Niente di nuovo: il tema migranti e migrazioni sta occupando le Cancellerie e le politiche degli Stati. Va solo peggio.
Ogni Continente è segnato da mobilità sia verso l’interno che verso l’esterno. Nel 2020 le persone che hanno attraversato almeno una frontiera per lasciare il proprio Paese venivano calcolate dall’OIM in 281 milioni, il 3,6% della popolazione mondiale. Attualmente, seguendo la linea statistica, realisticamente si ipotizza che il numero abbia raggiunto i 300 milioni, su circa 8,1 miliardi di abitanti del pianeta, ossia il 3,7% della popolazione mondiale. Non stiamo tuttavia assistendo ad uno stravolgimento planetario dell’assetto demografico.
Nel 2024, il saldo migratorio negativo, cioè più uscite che entrate, ha interessato soprattutto l’Asia con 1,2 milioni di individui e l’Africa, con 525 mila. Chi guadagna demograficamente, invece, sono le Americhe con + 1,1 milioni, l’Europa + 451 mila e l’Oceania + 144 mila. L’Europa Occidentale UE perde complessivamente 932 mila abitanti, mentre l’Europa Orientale ne guadagna 1,2 milioni: fenomeno dovuto in buona parte alla mobilità del popolo ucraino, in entrata e uscita dal Paese, verso, soprattutto, la Polonia.
I migranti forzati – a causa di calamità, guerre, minacce ecc. – hanno raggiunto, nel 2024, i 120 milioni, l’1,5% della popolazione mondiale. Le aree più interessare da tali migrazioni sono il Sud Sudan, il Myanmar, la Repubblica Democratica del Congo, l’Afghanistan, la Siria e, in Europa, l’Ucraina. Non bisogna dimenticare che più del 70% dei palestinesi della Striscia di Gaza è costretto ad un tragico gioco di trasferimenti orchestrato dallo Stato di Israele.
Ora la politica della cacciata dei migranti vede una accelerazione per le politiche promosse dalla amministrazione Trump in America, senza dimenticare il proposito di sradicare il popolo palestinese dalla sua terra, secondo una sorta d’intesa tra Trump e Netanyahu: idea mai espressa con così cruda chiarezza.
Come noto, oltre alla guerra che procede nella Striscia, ridotta a distesa di macerie nell’intento, ormai manifesto, di renderla inabitabile per espellere manu militari tutti i suoi legittimi abitanti, continuano i soprusi dei coloni israeliani in Cisgiordania, che saccheggiano, distruggono infrastrutture e adottano ogni violenza contro la popolazione inerme, fomentando un insanabile odio.
I grandi Trattati umiliati
Si tratta di fenomeni così evidenti da incentivare emulazioni anche nella democratica Europa. Non solo da ieri, infatti, molti Stati UE aggirano bellamente quel diritto internazionale – a suo tempo da loro sottoscritto e fondato – per avere mano libera nella guerra dichiarata ai migranti «irregolari». Il solito ma entra sempre più prepotentemente nel dibattito politico: «noi non siamo razzisti, ma…».
Sia la Convenzione di Ginevra che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ripresa a livello europeo dalla ECHR, sia la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, vengono ridotte ad impegni da prendere in maniera discrezionale, secondo gli interessi e gli umori del momento.
Così i grandi trattati internazionali vengono letteralmente umiliati in questi tempi di conflitti imperanti, dichiarati o sottotraccia, col fiorire economico delle filiere del riarmo globale. Il che fa passare in secondo o terzo piano i progetti e gli impegni contro le carestie e i disastri ecologici, oltre che per le tutele sanitarie.
Le nefandezze delle guerre in Ucraina e nella Striscia mostrano quanto ormai sia labile il confine tra civiltà e disfacimento etico degli Stati. Ogni trattativa – quando c’è – avviene con «la pistola sotto il tavolo», posto il primato della menzogna e della forza dei carri e dei cavalli degli eserciti, e neppure tutti «regolari».
