Un appello contro ogni forma di abuso – sessuale, di potere, di coscienza – nella Chiesa e un incoraggiamento a un giornalismo «libero ed etico» per sviluppare insieme «prevenzione e cura». È il cuore del messaggio inviato da Leone XIV in occasione della première in Perù dello spettacolo teatrale «Proyecto Ugaz», dedicato a Paola Ugaz, giornalista nota per il suo impegno contro gli abusi nella Chiesa peruviana e in particolare per l’inchiesta sul movimento Sodalicio de vida cristiana, ora soppresso, per la quale ha pagato il prezzo di persecuzioni e attacchi personali. Ne abbiamo parlato qui su SettimanaNews (12 maggio 2025). Riprendiamo di seguito il testo del messaggio di papa Prevost (nella traduzione di Luis Badilla, qui l’originale spagnolo).
Cari fratelli e sorelle,
con profondo rispetto e riconoscenza, a poco più di un mese dall’inizio del mio Pontificato, ma ricordando con gratitudine i quasi 40 anni trascorsi dalla mia prima missione vissuta in Perù, partecipo alla première del Progetto Ugaz, che dà voce e volto a un dolore troppo a lungo messo a tacere.
Quest’opera non è solo teatro: è memoria, denuncia e, soprattutto, un atto di giustizia. Attraverso di essa, le vittime dell’estinta famiglia spirituale del Sodalicio e i giornalisti che le hanno accompagnate – con coraggio, pazienza e fedeltà alla verità – illuminano il volto ferito ma pieno di speranza della Chiesa.
La vostra lotta per la giustizia è anche la lotta della Chiesa. Perché, come ho scritto anni fa, «una fede che non tocca le ferite del corpo e dell’anima umana è una fede che non ha ancora conosciuto il Vangelo». Oggi riconosciamo quella ferita in tanti bambini, giovani e adulti che sono stati traditi là dove cercavano conforto; e anche in coloro che hanno rischiato la propria libertà e il proprio nome per impedire che la verità venisse sepolta.
Desidero ringraziare coloro che hanno perseverato in questa causa, anche quando sono stati ignorati, squalificati o addirittura perseguiti giudiziariamente. Come ha affermato Papa Francesco nella sua Lettera al Popolo di Dio dell’agosto 2018: «Il dolore delle vittime e delle loro famiglie è anche il nostro dolore, ed è pertanto urgente riaffermare il nostro impegno a garantire la protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili». Nella stessa lettera, il mio Predecessore, che ha parlato della stimolante differenza tra criminalità e corruzione, ci ha tutti invitati a una profonda conversione ecclesiastica. Questa conversione non è retorica, ma un cammino concreto di umiltà, verità e riparazione.
Prevenzione e cura non sono una strategia pastorale: sono il cuore del Vangelo. È urgente radicare in tutta la Chiesa una cultura della prevenzione che non tolleri alcuna forma di abuso: né di potere né di autorità, né di coscienza né di spiritualità, né di sessualità.
Questa cultura sarà autentica solo se nasce dalla sorveglianza attiva, da processi trasparenti e dall’ascolto sincero di chi è stato ferito. Per questo abbiamo bisogno di giornalisti.
Oggi vorrei ringraziare in particolare Paola Ugaz per il coraggio dimostrato nell’avvicinarsi a Papa Francesco il 10 novembre 2022 e nel chiedergli protezione dagli attacchi ingiusti che ha subito insieme ad altri tre giornalisti, Pedro Salinas, Daniel Yovera e Patricia Lachira, per aver denunciato gli abusi in diversi Paesi ma nati in Perù. Tra le numerose vittime di abusi, c’erano anche coloro che subivano abusi economici, i popolani di Catacaos e Castiglia, il che ha reso la denuncia ancora più intollerabile.
Fin dall’inizio del mio pontificato, quando ho avuto il privilegio di rivolgermi per la prima volta ai giornalisti riuniti dopo il Conclave, ho sottolineato che «la verità non è proprietà di nessuno, ma è responsabilità di tutti cercarla, custodirla e servirla». Quell’incontro è stato più di un saluto protocollare: è stata una riaffermazione della sacra missione di coloro che, dal mestiere di giornalista, diventano ponti tra i fatti e la coscienza delle persone. Anche con grandi difficoltà.
Oggi, alzo di nuovo la mia voce con preoccupazione e speranza, guardando al mio amato popolo peruviano. In questo tempo di profonde tensioni istituzionali e sociali, difendere un giornalismo libero ed etico non è solo un atto di giustizia, ma un dovere di tutti coloro che aspirano a una democrazia solida e partecipativa.
La cultura dell’incontro non si costruisce con discorsi vuoti o storie manipolate, ma con fatti narrati con obiettività, rigore, rispetto e coraggio.
Esortiamo, pertanto, le autorità peruviane, la società civile e ogni cittadino a proteggere coloro che, dalle radio comunitarie ai media tradizionali, dalle zone rurali alla capitale, raccontano con integrità e coraggio. Dove un giornalista viene messo a tacere, l’anima democratica di un Paese si indebolisce.
La libertà di stampa è un bene comune inalienabile. Chi esercita coscienziosamente questa vocazione non può vedere la propria voce soffocata da interessi meschini o dalla paura della verità.
A tutti i comunicatori peruviani oso dire con affetto pastorale: non abbiate paura. Con il loro lavoro possono essere artigiani di pace, unità e dialogo sociale. Siate seminatori di luce tra le ombre.
Pertanto, esprimo il mio voto affinché quest’opera sia un atto di memoria, ma anche un segno profetico. Possa risvegliare i cuori, scuotere le coscienze e aiutarci a costruire una Chiesa dove nessun altro debba soffrire in silenzio e dove la verità non sia vista come una minaccia, ma come una via di liberazione.
Con la mia preghiera, il mio affetto e la mia benedizione apostolica,
Leone XIV,
Roma, 2025
Pregevoli e apprezzabili dichiarazioni da parte del Papa. Che cosa ha da dire invece sua Santità per quanto riguarda le cause sistemiche degli abusi e quali provvedimenti di riforma CONCRETI, che tocchino anche il diritto canonico, intende mettere in atto per farne fronte?
A livello di struttura di potere, gerarchica e sacramentale? Perchè i centri di ascolto dicoesani-peraltro sotto la nomina del vescovo, come anche i tribunali diocesani, con un evidente conflitto di interessi… sono poco efficaci e non risolveranno il problema di quando qualcuno si trova a dover fronteggiare l’abuso dell’Ordinario o di chi è coperto dalle sue ali. Finchè è tutto sotto la responsabilità inappellabile del vescovo, e di altri superiori religiosi, non c’è modo di uscire dalla struttura sistemica