Diario di guerra /18

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Il colpo che ha determinato, in territorio siriano, la morte del generale dei pasdaran, Razi Moussavi, da parte israeliana, ha fatto temere una immediata escalation del conflitto mediorientale. Questa è già nei fatti, da settimane, ma probabilmente – nella mia ipotesi – non supererà le attuali forme, pur apparendo destinata a conoscere nuovi colpi e nuovi sanguinosi capitoli. È la piana lettura dei fatti ad indurre tale mia riflessione nell’odierno diario.

Israele ha colpito in Siria, eliminando un importante militare pasdaran, di cui sono state mostrate, in queste ore, in Iran, foto che lo ritraggono insieme al più noto capo Qassem Soleimani, eliminato per volere di Trump nel 2020. È probabile che Moussavi sia divenuto un bersaglio in risposta alle azioni dei miliziani Houti che, dallo Yemen, hanno preso di mira la navigazione civile nel Mar Rosso e le navi collegabili, direttamente o indirettamente, ad Israele.

Gli Houti – notoriamente sostenuti da Tehran – proclamano di voler proseguire la loro “attività” sino a quando procederà la guerra a Gaza. Dunque, detto in termini di realtà e non di propaganda, vogliono sfruttare la tragedia di Gaza per acquisire popolarità, peso politico e status negoziale nei difficili colloqui di pace sullo Yemen, con i sauditi ed i loro alleati.

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Se è vero che Israele ha seguito in questi mesi una tattica militare che, facendo terra bruciata nel sud del Libano, è parsa prefigurare operazioni massicce, ancora possibili, lo scambio d’artiglieria tra hezbollah e soldati israeliani non ha superato i limiti che le parti si riconoscono.

Questo perché Tehran, col suo braccio armato in Medio Oriente – Hezbollah appunto – ha mostrato, sin dal 7 ottobre scorso, di non voler alzare ulteriormente il tiro sul posto, evidentemente per non esporsi al rischio di uno scontro totale che, inevitabilmente, coinvolgerebbe lo stesso territorio iraniano. Consideriamo che, oggi, è ormai acquisito dalla dottrina internazionale che le azioni di Hezbollah sono da considerarsi azioni quantomeno autorizzate direttamente da Tehran.

Dunque, è difficile che altro accada su quel fronte: un conto – per Tehran – è mandare in guerra, a morire, gli altri, altra cosa è andarci con i propri uomini, esponendo il proprio Paese, non gli altri, a divenire teatro bellico. Autorevoli indiscrezioni di stampa americana uscite in queste ore- dopo che un attacco aereo israeliano contro Hezbollah, già pronto a partire subito dopo il 7 ottobre, è stato fermato da Joe Biden in persona – confermerebbero le mie sensazioni.

Prendo pure in considerazione l’attentato dinamitardo, avvenuto poche ore fa, nei pressi dell’ambasciata israeliana di Nuova Delhi: può verosimilmente appartenere alla logica della reazione complessiva dell’Iran ad Israele, così come i lanci, peraltro piuttosto isolati, di missili contro obiettivi militari americani in Iraq, che potrebbero essere intensificati. Ma nuove azioni degli Houti sono, probabilmente, da prevedere.

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A fronte di ciò, due sono le notizie da far affiorare.

La prima è l’assenza di reazioni nei confronti degli Houti da parte della imponente forza schierata dagli Stati Uniti e dagli alleati a difesa della libera navigazione nel Mar Rosso. Si può dire che si tratti della “vecchia” acquiescenza statunitense ed europea, già dimostrata nei confronti della formazione filoiraniana?

È, di per sé, strano che, se è stata piazzata una forza militare per difendere la navigazione nel Mar Rosso e se la navigazione nel Mar Rosso viene attaccata dagli Houti, non ci sia una pari reazione – diciamo – di difesa. Si dirà che le corazzate sono lì solo per fare deterrenza. Ma non sempre la deterrenza funziona in modo così quieto.

La seconda notizia è che Tehran, proprio di questi tempi, sta tornando a innalzare il livello di produzione dell’uranio arricchito, raggiungendo quantità molto più alte rispetto a quelle necessarie per il nucleare civile e, quindi, assai prossime al fabbisogno per la bomba atomica: l’ha denunciato l’AIEA, l’Agenzia internazionale a ciò deputata. Secondo i suoi calcoli, l’attuale produzione di uranio arricchito consentirebbe all’Iran di disporre, con un piccolo ulteriore arricchimento, di tre bombe atomiche.

Con tutto questo, Gaza che c’entra? I palestinesi – è evidente – non c’entrano nulla. C’entra piuttosto il desiderio dell’Iran di sedersi al tavolo dei grandi del mondo per presentare il proprio conto. E tutto sembra dire che un chiarimento sia urgente. Che la questione sia soprattutto la conquista del primato nel mondo islamico appare piuttosto evidente.  Libano, Siria, Iraq, Yemen: sono i Paesi che Tehran ha contribuito a distruggere per inserirli nella ideologica mezzaluna sciita, che fa da orizzonte alla rivoluzione teocratica iraniana sciita: in filigrana è facile vedervi la ricostruzione del vecchio impero persiano, sappiamo.

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Quella è una partita della quale non si è mai capito, con precisione, cosa pensino a Washington. Un islam degenerato in teocrazia non è certo questione di poco conto nel panorama mondiale contemporaneo. La Casa Bianca non può certamente ignorarlo, al di là delle tattiche che potrà stabilire nella strategia generale globale che, evidentemente, comprende il più ampio scenario asiatico.

Certamente Washington avverte, oggi, il gelo improvvisamente calato tra Tehran e Mosca, per via della visita di Putin negli Emirati Arabi Uniti, in occasione del quale Mosca ha rinnovato il sostegno alla rivendicazione emiratina sui tre isolotti nel Golfo Persico occupati da Tehran.

Cerco di cogliere, nelle pagine del mio diario, tutto quel che c’è: quel poco che, in qualche modo mi tranquillizza e, forse, potrebbe tranquillizzare altri lettori. Le difficoltà insorte tra Tehran e Mosca possono costituire un’opportunità per una diplomazia che sia in grado di allontanare realmente le due capitali “imperiali”, magari con immediati, benefici, riflessi nella limitazione dei micidiali droni che l’Iran fornisce a Mosca per colpire in Ucraina.

Non penso che Washington vorrà intervenire con eccessiva durezza. Ma – mi chiedo – una strategia nei confronti dell’Iran esiste? Tutti gli estremismi sono considerati, allo stesso modo, pericolosi? Verrebbe da dire ancora una volta, “moderati di tutti i campi, unitevi”.

  • Tutte le puntate precedenti del Diario di Riccardo Cristiano possono essere lette qui.
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