La Facoltà teologica Triveneto compie 20 anni

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Padova, 18 febbraio 2025. Al Dies academicus è stata letta la lettera di papa Francesco, che ringrazia la Facoltà per il servizio che sta svolgendo e la incoraggia a proseguire nel cammino tracciato. La prolusione di mons. Francesco Moraglia ha toccato alcuni nodi della cultura contemporanea, in cui la Facoltà opera a servizio delle Chiese e della società del Nord-est.

«Incoraggio l’intera famiglia accademica a perseverare nella collaborazione alla missione della Chiesa, per diffondere il messaggio di Cristo nel mondo, fedele alla genuina tradizione, ma aperta a leggere i segni dei tempi». Papa Francesco ha inviato al preside della Facoltà teologica del Triveneto, don Maurizio Girolami, una lettera in occasione del ventennale dell’istituzione accademica.

Il valore dell’istituzione accademica

Le parole del pontefice sono state lette durante il Dies academicus, martedì 18 febbraio 2025. «Si tratta di raccogliere con coraggio le nuove sfide per portare efficacemente la verità del Vangelo all’uomo contemporaneo – prosegue il messaggio del papa –. Per aggiungere questo obiettivo, la vostra Facoltà è chiamata a essere sempre più luogo di formazione non solo attraverso lo studio e l’approfondimento della teologia, ma anche con la testimonianza cristiana di ciascuno. Auspico che i docenti sappiano aiutare soprattutto i giovani a realizzare sé stessi sulla base della verità, del bene e della bellezza che hanno la loro fonte in Dio. Con tali sentimenti, rinnovo la mia gratitudine per l’importante missione educativa finora svolta».

L’inaugurazione dell’anno accademico 2024/2025 ha avuto come filo conduttore uno sguardo sulla cultura in Europa e per l’Europa. «Un tema che interessa tutti noi – ha sottolineato il preside, don Maurizio Girolami – poiché si comprende bene che negli scenari mondiali emergenti l’Europa, con tutto il tesoro di cultura e civiltà che porta con sé, rischia di essere schiacciata e di divenire insignificante». Con rinnovata attenzione all’impegno universitario, «con i nostri vent’anni di vita desideriamo continuare a essere luogo di ricerca, terreno dove saperi e menti si incontrano e si scontrano e, per amore della verità, fanno crescere il bene comune».

Nella sua relazione il preside ha richiamato il valore dell’istituzione accademica come «un’alta espressione delle nostre Chiese che vivono tensioni, spinte e fatiche, per non lasciarsi irrigidire dalla ricca storia del passato e che vogliono vivere protese verso il Cristo che viene a dire l’amore del Padre per questo mondo. Celebrando questo anniversario, nel contesto dell’anno giubilare dedicato alla speranza e a pochi mesi dalla chiusura del cammino sinodale della Chiesa in Italia, ribadiamo l’impegno della teologia a essere luce che, usando la ragione e allargandone gli orizzonti alle porte del trascendente, sa dire le parole necessarie per far nascere la speranza».

Il vice gran cancelliere, mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, nell’anno giubilare che chiama a essere pellegrini di speranza, ha affermato: «Noi pastori della Chiesa invitiamo tutti voi a non stancarvi del viaggio intrapreso, ben consapevoli che studiare è sempre una fatica; vi invitiamo a tenere lo sguardo fisso sull’essenziale della vita e della fede, perché l’impegno nella formazione cristiana, anche attraverso lo studio, diventi quel vino buono trasformato da Gesù a Cana di Galilea. Si studia teologia per ascoltare con attenzione la voce del maestro e imparare a fare quello che Lui ci dirà, con il coraggio di abbandonare modi di pensare, schemi culturali e paure che rallentano il nostro pellegrinaggio della fede. Ma, allo stesso tempo, con la consapevolezza che abbiamo ragioni che possiamo unire alla scienza e all’intelligenza umana con le quali possiamo dialogare con stima e amicizia».

La prolusione di mons. Francesco Moraglia

Sulla complessa e lacerata cultura contemporanea, in cui la Facoltà opera a servizio delle Chiese e delle comunità civili del Nord-est mettendo in gioco le sue competenze, si è sviluppata la prolusione Quale cultura per l’Europa? Ragioni di speranza nel tempo dello smarrimento: interpretare il presente, progettare il futuro, tenuta dal gran cancelliere Francesco Moraglia, patriarca di Venezia. «La Facoltà è comunità di docenti e di studenti – ha affermato – e s’impegna a servizio del sapere scientifico (didattica e ricerca) considerando la realtà in tutte le sue dimensioni; sì, è un laboratorio di cultura filosofica e teologica che si applica e non si adatta in modo acritico alle affascinanti sfide che la cultura oggi ci propone. Infatti, nell’epoca delle tecnoscienze e, in specie, dell’Intelligenza Artificiale, si deve guardare con empatia l’uomo, come chiede il pensiero di Cristo che anima il nostro essere e si fa pure nostro pensiero».

