
L’artista messicano Roberto Marquez installa un ritratto di papa Francesco davanti all’ospedale Gemelli
Le ipotesi canoniche di cui si tratta cadono in un momento in cui la salute di papa Francesco desta preoccupazioni. Condividiamo con i nostri lettori l’augurio di un pronto ristabilimento del Pontefice e di un rinnovato esercizio del suo prezioso e apprezzato ministero petrino.
L’attuale ricovero ospedaliero del papa sottolinea tuttavia alcune nuove attenzioni suggerite da Ludwig Ring-Eifel sul sito della Chiesa tedesca lo scorso 9 marzo. Contrariamente alla sua inclinazione di tenere lontano i medici, Francesco dovrà farsi seguire dagli specialisti migliori. Le cadute, i ricoveri e le crisi potenzialmente letali attraversate lo consigliano. È immaginabile l’impianto di una avanzata strumentazione medica nei pressi dello studio papale per interventi tempestivi. Diventeranno difficili i viaggi lunghi e sfibranti che ha fatto finora, mentre saranno possibili quelli a breve raggio. È immaginabile che si verificherà più spesso la “condivisione” dei discorsi (avviati da lui e proseguiti da altri). Sembra opportuno inoltre l’emersione più forte di responsabilità come quella della segreteria personale del pontefice, ma in particolare della Segreteria di stato (card. Pietro Parolin e mons. Paul Gallagher) e di alcuni responsabili dei dicasteri. Sono impellenti le conclusioni dei gruppi di lavoro incaricati dal Sinodo e una sorveglianza sulla situazione finanziaria. Il drammatico sviluppo delle emergenze mondiali che le guerre, la nuova amministrazione americana e la crisi delle istanze multilaterali alimentano ora per ora, richiedono la parola del papa e il suo riferimento morale. Mai come adesso la parola del successore degli apostoli diventa urgente e preziosa.
Geraldina Boni, docente di diritto canonico all’Università di Bologna, assieme a un gruppo di canonisti, ha elaborato due proposte di legge sulle questioni della dimissione del pontefice e sulla situazione di un suo totale impedimento. Sono state presentate in un convegno a Torino nell’ottobre del 2022 e sono consultabili sul sito www.progettocanonicosederomana.it. Dimissioni e impedimento richiedono una normativa riconosciuta urgente anche da autorità indiscusse del diritto come il card. Gianfranco Ghirlanda. Abbiamo chiesto alla professoressa Boni di spiegare le proposte di legge e di collocarle nel contesto giuridico, ecclesiale e delle figure interessate.
Salus animarum in condizioni emergenziali
- Due canoni del diritto canonico relativi al romano pontefice prevedono sia la rinuncia (can. 332 § 2), sia il totale impedimento (can. 335). Lei, assieme a un gruppo di canonisti, ha approntato due proposte di legge che regolerebbero le due fattispecie. Perché l’ha fatto?
Abbiamo ritenuto che le due lacune normative andassero colmate. Per quanto concerne la sede totalmente impedita, a sospingerci è stata soprattutto la constatazione di come il progresso medico, scientifico e tecnologico permetta oggi di prolungare indefinitamente la vita umana, sia pur talora in condizioni precarie e anche sensibilmente compromesse, con patologie fortemente invalidanti se non del tutto incapacitanti.
Ciò potrebbe riguardare, alla pari di qualsiasi persona, anche il papa, rendendolo non in grado di esercitare il suo ufficio, come anche di manifestare la stessa volontà di rinunciare. Il protrarsi, magari per molti anni, della sede romana totalmente impedita causerebbe gravi danni alla Chiesa, ledendo la salus animarum. Per questo si rende necessario stabilire delle norme sia per disciplinare il governo della Chiesa durante un impedimento totale ma temporaneo e reversibile; sia, ciò che è molto più delicato, in caso si accerti che l’incapacità totale del papa è certa, permanente e incurabile, per fissare una procedura che faciliti il transito ordinato e prudente alla sede vacante e al conclave per l’elezione del nuovo successore di Pietro.
Relativamente invece alla proposta di legge sulla situazione canonica del vescovo di Roma che ha rinunciato al suo ufficio, essa nasce dalla considerazione del graduale consolidarsi – bon gré mal gré – dell’istituto del ʻpapa emeritoʼ. Infatti, pur rifiutando tale appellativo – preferirebbe quello di ʻvescovo emerito di Romaʼ –, anche Francesco ha asserito ripetutamente e senza esitazioni che egli non esclude di seguire la strada additata da Benedetto XVI.