Lo schema è lo stesso: il più forte accusa il più debole di essere la causa della disputa, territoriale o commerciale che sia. Neppure, ovviamente, l’ONU con le istanze di giudizio internazionale – Corte penale Internazionale e Tribunale Penale Internazionale – viene presa sul serio: non è più ragione di deterrenza e di giustizia. Nel caos globale sguazzano i rapaci e gli opportunisti del momento.
Con una vergognosa falsa narrazione continuiamo a definire democratici anche Paesi che inibiscono o perseguitano ogni forma di libera espressione e di partecipazione alla vita collettiva. Scivolando linguisticamente, continuiamo, ad appellarci alla democrazia di Stati Uniti, Argentina, Turchia, Israele, India… sapendo scientemente di mentire.
Il Governo italiano e l’Europa
È tutto, dunque, perduto!?
La memoria dei danni e delle catastrofi del passato – in cui i nazionalismi esasperati hanno gettato l’intero pianeta – promuovono reazioni popolari che non vogliono cedere a minacce e ritorsioni. Ne sono testimoni le manifestazioni di piazza in Germania contro la deriva AFD, in Turchia contro l’autoritarismo di Erdogan, in Israele contro le politiche genocidarie e irresponsabili di Netanyahu,
In Italia cresce la coscienza del contrasto alla denigrazione della storia antifascista da cui è nata la Costituzione democratica della nostra Repubblica. Parte della stessa diaspora ebraica nel mondo – di cui molti membri godono di cittadinanza anche in Israele – sta denunciando la deriva autoritaria del Governo Netanyahu, corrotto e indirizzato da un fondamentalismo religioso anacronistico nel riabilitare eventi storici ricorrendo ai testi biblici.
Ogni critica al Governo di Israele viene così tacciata di antisemitismo, così come ogni critica al nazionalismo italiano viene tacciato di atteggiamento antitaliano e antipatriottico a danno del Paese, manifestando una bulimia del potere che non lascia spazi a qualsiasi lettura critica degli eventi, sia del presente che del passato.
Ora il Governo italiano si vanta di essere l’artefice del cambio di passo nella gestione dei flussi migratori del Continente Europa: vanta la «bontà» delle strutture di detenzione realizzate in Albania, ad imitazione della fallita avventura dell’ex premier britannico Rishi Sunak in Ruanda. Centinaia di milioni sono stati buttati al vento a causa della isteria persecutoria in atto, sia nei confronti dei profughi sia nei confronti delle organizzazioni umanitarie che operano per la loro salvezza in mare.
I Regolamenti Dublino – che rappresentano la normativa europea ancora in vigore – sono superati dal nuovo Patto Europeo sulla Migrazione e l’Asilo. L’Europa a 26 – perché l’Ungheria si è sempre chiamata fuori – si è accordata sui moduli di accesso alla richiesta di asilo che accelerano la verifica dei requisiti e organizzano un sistema più restrittivo. Obiettivo: contrastare la mobilità dei richiedenti asilo in Europa, specie quelli sopraggiunti dal Sud dell’Europa, nella fattispecie dall’Italia.
Il «muro-tabù» dell’allontanamento coatto dei richiedenti asilo verso «Paesi terzi» – diversi dal Paese di origine – è stato abbattuto, pur nella piena consapevolezza dell’illegittimità giuridica di tale operazione. Ne è prova la titubanza mostrata dalla Germania, Paese interessato dai più alti numeri di richiedenti asilo e rifugiati regolari.
Il problema non è peraltro risolvibile: come affidare le decisioni di merito della richiesta di asilo ad autorità e normative di un Paese d’esilio!?
Di Stati disponibili ad accogliere deportati non ve ne sono ancora. I Paesi europei, perciò, cercano di definire come «Stati sicuri» quelli di partenza e di transito, mettendo in atto trattative. I fallimenti inglesi e italiani non hanno ancora fatto, evidentemente, scuola.
