Bielorussia: il caso Kondrusiewicz

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dimissioni Kondrusiewivcz

Una breve cronistoria degli ultimi eventi in Bielorussia è utile per collocare l’articolo che pubblichiamo (cf. SettimanaNews: L’asse Lukashenko-Putin-ortodossia; Protesta, donne e Chiese):

9 agosto 2020. Il risultato ufficiale delle elezioni riconosce a Aleksandr Lukashenko un’ampia vittoria. Subito contestata come fraudolenta. Cominciano imponenti dimostrazioni pubbliche anti-governative che durano per settimane.
31 agosto. Mons. Tadeusz Kondrusiewicz, vescovo e metropolita di Minsk,  è bloccato al confine polacco-bielorusso e gli viene impedito di rientrare in Bielorussia. Non è più riconosciuto come cittadino del paese.
6 settembre. Il santo sinodo di Mosca elegge vescovo ortodosso di Minsk, il metropolita Benjamin. Monaco di formazione, di indirizzo spirituale e di nazionalità bielorussa è chiamato a governare le tendenze antigovernative e filo-autocefale presenti nella Chiesa.
11 settembre. Incontro di alcune autorità di governo con mons P. Gallagher, segretario per i rapporti con gli stati della Santa Sede. Fra i temi del colloquio: il rientro del metropolita cattolico. È accompagnato da mons. A. Mennini che propizia un incontro con il metropolita ortodosso.
2 novembre. Parlando con il metropolita ortodosso Benjamin, il presidente Lukashenko parla di un rapporto diretto col papa e del suo possibile viaggio nel paese. Accenna anche a un tema spinoso per lui: la formazione del clero cattolico che dovrebbe avvenire nel paese e non dipendere dalla Polonia.
6 novembre. Entra in funzione il nuovo nunzio apostolico, mons. Ante Jozic, che riceva calorosi saluti dal presidente del paese, enfatizzando la distanza fra Chiesa locale e Santa Sede.
25 novembre. In un messaggio la Conferenza episcopale bielorussa parla di una crisi che si sta aggravando e di una violenza che non si ferma, chiedendo una soluzione pacifica al conflitto sociale.
9 dicembre. Viene resa nota una lettera della leader in esilio, Svetlana Tikhanovskaya, rivolta al papa in cui qualifica la crisi del paese non solo politica, ma anche morale indicando in mons. Kondrusiewicz il possibile e credibile mediatore.
10 dicembre. Notizie stampa parlano di 4 preti cattolici incarcerati. Il vicario generale di Minsk, mons. Y. Kasabutsly, afferma: «In tutta la Bielorussia stiamo vivendo sotto un sistema di repressione e anche la Chiesa cattolica subisce questa repressione».
17 dicembre. Visita  a Lukashenko di mons. Claudio Gugerotti, attuale nunzio in Gran Bretagna ed ex nunzio in Bielorussia. Incontro molto cordiale in cui si approfondisce la possibile soluzione per il rientro del metropolita cattolico.
20 dicembre. Porta questa data una lettera pastorale per il 2021 di mons. Kondrusiewicz su La Chiesa come sacramento di salvezza in cui illustra la dottrina del concilio sulla «sacra mentalità» della Chiesa. Nel testo si fa memoria della ricostruzione della gerarchia cattolica del paese a partire dal 1989. Oggi la Chiesa cattolica in Bielorussia ha quattro diocesi: Minsk-Mogilev, Vitebsk, Grodno e Pinsk.
21 dicembre. Il presidente bielorusso emette un decreto contro ogni forma di dissenso religioso nei suoi confronti. Invita il nuovo capo del dipartimento per le religioni e le nazionalità a punire severamente quanti minacciano la pacifica convivenza del popolo nello stato.
23 dicembre. Il nunzio apostolico, mons. Ante Jozic, annuncia il rientro del metropolita Kondrusiewicz nel paese e firma, assieme ai responsabili ortodossi, musulmani ed ebrei, un appello in favore della pace nel paese.
24 dicembre. Mons. Kondrusiewicz celebra in cattedrale la messa della notte del Natale. In una conferenza stampa racconta di aver fatto fermare la macchina subito dopo il confine per baciare la terra bielorussa e motiva la sua visita in Polonia per ragioni familiari e per controlli di salute, senza alcun interesse politico. Nell’omelia afferma: «Quanto sarebbero diverse la nostra patria e le nostre vite se vivessimo secondo la legge dell’amore per Dio e per il prossimo! Se solo potessimo perdonarci a vicenda! Se solo, essendo diversi, fossimo uniti nella cura del bene comune!».
25 dicembre 2020. Il presidente Lukashenko dà la sua lettura del rientro del metropolita e della sua risposta positiva alla lettera del papa, trasmessagli da mons. Gugerotti. Considerava intollerabile che qualcuno andasse in Polonia a riceve consigli per distruggere il paese, ma ora il metropolita non rappresenta più un pericolo.
3 gennaio 2021. In questa domenica mons. Kondrusiewicz celebra il suo 75° compleanno e invita caldamente i fedeli alla doppia celebrazione, alle 11.30 e alle 13. Ha già inviato da tempo al papa la lettera con le proprie dimissioni secondo le normative canoniche e in data odierna esse sono state accettate da papa Francesco, che ha nominato Amministratore Apostolico sede vacante di detta Sede Metropolitana s.e. Mons. Kazimierz Wielikosielec, O.P., vescovo titolare di Blanda e ausiliare della diocesi di Pinsk (Lorenzo Prezzi).

