Sinistra: tra superbia e remissività

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Noi a sinistra oscilliamo troppe volte fra la superbia sprezzante dell’altro – quello che Franco Debenedetti ha definito il “complesso dei migliori” – e un atteggiamento remissivo e imbelle. Da un lato tendiamo a guardare l’avversario con sufficienza, dall’altro a esserne timorosi e, dunque, subalterni, magari in nome di un malinteso “buonismo” (uno di quei vocaboli che detesto).

Quando invece la politica si nutre del conflitto. Un conflitto che ha da essere nonviolento, ma pur sempre di conflitto si tratta. Non la polemica fine a se stessa e neppure un modo bellicoso – tutto artigli e rumore, alla maniera di certa destra – di porsi, bensì la consapevolezza che senza lotta politica e sociale non si contrasta l’esistente. E cos’è che ci caratterizza come sinistra se non il proposito di cambiarlo, l’esistente?

Il grande Voltaire, fra i maggiori autori del secolo dei Lumi, concludeva le sue lettere con l’esortazione écrasez l’infâme (“schiacciate l’infame”), imitando Catone il Censore che, nell’antica Roma, non si stancava di ripetere: Delenda Carthago (“Cartagine va distrutta”).

Noi oggi sappiamo che nessuno va schiacciato nel sangue, se non in situazioni estreme (sangue chiama sangue, fino all’autodistruzione). La violenza fisica, l’omicidio corrispondono ormai al suicidio. Lo possiamo affermare sulle spalle di giganti come il Mahatma Gandhi o il pastore Martin Luther King, e grazie alla consapevolezza della distruttività globale (come il nostro mondo-villaggio) degli attuali ordigni militari. Ciò non corrisponde, tuttavia, alla resa dinanzi ai (pre)potenti.

Del resto, Marco Pannella, che, nel collage simbolo del suo partito transnazionale, riproduceva l’effige proprio di Gandhi, non temeva di esclamare: «Mosca delenda» (è da distruggere: intendendo con Mosca l’impero dispotico sorto sulle ceneri dei soviet).

Non pochi, oggi, a sinistra, unendo supponenza e impotenza, sembrano più che mai pavidi e timorosi, inetti nell’agone politico, inconcludenti. Protesi tutt’al più a riservarsi una nicchia. Da qui, anche, la mia ammirazione per Elly Schlein, che prova a mostrarsi determinata e combattiva.

Il riformismo o è di popolo o non è: gli atteggiamenti spocchiosi esprimono spesso, infatti, una concezione elitaria della politica e del mondo. La lotta politica e sociale non è, non può ridursi a mera esibizione muscolare o al chiasso incapace di dire alcunché, ma neppure alla semplice soluzione dei problemi calata dall’alta e offerta al popolo dai tecnici o dai sapientoni. “Il movimento è tutto”, insegnava Eduard Bernstein.

E per agire concretamente nelle pieghe della società e della politica occorre contrastare l’ignavia. Ecco il vero peccato: l’ignavia, la pusillanimità. Questa è anche la lezione dell’Alighieri, da troppi dimenticata.

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4 Commenti

  1. Claudio Anselmo 30 agosto 2023
  2. Claudio Anselmo 30 agosto 2023
  3. Fabio 29 agosto 2023
  4. Adelmo Li Cauzi 28 agosto 2023

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