La mozione votata dalla Seconda Assemblea sinodale: 854 votanti, con 835 favorevoli; 12 contrari; 7 astenuti.
L’Assemblea Sinodale delle Chiese in Italia, riunita a Roma dal 31 marzo al 3 aprile, nel solco del cammino compiuto in questi anni guidato dall’ascolto della Parola e dallo Spirito, continua a cogliere i segni dell’azione di Dio nel “cambiamento d’epoca” con il proposito di rilanciare e orientare il percorso ecclesiale di conversione missionaria.
Ugualmente sperimenta l’ascolto reciproco, che caratterizza l’intero percorso sinodale, valutando la situazione delle comunità ecclesiali inserite nei vari territori del Paese. In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature, esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile.
Cogliendo la ricchezza della condivisione, questa Assemblea stabilisce che il testo delle Proposizioni, dal titolo “Perché la gioia sia piena”, venga affidato alla Presidenza del Comitato Nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi.
Al tempo stesso, l’Assemblea fissa un nuovo appuntamento per la votazione del Documento contenente le Proposizioni per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione. Farà seguito la fase di ricezione.
L’intervento di mons. Castellucci
Comincio, esprimendo gratitudine, con una confidenza: in questi giorni ho ricevuto attestati di vicinanza da parte di alcuni di voi che, incontrandomi, sorridevano a labbra strette e mi davano una pacca sulla spalla, come si fa quando si porgono le condoglianze.
Ringrazio per queste attenzioni, rassicurando comunque che il mio stato d’animo è di prevalente gratitudine a questa Assemblea, in tutte le sue componenti: è stata definita da alcuni un’Assemblea “ribelle”, ma è stata piuttosto un’Assemblea viva: critica, leale, appassionata per la Chiesa e la sua missione.
Nella lunga riunione della Presidenza del Comitato, ieri pomeriggio e sera, per la nostra Assemblea di questi giorni – sia nei momenti comuni sia in quelli dei gruppi – è stato speso più volte l’aggettivo “generativa”. Aggiungerei che abbiamo vissuto dei giorni davvero “spirituali”, non solo nei momenti di preghiera, ma anche in quelli di dialogo, dibattito, confronto e ricerca di consenso.
L’azione dello Spirito, infatti, non mira al livellamento e all’uniformità, ma alla comunione, che è armonia delle diversità e ricerca di una sintesi superiore. Così accade fin dalla prima grande riunione ecclesiale, da alcuni definita addirittura “Concilio di Gerusalemme”, di cui abbiamo un sintetico verbale nel cap. 15 degli Atti degli Apostoli. Questa riunione si svolse a partire da discussioni con i cristiani giudaizzanti, vide gli interventi di Pietro, Giacomo, Paolo e Barnaba, e si concluse con un dissenso proprio tra Paolo e Barnaba, che da quel momento si separarono.
Alla fine, votarono una sola “Proposizione” (l’asciugatura lì è stata massima), ma decisiva per la vita della Chiesa: “È parso bene, infatti, allo Spirito Santo e a noi, di non imporvi altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenersi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalle unioni illegittime” (At 15,28-29).
I momenti di tensione, dunque, fanno dunque parte da sempre dei percorsi sinodali e sono esperienze spirituali, se vissuti – come è successo in questa Assemblea – in modo costruttivo. Nel discorso di chiusura del Sinodo ordinario dei Vescovi sulla famiglia, Papa Francesco disse, con la consueta franchezza: “Nel cammino di questo Sinodo le opinioni diverse che si sono espresse liberamente – e purtroppo talvolta con metodi non del tutto benevoli (ma si riferiva ai Vescovi, ndr.) – hanno certamente arricchito e animato il dialogo, offrendo un’immagine viva di una Chiesa che non usa ‘moduli preconfezionati’, ma che attinge dalla fonte inesauribile della sua fede acqua viva per dissetare i cuori inariditi” (24 ottobre 2015).
L’opinione comune non si forma solo sull’ascolto, ma anche sul dibattito, che orienta a una votazione per registrare il consenso.
Non è inutile ricordare che il nostro Cammino sinodale si è mosso liberamente rispetto ai canoni di un Sinodo vero e proprio o di un Concilio. Abbiamo percorso in questi anni tre tappe – narrativa, sapienziale e ora profetica – che si sono precisate un po’ alla volta, con scelte ispirate dalla realtà che si stava snodando, non solo riguardo ai contenuti (ad esempio all’inizio non sapevamo quali argomenti sarebbero stati prioritari), ma anche riguardo alle modalità (ad esempio, all’inizio avevamo previsto una sola Assemblea sinodale finale e poi ne sono nate due… e in questi giorni ne è stata proposta una terza).
È difficile, ma è anche appassionante, lasciarsi condurre dalla realtà, nella convinzione che lo Spirito semini in essa delle tracce da discernere alla luce del Vangelo. Si chiamano, in grande, “i segni dei tempi”; e nel nostro piccolo possiamo chiamarli “tracce del Regno”.