Come è noto, l’arcivescovo di Minsk il 31 agosto 2020 si è visto rifiutare la possibilità di far rientro in Bielorussia, nonostante egli fosse cittadino di quel paese. La Santa Sede, sin da subito, ha fatto pressioni sul governo di Lukashenko perché tornasse sui suoi passi, ma invano.

Mediazione polacca: insopportabile

Lukashenko rimproverava all’arcivescovo, mons. Kondrusiewicz, di aver travalicato la sua missione pastorale perché, durante il suo soggiorno in Polonia, il prelato, per risolvere la crisi strisciante in Bielorussia, aveva proposto che un governo vicino svolgesse opera di mediazione tra il governo bielorusso e l’opposizione, indicando in modo specifico che tale compito potesse essere svolto dalla Polonia e dai governanti di Varsavia.

Di per sé l’idea di una mediazione poteva essere accolta e non provocare l’irritazione di Lukashenko. Ma l’aver indicato esplicitamente la Polonia è stato percepito da Lukashenko e dai suoi come una vera provocazione, attesi i rapporti tutt’altro che sereni tra Polonia e Bielorussia.

È noto che in alcune diocesi bielorusse la maggioranza del clero, diocesano e religioso, è composta da polacchi, visti con sospetto non solo dal governo ma pure dal resto del clero locale, desideroso di forgiare una Chiesa “bielorussa”, senza influenze esterne e in particolare polacche.

I dialoghi diplomatici

Mons. Paul Gallagher, responsabile della Seconda sezione della Segreteria di stato vaticana, ai primi di settembre ha compiuto una missione a Minsk facendosi accompagnare anche dal nunzio mons. Antonio Mennini, per decisione del papa e del segretario di stato.

Nei colloqui con le autorità la delegazione vaticana ha incontrato dapprima il ministro degli Esteri, Vladimir Makey, e poi il suo vice, Sergei Aleinik, da pochi giorni rientrato da Londra dove è stato a lungo ambasciatore del proprio paese, contestualmente  alla carica di ambasciatore presso la Santa Sede. Mons. Mennini aveva potuto conoscere da vicino e stabilire rapporti di amicizia con il viceministro quando era nunzio in Gran Bretagna. Mons. Gallagher, e in seguito mons. Mennini, rimasto in loco per più di un mese, hanno sempre perorato la causa del rientro di mons. Kondrusiewicz, proponendo che quest’ultimo potesse tornare verso i primi di dicembre per poi lasciare carica e paese ai primi di gennaio 2021, al compimento dei 75 anni.