Dopo il fallimento dei Centri in Albania
Il Governo italiano – visto il fallimento dei Centri di primo approdo in Albania – ha virato verso la trasformazione degli stessi in CPR, Centri per il Rimpatrio, in cui verrebbero portati cittadini stranieri irregolari «presi» in Italia in vista di un improbabile rimpatrio, o invio in un Paese «terzo» da individuare: i deportati verrebbero, quindi, «traslocati» al di fuori dell’Italia – cioè, dalla UE – in attesa di essere «esiliati».
Facile prevedere che si formerà la coda degli «espellendi», a meno che non entri in gioco il lato B – quello vero – del famoso Piano Mattei, ossia spedire in Tunisia o in Libia gli espulsi, cioè in Paesi notoriamente insicuri con cui l’Italia intrallazza da decenni tutelando torturatori e cinici sfruttatori degli indifesi. Si veda il caso al Masri. La cosa – secondo il Governo – funzionerebbe da deterrente.
Ma lo sforzo maggiore, abilmente occultato ma effettivamente messo in atto, è quello di evitare la mobilità interna dei richiedenti protezione internazionale verso altri Stati dell’area Schengen. Il problema, infatti, dei cosiddetti «dublinati» non è mai stato risolto e, quindi, soprattutto i Paesi del Nord accusano quelli del Sud Europa – Italia, Grecia e Spagna – di inviare verso di loro i nuovi arrivati.
Ma il progetto di redistribuzione e reinsediamento in uno Stato europeo diverso da quello di primo approdo non è ancora decollato: troppe resistenze nazionali e nazionaliste. E, ciò nonostante, in Europa nel 2024 le prime domande d’asilo siano state 911 mila, inferiori del 13% rispetto al 2023, quando sono state 1,49 milioni.
Nell’Unione Europea attualmente risiedono 41 milioni di persone che non posseggono cittadinanza. Di questi, 14 milioni sono cittadini di uno stato UE, Italia inclusa, 27 milioni appartengono a Paesi terzi. I rifugiati e richiedenti asilo nella UE erano, a fine 2023, 8,4 milioni, ossia l’1,89% della popolazione totale di 444 milioni. Il loro numero rappresenta circa il 7,2% del totale mondiale. Di questi risiedono in Germania circa 3 milioni, 978 mila in Polonia e 744 mila in Francia. In Italia le domande di asilo registrate nel 2023 sono state 136.826, il doppio rispetto alle 77.200 del 2022.
Il Piano Mattei «evaporato»
Dunque, l’affermazione «aiutiamoli a casa loro» si è trasformata in «aiutiamoli a casa d’altri», alla faccia dello sbandierato Piano Mattei, evaporato sotto il sole cocente dei deserti africani.
L’Europa – ritenendosi ogni giorno a venire sempre più in guerra e in fase accelerata di riarmo – blinda, nel mentre, le frontiere e impone restrizioni degradanti a persone inermi ed innocenti, detenendole, illegalmente, nei Centri di espulsione, veri e propri campi di reclusione.
La deriva persecutoria nei confronti delle persone in cerca di dignità e di rispetto, in fuga da povertà, guerre e disastri ecologici, sta investendo tutto il cosiddetto mondo occidentale, sullo stile del nuovo presidente americano. Il rotolare dell’etica politica è finito nel pantano della menzogna e del grottesco. E molti capi di Governo vi si rotolano beatamente sotto lo sguardo beota di molti cittadini complici.
Il futuro prossimo non vedrà calare il numero dei richiedenti asilo e dei fuggiaschi ma sicuramente vedrà aumentare il numero delle vittime dei trafficanti legati a doppio filo alle politiche restrittive ed espulsive dei Governi, bellicosi, ignavi e corrotti.
Una nuova cittadinanza attiva – magari «credente» e responsabile – deve trovare il coraggio di contrastare questo evidente declino della nostra civiltà, o rappresentare, almeno, una minoranza etica di un tessuto democratico resistente per i giorni duri e bui che stiamo vivendo e che ancora ci attendono.