Accanto al tema della legge abortiva, la questione di maggior frizione fra Chiesa e governo polacco è l’insegnamento della religione nella scuola.
Il 9 dicembre la rappresentanza ecclesiale della Commissione mista governo-Chiesa ha preso atto del fallimento dei colloqui bilaterali, già in difficoltà nei precedenti incontri della Sottocommissione.
«La Chiesa esprime disapprovazione per il rifiuto della sua proposta da parte del governo e per il mancato raggiungimento di un accordo. Ciò potrebbe portare ad un inasprimento delle tensioni sull’insegnamento della religione a scuola che è considerata la norma nella stragrande maggioranza dei paesi democratici europei e uno dei simboli dei cambiamenti di libertà in Polonia dopo il 1989. I cambiamenti in atto, secondo il parere della Chiesa, comporteranno la distruzione del sistema di istruzione religiosa nelle scuole pubbliche polacche».
Gli indirizzi del ministero dell’istruzione (Barbara Nowacka) prevedono la riduzione dell’insegnamento della religione in tutte le scuole d’obbligo a un’ora settimanale (oggi sono due), la possibilità di accorpamento di classi nel caso che gli avvalentesi scendano sotto una certa soglia (sette) e la collocazione dell’insegnamento alla prima e all’ultima ora. Il voto dell’IRC non farà media. La controproposta dei vescovi è di mantenere le due ore all’asilo e alle primarie mentre accettano la riduzione dell’insegnamento alle superiori ad un’ora settimanale, spalmata su più anni a partire dal 2026. A patto che l’insegnamento diventi curricolare e obbligatorio con l’alternativa, per i non avvalentesi, di un’ora parallela sull’etica.
Rifiutano l’abituale collocazione alla prima e all’ultima ora e reclamano maggiore attenzione agli insegnanti di religione (la metà sarebbe a rischio) e ai circa 500 professori di etica. Sono già in atto corsi massicci di aggiornamento per rafforzare la dimensione culturale e sociale dell’insegnamento.
La piegatura ideologica
I vescovi fanno forza sul largo consenso che l’insegnamento raccoglie (l’80% dei bambini e ragazzi), sulle normative contenute nel Concordato fra la Chiesa e lo stato (prevedono l’obbligo di un accordo delle due parti in ordine ai cambiamenti), sulle esigenze professionali dei circa 30.000 insegnanti per l’IRC nelle scuole pubbliche, sul consenso della Chiesa ortodossa autocefala e di altre confessioni che partecipano della stessa normativa.
Il ministero parte dalla crescente e rapida disaffezione degli studenti, in particolare nelle aree cittadine, dal diffuso consenso alle nuove normative ministeriali e dal programma di governo presentato agli elettori.
In una recente inchiesta sociologica (CBOS), il 58% degli intervistati è favorevole al piano del governo (contrario il 35%) anche se il 51% apprezza in linea di principio l’IRC nella scuola. Nel 2008 era favorevole all’insegnamento il 65% (32% contrario).
Nelle città il calo è vistoso. A Breslavia (Wroclaw) nelle scuole primarie siamo al 60% (tre punti in meno del 2023) e alle superiori gli avvalentesi sono l’11% (il 15% un anno prima). A Lodz i non avvalentesi alle superiori sono l’86% e il 37% nelle primarie. A Varsavia tre su quattro studenti delle superiori rifiutano l’insegnamento religioso.
Altro discorso per le zone rurali dove il consenso è ancora massiccio e dove l’immagine negativa della Chiesa non ha fatto breccia.
L’insegnamento religioso a scuola al tempo della dittatura comunista era scomparso nel 1961. Riappare nel 1990 dopo il crollo del regime e sull’onda del credito pubblico riconosciuto alla Chiesa. La nuova legge del 1991 lo prevede per tutte le scuole.
Per la secolarizzazione crescente, per l’insipiente identificazione della Chiesa con il precedente governo conservatore, per l’esplosione degli scandali (pedofilia nel clero, abusi economici ecc.) il clima oggi è cambiato, ma il tasso di ideologizzazione nel dibattito oscura e avvelena una più pacata riflessione sul ruolo che l’insegnamento della religione e dell’etica possono avere nel percorso formativo della gioventù polacca.
Lo scontro è diventato istituzionale dal momento che la Corte costituzionale qualche giorno prima ha motivato l’ingiunzione di sospendere il nuovo regolamento in attesa di una decisione finale consensuale. Ma il ministero ha detto che i regolamenti sono di sua competenza e ha confermato le nuove disposizioni.
In una lettera aperta gli insegnati di religione reagiscono con irritazione alle disposizioni del ministero e rivolgono a Barbara Nowacka sette domande urticanti. In premessa annotano: «Osserviamo con crescente preoccupazione le vostre azioni volte a eliminare le lezioni di religione dallo spazio scolastico e a discriminare noi insegnanti». Denunciano la penalizzazione introdotta dalle nuove disposizioni relative all’esclusione del voto IRC dalla media, della collocazione alla prima e ultima ora, dell’accorpamento interclasse degli avvalentesi. Fanno presente la paura di molti insegnati di perdere il posto per la riduzione delle ore. Difendono la proposta alternativa dei vescovi e il loro ruolo di rappresentanza. Trovano incongruente la proposta di far loro insegnare educazione sanitaria. Accusano la ministra di penalizzare indebitamente la proposta valoriale cristiana e di non averli mai voluti incontrare.
Si va allo scontro nei tribunali e forse anche nelle piazze, nonostante molte voci, dall’una e dall’altra parte, chiedessero un compromesso viabile e rispettoso per tutti.
Un’altra questione è ancora non risolta. Riguarda il “fondo Chiesa”, il consistente contributo che lo stato versa alle Chiesa. L’attuale maggioranza vorrebbe ridisegnare il provvedimento, ma la discussione non è neppure partita.
La Polonia sta seguendo la laicizzazione dell’Europa con qualche anno di ritardo .. e i soldi di Marcinkus non sono serviti a nulla . La caduta è inarrestabile , preparate il paracadute .