D’altronde, come hanno dimostrato alcuni inconvenienti di cui siamo stati testimoni negli ultimi anni, la convivenza tra due ʻpapiʼ può generare qualche criticità più o meno palese: spetta comunque al diritto farsi carico dell’insopprimibile difettività umana e predisporre norme che evitino conflitti o anche solo inconvenienti, sempre per salvaguardare l’unità della Chiesa.
Salute, non prestanza
- Il ritorno di papa Francesco dall’ospedale Gemelli al lavoro abituale alla residenza in Santa Marta è condizionato da una salute sempre più precaria. Sarà in grado – come tutti gli auguriamo – di assolvere in pienezza il munus petrino? Nel caso contrario, è prevedibile la dimissione. Ma è anche possibile che la forte compromissione di salute possa prolungarsi. Cosa prevedere nel primo e nel secondo caso?
Tutti ci auguriamo che Francesco recuperi le forze, come sicuramente accadrà. Il nostro progetto, del resto, è stato avviato vari anni fa, quando non si profilava, per lui, alcun problema di salute: semmai in noi proponenti era vivo il ricordo degli ultimi mesi di “governo” di san Giovanni Paolo II. Indubbiamente l’esercizio del ministero petrino esige sufficienti condizioni di salute, le quali non sussistono unicamente quando il papa è totalmente impedito: non certo quando è semplicemente anziano e, quindi, afflitto dai normali acciacchi dell’età.
Non si esige ovviamente una prestanza fisica straordinaria. Anzi, occorre guardarsi bene dal veicolare una concezione efficientista del potere nella Chiesa, e tanto meno, dell’ufficio petrino, assolutamente deviante e dannosa: come quella che anima le tesi di chi ipotizza un papato a tempo o anche di chi vorrebbe che la rinuncia del papa divenisse ʻnormaleʼ, dovendosi accedere ad essa in ogni caso di difficoltà.
Va ribadito che, nella proposta, ci riferiamo alla situazione estrema di un papa totalmente impedito: essa non può essere gestita tramite la mera applicazione del principio del “Nihil innovetur” (can. 335), in quanto esso limita notevolmente qualunque attività: è dunque possibile ricorrervi per limitati periodi di tempo. Inoltre, ci sono atti di magistero e di governo che spettano personalmente al romano pontefice, nei quali non può essere sostituito da collaboratori.
Per rispondere poi specificamente alle sue domande, se Francesco liberamente rinunciasse, la sua decisione determinerebbe la vacanza della sede apostolica con la successiva celebrazione del conclave: un atto che dipende dalla sua autonoma deliberazione assunta davanti a Dio solo e per il bene comune. La questione si porrebbe se invece qualche papa in futuro non fosse davvero più in grado in alcun modo di governare la Chiesa, né di emettere l’atto di rinuncia: in questo caso, mancando una normativa specifica, l’adozione di ogni provvedimento da parte di qualsivoglia autorità umana rischierebbe di essere considerata una rimozione ovvero una deposizione, in violazione del fondamentale principio prima sedes a nemine iudicatur».
Impedimento temporaneo o definitivo
- Nel caso di patologie invalidanti la proposta di legge prevede una sospensione temporanea o definitiva. Come normare simili eventualità?
Nella Proposta di legge sulla sede romana totalmente impedita si prevede, per quanto concerne le ipotesi di impedimento totale ma temporaneo, che la Chiesa sia retta provvisoriamente dal collegio dei cardinali e, per gli affari ordinari, da un coetus ristretto di sette membri (quattro di diritto e tre elettivi), mentre per i medesimi affari continuerebbero a esercitare le rispettive funzioni le istituzioni della Curia romana.
Il collegio cardinalizio, che vigilerebbe costantemente e secondo modalità predeterminate sull’operato del gruppo ristretto, potrebbe porre fine a tale regime provvisorio dichiarando, ad esempio, che lo stato di incapacità personale del papa è cessato sulla base di un puntuale riscontro clinico. È previsto poi che il collegio dei cardinali possa dichiarare, sempre sulla base di una perizia medica stilata da un’équipe di medici specialisti e con procedure accuratamente regolate, l’esistenza di una totale incapacità certa, permanente e irreversibile che non permetta al romano pontefice di guidare la Chiesa, con conseguente apertura della vacanza della sede apostolica per l’elezione del nuovo pontefice.
