I processi di cambiamento avvengono quando si ha il coraggio di guardare dal di dentro le cose che non vanno.
Il dolore fisico si fa sentire e, per un certo periodo, si può anche far finta che… Fino a un certo punto però. Diversamente, si potrebbe incorrere nel peggio.
La stessa cosa quando il dolore è dentro, nel profondo di sé. Depressioni, attacchi di panico, dipendenze, ansie che bloccano o squinternano non nascono dal niente.
Non si guarisce cercando il colpevole, ma facendo emergere i vuoti che stanno nel profondo. A volte è proprio il caso di scomodare l’inconscio. Anche se trovare il colpevole potrebbe essere utile per evitare che continui a procurare danni!
Vorrei però aprire un discorso sui danni provocati dalle istituzioni.
Più si è superficiali e meno ci si rende conto.
E le istituzioni fanno di tutto per promuovere la superficialità. Bloccano quel minimo di comprensione che essere scemi non è molto promozionale!
«Che i più tirano i meno è verità
Posto che sia nei più senno e virtù
Ma i meno, caro mio, tirano i più
Se i più trattiene inerzia o asinità».
Così a suo tempo il poeta Giuseppe Giusti.
Carl Gustav Yung, filosofo psichiatra e psicanalista svizzero, parlava di Inconscio collettivo. Forse lo si può interpretare come deposito di un rimosso sociale che blocca e condiziona la consapevolezza diffusa.
Nell’inconscio collettivo la rimozione del buon senso. Più si è massa e maggiore è la ragione! Molto preoccupante quando questa convinzione diventa fenomeno culturale che invade completamente tutti i sistemi.
Purtroppo anche quelli di cura, come succede nelle comunità terapeutiche quando agli ospiti viene negato il protagonismo. Riflessione di passaggio che, in seguito, potrei riprendere perché mi sta a cuore. Qua però vorrei rimanere sulle istituzioni che promuovono la superficialità per comandare sulle masse.
Succede anche all’istituzione Chiesa quando propone quella falsa missionarietà che propone l’indottrinamento massivo. Senza identità e quindi qualunquista.
Domanda: come se ne esce? Ho assistito (e pagato anche le conseguenze per aver contrastato tale comportamento) al picchiare i bambini per metterli in riga, perpetrati da religiosi che possedevano la verità pedagogica. Per non parlare dei sensi di colpa inculcati nel nome di un dio fatto diventare Super-Io tiranno.
Occorre prendere atto che i reati commessi potrebbero essere indotti da un sistema contraffatto i cui responsabili stanno nella massa.
Il semplice gioco di guardie e ladri per trovare i colpevoli non produce cambiamento. E neppure la giustificazione dicendo che “erano altri tempi”. È giusto cercare i colpevoli e i responsabili delle coperture, ma non è sufficiente per cambiare il sistema.
Il compito di ogni istituzione dovrebbe essere quello di capire le dinamiche che producono comportamenti disdicevoli. E questo soprattutto per la Chiesa che dice di avere Gesù come maestro.
Marco al capitolo 10, versetto 21 scrive che Gesù «fissò lo sguardo su di lui e lo amò», anche se sapeva che poi si sarebbe allontanato perché un po’ troppo ricco. Marco 8, 29: «E voi chi dite che io sia?». Per il coinvolgimento personale nelle scelte che contano. In genere, Gesù operava in questo modo.
Non si può essere lievito nella massa e, contemporaneamente, far parte della massa senza lievito.
Forse tutto è cominciato quando a Pietro hanno messo la tiara. Il rimosso collettivo si colloca nel vuoto creato dall’aver dimenticato le colonne portanti. Occorre riscoprirle attraverso la ricerca costante nel Vangelo. Comporta fatica e, a volte, anche degli errori, che però spesso sono meglio delle assolute certezze date per scontate.
È vero che la responsabilità dei reati è personale e che nell’inconscio collettivo non ci stanno i colpevoli, ma è il prenderne atto che promuove il cambiamento. Come succede quando ognuno di noi sta male nel profondo e decide di farsi aiutare.
Forse con l’introduzione, più o meno scientifica, dell’inconscio collettivo ho complicato le riflessioni, ma credo siano da preferire le riflessioni complesse alla superficialità diffusa. Spesso comoda alle istituzioni!
Mons. F. Savino, vicepresidente CEI e vescovo di Cassano dell’Ionio, in un recente incontro, invitava i presenti all’hackeraggio, come impegno a squinternare le istituzioni per ritornare a ciò che conta.
Sacrosanta verità contiene quest’articolo: lo riscontro da tempo anche nella mia chiesa. Una superficialità imperante; sembra si faccia apposta a scegliere tra i pusillanimi e i narcisisti le persone da mettere al comando e le guide delle comunità.
Temo però che nella società attuale abbondino gli immaturi e quindi sia impossibile coprire tutti i posti, lasciati vuoti dalle precedenti generazioni, con persone mature e responsabili.
Molti rinunciano a ruoli di responsabilità in quanto ‘ingrati’, ovvero fonti di stress e rogne, con problemi sempre più gravi e gente pronta più a criticare che ad aiutare.
E quindi si ritirano nel loro piccolo orticello, ovvero qualche ruolo di servizio che ripaga i sacrifici e gli sforzi con qualche soddisfazione almeno morale.
I narcisisti purtroppo invece non soffrono di questo problema, in quanto sono privi di empatia e le critiche su di loro scivolano come l’acqua sulla roccia