dell’orario di inizio la sala del centro culturale Alkenisa è già piena, talmente piena che molti di coloro che arrivano semplicemente puntuali non trovano posto e restano ad ascoltare da fuori.

Sono almeno 150 le persone accorse e, siccome Enna ha 25 mila religiosissimi abitanti, in termini aritmetici è come se a Roma 15 mila persone intervenissero alla presentazione di un podcast.

In realtà de La Confessione sanno già tutto, hanno tutti già ascoltato i primi cinque episodi (il sesto uscirà mercoledì 17 aprile, il settimo e ultimo episodio il 24 aprile), e subito si capisce che non si accalcano nell’Alkenisa per sola curiosità: vogliono proprio esserci e far vedere che ci sono.

Ci mettono la faccia, prendono la parola e, mentre i giornalisti fanno ciò che devono, cioè ascoltare, la presentazione del podcast si trasforma in una spontanea assemblea di «cattolici adulti», che è la formula con cui Romano Prodi si ribellò al cardinale Camillo Ruini (suo amico personale oltre che capo dei vescovi italiani) che voleva imporre l’obbedienza sul tema della fecondazione assistita.

A Enna prendono la parola e ripetono il loro imperativo categorico: «Adesso dobbiamo fare qualcosa anche noi».

I fedeli che si ribellano contro il clero. Difficile comprendere il momento senza andare a Enna per misurare le proporzioni.

Quanto conta don Rugolo

Giuseppe Rugolo, il parroco che il 5 marzo scorso è stato condannato in primo grado a 4 anni e sei mesi per violenza e tentata violenza sessuale su tre ragazzini affidati a lui dalle famiglie, da un punto di vista internazionale è la prova che l’Italia, buon’ultima, comincia pur faticosamente a fare i conti con la vocazione pedofila dei sacerdoti cattolici; da un punto di vista nazionale è un piccolo oltre che insignificante prete della periferia morale oltre che geografica del paese. Ma, dal punto di vista ennese, che è quello direttamente connesso con la realtà, Rugolo è uno dei sacerdoti più importanti e popolari della città, è amato e temuto e rappresenta pienamente il potere e insieme l’arroganza del clero, il cui regista è il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana.

Sì, Enna è uno dei rari casi di capoluogo di provincia che non è sede vescovile. Vuole la leggenda che fu fatta capoluogo durante il fascismo per penalizzare le più qualificate Caltagirone e Piazza Armerina, considerate feudi dell’antifascista Luigi Sturzo. Ecco spiegato perché a Enna il sacerdote leader era Rugolo.

Fino a che, il 17 dicembre 2020, un giorno importante per la storia di Enna, Antonio Messina denuncia Rugolo alla procura della Repubblica, accusandolo di violenza sessuale. Due mesi dopo, il 10 febbraio 2021, la corrispondente dell’Ansa, Pierelisa Rizzo, dà la notizia che Rugolo è indagato.

Il parroco reagisce incredulo, non riesce a darsi una spiegazione, non capisce come si possa essere chiamati a rispondere in tribunale di quella che definisce una stupidata, al massimo un peccato di quelli che cancelli confessandoti.

Chi ha ascoltato La Confessione conosce la storia. Il vescovo Gisana fa di tutto per insabbiare. Il Rugolo viene arrestato, processato e condannato. Ebbene, dopo oltre tre anni, la sera del 10 aprile, il centro culturale Alkenisa ha ospitato la prima discussione pubblica sul caso Rugolo.

Qualcosa è cambiato

Antonio Messina, la sua avvocata Eleanna Parasiliti e la stessa Pierelisa Rizzo, che in questi anni hanno fatto squadra in una battaglia tre contro tutti, organizzando la presentazione del podcast per la prima volta hanno provato a misurare la temperatura dell’opinione pubblica di Enna. E il risultato ha sorpreso loro stessi per primi: dopo anni di scetticismo, se non di aperta ostilità, il vento è cambiato.

Il primo impatto è la sala piena con 150 persone stipate, moltissimi in piedi. Il secondo è la reazione alle parole di Antonio Messina. L’uomo che ha denunciato Rugolo è ancora all’attacco, da «cattolico adulto», visto che la sua vicenda non lo ha allontanato dalla pratica religiosa.