Il patriarca ha delineato alcuni tratti essenziali riguardanti la cultura odierna:

  • la crescente assolutizzazione del principio della soggettività che finisce per sostituire il principio-persona;
  • la profonda solitudine dell’uomo del nostro tempo, aggravata da relazioni smaterializzate, disincarnate, leggere e non impegnative;
  • la spersonalizzazione delle attività umane «percepibile in modo trasversale pressoché in tutti gli ambiti delle esperienze, dalla vita politica ai rapporti di lavoro, dalla formazione universitaria alla sanità pubblica».

E ancora ha sottolineato: «Nella scissione di tutti i legami di senso con ciò che lo precede e lo circonda, con tutti i significati del vivere dotati di una qualche stabilità, il soggetto ritiene di conseguire la massima libertà. Una libertà pensata in astratto, concepita per assenza di proposte sostantive di senso, che è propriamente il cuore del nichilismo contemporaneo, e si riflette nel fraintendimento del principio di laicità inteso come neutralizzazione/assenza nel campo della vita pubblica di ogni connotazione di senso religioso storicamente determinato che rimandi alla trascendenza come orizzonte ultimo. Progetta così, più o meno inconsciamente, il proprio sradicamento. Come se una pianta potesse vivere dopo essersi sottratta al terreno che la nutre».

Contro la patologia dello sradicamento, mons. Moraglia ha richiamato valori e principi. «La cultura occidentale europea che ha operato la sintesi fra Atene, Gerusalemme e Roma – articolandone pensiero e motivazioni – s’identifica nell’universalità dei valori e dei princìpi che esprimono l’umano di ogni tempo e di ogni luogo a partire dalla dignità intangibile della persona. L’uomo di oggi non manca di tutte le spinte interiori profonde capaci di orientarlo ancora al Vero e al Bene, e a incontrare attraverso di essi – nell’unità fondamentale dell’esperienza che da moderni chiamiamo soggetto e che dovremmo chiamare persona – l’Unità dell’essere di Dio, che lo trascende e che costituisce il riferimento ultimo di senso, senza il quale straripa quella visione nichilista che si ritorce, infine, nell’auto-delegittimazione dell’uomo contemporaneo e dell’atteggiamento autodistruttivo, nell’odio di sé, nella decostruzione di tutto, fino al sostrato della natura stessa che lo precede e lo nutre, come prodotto di una cultura avvertita come “limite condizionante”, anziché come “condizione d’esserci” e come tale da ripudiare e rimuovere».

«Le ragioni di speranza, e non per un futuro astrattamente migliore, ma per un rinnovato vissuto di realtà saldamente ancorato all’esperienza e alle coordinate fondamentali di orientamento esistenziale, – ha proseguito il patriarca – sono ancor oggi riposte nella capacità di universalità che è capacità di Verità, di Bontà, di Bellezza e, attraverso queste, di Dio, che qualifica nell’intimo il cuore dell’uomo, anche quando sembra dirottarsi dalle sue fonti primarie di senso e perdersi inseguendone le fuorvianti apparenze».

Tornando ai vent’anni di vita della Facoltà, il gran cancelliere ha espresso un ringraziamento «a tutte le donne e gli uomini che si sono succeduti, in questi anni, nell’ambito del governo della Facoltà, della ricerca, della didattica, dell’amministrazione, ai diversi livelli, in particolare gli studenti – chierici, consacrati/e, laici –: è per loro che la Facoltà è stata costituita e vive a servizio non solo delle nostre Chiese ma, anche, del nostro territorio, della nostra gente, perché la cultura sia sempre in grado di interpellare e interessare tutte le dimensioni e le corde dell’uomo; tutte, nessuna esclusa».

Infine, il patriarca ha rinnovato l’augurio affinché la Facoltà «sappia farsi interprete della verità dell’uomo del nostro tempo, che è l’uomo di sempre nella luce di Dio».
Richiamando la metafora della luce, a cui papa Francesco ha paragonato la teologia, il patriarca ha concluso: «La nostra Facoltà possa essere luce gentile e irradiante, andando anche oltre l’ambito di coloro che partecipano a percorsi di formazione accademica e, per tutti, si ponga come strumento d’intelligenza della fede per gustare la bellezza delle cose di Dio in una reale e gioiosa immersione nella vita di grazia».

La voce degli studenti

Edoardo Tasinato, al secondo anno del ciclo di licenza, ha portato la voce degli studenti, sottolineando tre dimensioni che permeano la vita all’interno della Facoltà: la ricchezza dell’offerta formativa, la centralità delle relazioni e il desiderio di una maggiore corresponsabilità.

Ha inoltre riportato alcune criticità: «In primo luogo, la frustrazione che a volte viene provata da chi, dopo un percorso di cinque anni o più, tocca con mano l’impossibilità di mettersi al servizio della propria comunità o della propria diocesi, in quanto, al di fuori dell’insegnamento della religione cattolica, non esistono ancora degli spazi e dei ruoli ben definiti per i laici che hanno conseguito la laurea in scienze religiose o in teologia. Chiediamo, pertanto, ai vescovi del Triveneto di valorizzare maggiormente coloro che si sono formati per servire la Chiesa locale e, inoltre, avendo a cuore il futuro della Facoltà, facciamo un appello affinché essa continui a essere sostenuta economicamente dalle diocesi del Triveneto, anche attraverso l’istituzione di borse di studio o in altro modo».

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