Soprattutto il signor Aleinik aveva risposto che la proposta era plausibile e che poteva risultare accettabile. In seguito, però, gli alti funzionari del Ministero degli Esteri manifestavano crescente scetticismo, limitandosi a dire che la questione «era sul tavolo del presidente», pur sottolineando sempre il ruolo positivo sia sul piano morale e pastorale sia su quello umanitario svolto dalla Chiesa cattolica. E, in via confidenziale, lasciando capire di poter influire ben poco su Lukashenko, rimasto molto irritato dalla iniziativa di Kondrusiewicz.

Come è noto, più tardi, il papa ha inviato a Lukashenko mons. Claudio Gugerotti, già nunzio in Bielorussia, il quale, durante la sua missione di nunzio, era stato capace di stabilire rapporti molto stretti e amichevoli con il capo di stato. E questi non ha potuto dire «no» al papa e ha concesso il rientro di mons. Kondrusiewicz ma soltanto per un breve periodo: dal 23 dicembre al 3 gennaio 2021.

Rientro provvisorio

Il presule, rientrato in patria, ha subito tenuto una conferenza stampa con parecchi giornalisti – verosimilmente non conformandosi alle raccomandazioni della Segreteria di stato –, durante la quale ha affermato di aver sempre amato il proprio paese, di non aver mai complottato contro il governo di Minsk, e sottolineando come si fosse recato in Polonia per un evento familiare, trattenendosi a motivo di alcune cure mediche e non certo «per prendere ordini» dai governanti polacchi.

Concetti ribaditi lo scorso 24 dicembre nel corso dell’omelia tenuta nella cattedrale di Minsk, in un’atmosfera molto commossa, alla presenza del nunzio mons. Josic e del vicario generale dell’arcidiocesi di Minsk.

Il presule si è ben guardato dall’ammettere di aver commesso un’imprudenza nel proporre la mediazione politica con la Polonia. Imprudenza ritenuta dai circoli diplomatici di Minsk una «scivolata». Non si può escludere che l’aver riconosciuto il suo errore avrebbe potuto avere un’eco favorevole in Lukashenko.

Comunque non pochi confratelli vescovi non hanno compreso perché il metropolita si fosse recato in Polonia, proprio nel mezzo della difficile crisi politica che avrebbe richiesto la permanenza nel paese e la massima circospezione.

La Santa Sede, accolte le dimissioni di Kondrusiewicz, ha nominato amministratore apostolico sede vacante mons. Kazimierz Wielikosielec, vescovo titolare di Blanda e ausiliare della Diocesi di Pinsk. Procederà poi alla scelta di un nuovo metropolita.

Viene da chiedersi come sia stato possibile che Kondrusiewicz, persona intelligente e «scaltra», si sia lasciato andare a una simile imprudenza, cadendo forse in una «trappola» ordita dalle autorità di Minsk le quali, non c’è dubbio, hanno costantemente «monitorato» i passi del presule, anche oltre confine.

È stata soltanto tale imprudenza a spingere Minsk a impedirgli il rientro, oppure ci sono altri motivi, non noti alla più ampia opinione pubblica ed ecclesiale in Bielorussia, ma ben noti alle autorità del paese, magari con informazioni ricevute dal «grande fratello vicino»?

Putin stanco di Lukashenko?

Diversi diplomatici russi di alto livello sono stati sempre del parere che Kondrusiewicz non avrebbe potuto far ritorno, rilevando, a torto o a ragione, che la sua personalità fosse stata alquanto controversa durante la sua permanenza a Mosca, non facilitando un miglioramento dei rapporti tra cattolici e ortodossi e assecondando equivoci e malintesi su questo piano.

Per il futuro, come si è potuto leggere su alcune agenzie internazionali, al di là dei sorrisi e delle solidarietà di rito, Mosca, e precisamente il presidente Putin, sarebbero più che stanchi di Lukashenko al quale, un mese e mezzo fa, nel corso di  una visita a Minsk del ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, hanno fatto capire chiaramente che, avviato o meno il processo costituzionale, era bene per lui fare le valigie.

Secondo qualche osservatore un tale evento potrebbe essere affrettato dall’arrivo alla Casa Bianca di Joe Biden, tutt’altro che tenero con Mosca, il quale in Ucraina, durante la presidenza di Poroshenko, ha fatto quanto poteva per peggiorare, se possibile, le relazioni tra Kiev e il Cremlino.

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