Ce l’ha con il vescovo Gisana, l’uomo che ha preso in giro lui e i suoi genitori per anni, facendo trascorrere i mesi forse pensando che, come in molti altri casi simili, fosse possibile trascinare le cose fino alla prescrizione.

Dice Messina: «Dopo la sentenza di condanna di Rugolo non abbiamo sentito una sola parola di condanna o di semplice commento da parte di Gisana. Per anni è stata fatta passare l’accusa che io avessi denunciato Rugolo per smania di protagonismo. Ma adesso che lo hanno condannato deve pagare anche chi lo ha coperto». Qui scatta l’applauso più forte della serata. La piccola folla di cattolici adulti ennesi si è schierata.

E così Messina, poi Rizzo, poi Parasiliti riescono per la prima volta a parlare in pubblico dei prezzi che hanno pagato in questi anni per non aver chinato la testa di fronte alle prepotenze di un clero sessuomane.

Parasiliti racconta con la precisione dell’avvocato: «Il 2 luglio 2021 ho dovuto giustificare a un poliziotto la mia presenza in chiesa con mio figlio di 5 anni. Temevano che fossi lì per fare gesti eclatanti contro Gisana. Oggi devo dirvi che non posso più andare in chiesa perché per me non è più un posto sicuro».

Rizzo ricorda l’isolamento e gli insulti subiti ma anche i nomi e cognomi di altri sacerdoti della diocesi coinvolti in storie di pedofilia, non tutte finite in tribunale perché non sempre le vittime hanno voglia di denunciare.

Il clero ennese, ampiamente intercettato durante l’inchiesta Rugolo, parla di sesso al telefono (dei propri ma soprattutto degli altrui peccati) come se praticarlo o comunque occuparsene fosse il vero core business dei religiosi. La giornalista fa ascoltare pezzi di audio provenienti dagli atti dell’inchiesta e si vedono in sala facce attonite, riconoscono le voci di sacerdoti a cui hanno affidato le proprie vite e faticano a credere che tra loro parlino così.

Così, quando viene fatto girare il microfono per le domande, quasi se lo strappano di mano ma non hanno niente da chiedere, vogliono solo prendere posizione e farlo in pubblico.

«Lamentiamo giustamente che il sindaco di Enna non ha voluto costituirsi parte civile nel processo a Rugolo − dice un uomo −, ma penso che dovremmo noi costituirci parte civile come comunità cattolica».

Una psicoterapeuta riferisce: «Mi chiedono perché i giornali parlano solo di Rugolo e non di altri casi che conosciamo benissimo qui a Enna».

Un docente universitario chiede a Messina come fa a mantenere la fede dopo quello che gli è successo.

Una donna ringrazia tutti, non si capisce se i giornalisti o Messina e la sua legale, ma non importa, forse fa bene a non distinguere: «Ci avete fatto cadere le fette di salame dagli occhi».

Più d’uno riconosce ai giornalisti, a Pierelisa Rizzo e a quelli che le hanno dato sponda sui giornali nazionali, il paradossale merito di aver protetto gli ennesi dai loro sacerdoti.

Il culmine della serata è l’intervento di Sergio Cullurà, è venuto apposta da Randazzo, cittadina da 10 mila abitanti ai piedi dell’Etna, oltre 100 chilometri da Enna:

«Voglio dire a Antonio Messina che è stato fortunato perché ha avuto giustizia, mio figlio invece no, ed è anche colpa mia, non me lo perdono e mi vergogno di non avergli creduto all’inizio. Perché la nostra famiglia era profondamente inserita nella Chiesa, noi avevamo un prete che era figlio e fratello, ha fatto crescere i nostri figli in un ambiente che credevamo sano, e invece… quando mio figlio è andato a dire al vescovo che cosa aveva subito quello gli ha riso in faccia e gli ha detto: “Forse quel sacerdote si è innamorato di te”».

Cullurà si è sbattezzato e oggi fornisce volentieri istruzioni per chi volesse seguirlo su quella strada. La storia di suo figlio è finita con la prescrizione. Che per la Chiesa di oggi equivale alla beatificazione.

  • Pubblicato sul Substack Appunti di Stefano Feltri il 13 aprile 2024

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Un commento

  1. Pier Giuseppe Levoni 17 aprile 2024

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