È importane anche ribadire che non stiamo semplicemente celebrando degli eventi, ma dei processi, e che per questo il peso dei documenti prodotti è da misurare sul cambiamento degli stili ecclesiali. Come ci è stato ricordato in quest’Aula, la profezia non sta tanto nelle carte e nemmeno la si può attribuire a se stessi, ma si verifica negli eventi e nelle esperienze.
Un libro può esprimere e incentivare l’auspicata conversione comunitaria, ma non la può surrogare. L’esperienza di sinodalità di questi anni, che Lucia Capuzzi ci ha narrato aprendo i lavori dell’Assemblea, è già un frutto grande del Cammino sinodale, da custodire anche attraverso i documenti.
Questo processo sinodale rappresenta una novità per le Chiese del nostro Paese. Certo, i cinque decenni post-conciliari precedenti, più volte rammentati nei testi di questi anni, erano esperienze di coinvolgimento e partecipazione. Ma il metodo è stato cambiato, proprio sulla spinta della visione di sinodalità introdotta da Papa Francesco.
Prima veniva steso un documento di orientamento all’inizio di ogni decennio, seguito da altri documenti che scandivano la recezione nelle Chiese; e a metà decennio un Convegno nazionale evidenziava la dimensione sociale e culturale del tema scelto.
In questo decennio, invece, siamo partiti dalla consultazione aperta all’intero Popolo di Dio e poi, fase dopo fase, siamo arrivati alle Assemblee sinodali di metà decennio, per fissare alcune priorità e rilanciare orientamenti pastorali che nei prossimi anni dovranno essere recepiti: non più, però, come testi elaborati per così dire dagli esperti e consegnati a tutti, ma elaborati da tutti – ovviamente con le necessarie e inevitabili mediazioni – e consegnati a tutti. Non è un cambiamento da poco.
Veniamo ora alla cronaca recente. La terza fase – lo ricordo ancora una volta – si è aperta con l’Assemblea della CEI dello scorso maggio, dalla quale sono sorti i Lineamenti, consegnati, attraverso vari passaggi e rielaborazioni, alla prima Assemblea del novembre scorso. Di qui è nato lo Strumento di Lavoro, sul quale le Chiese in Italia hanno potuto offrire i loro contributi nei mesi di gennaio e febbraio: il 2 marzo era il limite entro il quale consegnarli e, di fatto, entro i primi giorni di marzo ne sono giunti 196 dalle Diocesi più altri da associazioni e gruppi.
A questo punto segnalo e ammetto alcune carenze nel percorso del mese di marzo, dovute anche al fatto che il passaggio da queste sintesi alla nostra Assemblea si è dovuto contrarre nell’arco di tre settimane. Nei primi giorni del mese, la Presidenza del Cammino sinodale ha letto tutti i contributi e alcuni dei membri hanno steso un primo testo di sintesi, di 74.000 caratteri, letto integralmente e discusso l’11 marzo nel Consiglio Episcopale Permanente; in quella riunione ne è stata chiesta la riduzione drastica, perché si arrivasse alla forma di Proposizioni (come da Regolamento) sintetiche e mirate.
Probabilmente la dieta è stata eccessiva, avendo eliminato anche tutte le citazioni e ridotto il testo a 46.000 battute. Questo lavoro ha richiesto alcuni giorni (si doveva anche impaginare e stampare) ed è stato poi presentato al Comitato Nazionale del Cammino sinodale in una rapida riunione online il 28 marzo, prima di essere inviato a tutti i delegati il giorno dopo.
Una seconda carenza, oltre a quella della tempistica, ha riguardato la comunicazione. Abbiamo dato per scontato che tutti conoscessero il genere letterario delle Proposizioni e lo condividessero. Dovevamo certamente spiegare meglio che le Proposizioni andavano lette alla luce dei testi precedenti, soprattutto i Lineamenti e lo Strumento di Lavoro, e abbiamo supposto, sbagliando, che fosse chiaro che le Proposizioni erano pensate come testo di passaggio, quasi un indice ragionato, che doveva aprire la strada ad alcune decisioni concrete e poi soprattutto al recupero della ricchezza del quadriennio.
Dovevamo valutare meglio che questo genere letterario, da alcuni ritenuto sorpassato, in un percorso così ricco come quello del quadriennio, può risultare arido e povero, senza riuscire a mostrare una reale continuità rispetto ai documenti precedenti.
Cosa fare ora? Ne abbiamo parlato ieri nella Presidenza del Comitato e nel Consiglio Episcopale Permanente. Abbiamo ribadito che la Chiesa non è composta da guide che ignorano il “sentire” del popolo (di Dio), tirando dritto come se avessero sempre ragione – cosa purtroppo molto diffusa oggi nelle tendenze sovraniste e dittatoriali – ma è composta da guide chiamate a discernere la presenza e l’azione dello Spirito nel Popolo di Dio, del quale fanno parte. Si cresce insieme, ciascuno secondo i propri doni e le proprie responsabilità.