La cessazione dell’ufficio petrino opera ipso iure sulla base di una legge promulgata dalla suprema autorità della Chiesa che collega a una situazione di fatto determinati effetti giuridici: essi si producono nel momento in cui il collegio cardinalizio accrediti tale situazione mediante una “certificazione” di natura dichiarativa. Si è mirato a coniugare, in tal modo, il principio prima sedes a nemine iudicatur con l’esigenza di assicurare la continuità di governo della Chiesa universale per il bene comune e la salvezza delle anime.
Nuovo ruolo al collegio
- Il collegio cardinalizio assumerebbe un ruolo decisivo. È compatibile con l’attuale legislazione canonica?
Attualmente il collegio cardinalizio non dispone di questi poteri: dovrebbe intervenire una legge pontificia che lo abilitasse a procedere in tal senso. Sembra comunque inevitabile che sia il collegio cardinalizio, il quale riunisce i più stretti collaboratori del papa, a rivestire eventualmente il ruolo da protagonista in tali contingenze, e quindi ad assumere il grave onere di accertare e di dichiarare la sede romana totalmente impedita dovuta a circostanze oggettive o soggettive.
D’altronde, i cardinali dal 1059 hanno il compito di provvedere all’elezione del nuovo successore di Pietro quando la sede apostolica è vacante per morte o rinuncia del papa.
Convocare le competenze
- La legislazione canonica, e in particolare quella relativa al munus petrino, nasce dal pontefice e dal dicastero dei testi legislativi. Lei, invece, chiama a raccolta le competenze giuridiche delle accademie e la pubblica discussione. È la prima volta o ci sono precedenti nella storia della Chiesa?
Il nostro scopo non era e non è certo quello di “espropriare” il papa del potere legislativo. Si intendeva, al contrario, porgere un esempio di sinodalità nell’attività normativa: allertando e incoraggiando una mobilitazione della scienza canonistica, chiamata ad adoperarsi per fornire diaconalmente la propria opera al servizio dell’autorità legislativa suprema. I canonisti, confrontandosi tra loro, avrebbero formulato una proposta che, esito di una meditata e condivisa elaborazione, potesse porgere al papa suggerimenti concreti e proficui.
D’altronde, la collaborazione del popolo di Dio al munus legiferandi, in particolare di chi ha conoscenza ed esperienza nel campo giuridico, stenta a decollare: ancora oggi, infatti, le leggi si elaborano in minuscoli cenacoli nella riservatezza più assoluta. E, purtroppo, spesso con risultati che definire non esaltanti è un eufemismo. Su snodi così cruciali nella vita della Chiesa sarebbe dunque importante uno sforzo condiviso: in modo analogo e sull’esempio di quanto avvenne durante la revisione della codificazione piano-benedettina dopo il Concilio Vaticano II.
L’ipotesi e le emergenze
- Quali reazioni ha ricevuto dai cardinali e dagli ambienti ecclesiali?
Non c’è stato alcun riscontro diretto da parte del collegio cardinalizio in quanto tale. Le autorità ecclesiastiche a livello apicale non sono state coinvolte né hanno voluto esserlo: i temi trattati, soprattutto qualche anno fa, erano reputati troppo controversi se non urticanti. Anzi, i membri del gruppo all’inizio sono stati criticati per l’eccessiva “audacia”: io stessa, per le opposizioni ricevute, mi sono dimessa dal direttivo dell’Associazione internazionale dei canonisti.
Poi, però, le proposte hanno raccolto un ampio apprezzamento: il sito che le contiene (in italiano, spagnolo, inglese e tedesco) – www.progettocanonicosederomana.it – ha ricevuto migliaia di accessi da tutti i continenti e moltissimi commenti; i progetti sono stati presentati alla scienza canonistica internazionale, tra l’altro, in un convegno che si è svolto a Torino il 3 e 4 ottobre 2022 (gli atti sono raccolti in un corposo volume open access che si può liberamente scaricare nel sito). Ciò ha contribuito al potenziarsi della riflessione dottrinale e al diffondersi della convinzione che tale situazione incresciosa della sede romana debba essere disciplinata con precisione.
Anche il cardinale Gianfranco Ghirlanda, il quale, come noto, è tra i “consiglieri” più ascoltati di papa Francesco, in un suo recente scritto ha evidenziato la necessità che sulla materia sia predisposta una legislazione ad hoc, individuando soluzioni molto simili alle nostre per superare l’impasse derivante da un impedimento, specie qualora sia certo, permanente e incurabile: non sappiamo se il papa provvederà (o abbia già provveduto) in tal senso.
Troppa fretta
Troppa paura
Troppa serietà.
Non li prenderanno mai in considerazione