Il testo proposto di fatto è apparso inadeguato. L’Assemblea di martedì mattina e le moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi richiedono un ripensamento globale del testo e non solo l’aggiustamento di alcune sue parti. I gruppi in queste due mezze giornate hanno lavorato molto bene, intensamente e creativamente, ritrovando nel testo talvolta anche ricchezze che non emergevano ad una prima lettura, e hanno integrato e corretto il testo; che tuttavia non si presenta ancora maturo.
Ora vi verranno restituiti i lavori svolti nei gruppi e poi verrà avanzata una mozione da votare, per impostare il seguito del Cammino sinodale.
Anticipo che vorremmo fare un passo avanti, non “tirare una riga” e ricominciare, perché abbiamo alle spalle quattro anni di Cammino delle nostre Chiese: vorremmo andare verso un testo che, pur mirando alla sintesi e orientandosi a decisioni votabili (prima o poi occorre pure decidere), sia più discorsivo del presente testo delle Proposizioni, anche emendato con i lavori di questi giorni, e più ricco e profondo.
Per la tempistica futura, dei prossimi anni di recezione, come già detto ci intrecceremo con il calendario della recezione del Sinodo universale. Per la tempistica prossima, invece, che riguarda la conclusione del nostro Cammino sinodale, verrà proposta tra poco un’ipotesi al voto di questa Assemblea, che ringrazio ancora.
Da “Parole, parole, parole” a “L’importante è finire”
Due sole parole: evviva e finalmente!!
Sottoscrivo in pieno la posizione di mons. Lorizio. Un gruppo di gestione responsabile, dovrebbe dimettersi. Le proposizioni proposte erano semplicemente inconcludenti e generiche. Inoltre neanche sono state rese pubbliche. Poi come sempre hanno circolato, perché è sciocco darle a mille delegati e pretendere che non circolino al di fuori. Dovrebbero dimettersi, lasciare perdere e farsi da parte. Per senso di responsabilità e di decenza. Poi le amenità dell’amico del primo commento su spirito cristiano, voce in capitolo in base a ordinazione e consacrazione, un approccio che non deve essere orizzontale… ma per favore! Così pensando nulla si modifica. Se tutto e tutti restano al loro posto, tutto cambia e nulla cambia. Serve una diversa mentalità e farsi da parte sarebbe il primo passo nella direzione giusta. E sottoscrivo in pieno anche la posizione di Andrea Grillo: per fortuna qualcosa è accaduto.
Era successa la stessa cosa al concilio. La curia aveva fatto degli schemi che i vescovi avrebbero dovuto votare, ma così non è avvenuto. Papa Giovanni XXIII intervenendo autorevolmente ha permesso che il Concilio fosse preso nelle mani dei vescovi che erano stati convocati e che venivano da ogni parte del mondo. Così oggi, un vescovo carismatico, Mons. Castellucci permette che la sinodalità si possa esprimere e metta a frutto ciò che negli anni precedenti alcuni alcuni gruppi sensibili avevano fatto. Questa è proprio una prova della presenza dello Spirito Santo a Roma, che lancia la Chiesa in Italia in un cammino inedito, sinodale!! Rendiamo grazie a Dio
Mi permetto un commento approfittando del dibattito che e’ qui presente di seguito alla pubblicazione dell’intervento di stamani di Monsignor Castellucci. In primo luogo apprezzo il suo intervento, ma analoghe parole non posso esprimerle per i contenuti dell’articolo pubblicato sempre su questo portale a firma di Andrea Grillo. Già il titolo mi appare grossolano e non voglio andare oltre. Comunque, se questo è lo spirito con cui si affronta questo momento, ritengo di dover dire che non è questo lo spirito giusto, non penso nemmeno che sia uno spirito cristiano.
Poi faccio due considerazioni. Rendiamoci benissimo conto che quello che è successo in questi giorni a Roma non ha coinvolto la chiesa italiana. Ha coinvolto poco meno di 1000 appartenenti alla chiesa italiana (diciamo effettivamente le cose come sono) che sono “arrivati” a Roma perche’ in Diocesi si sono resi disponibili a fare quello che a livello nazionale hanno tentato di riuscire a fare i responsabili centrali del Sinodo.
Dei quasi mille delegati, alcuni potrebbero avere piena voce in capitolo in ragione della loro consacrazione e ordinazione; gli altri potrebbero anch’essi avere un’auterevole voce in capitolo, ma fermandosi in un punto: il punto è la soglia del mistero eucaristico; in tutto questo dibattito, come si è detto in più occasioni, si continua a parlare in termini aziendalistici, si continua a parlare come se fossimo all’interno di una organizzazione non governativa, per spartirsi spazi, occasioni, opportunita’ e autocompiacimento; della missione della Chiesa non interessa nulla ai piu e se anche gli interessa questa attenzione passa ampiamente in un ben defilato secondo piano. E persino a coloro a cui interessa veramente il contesto ambientale in cui si svolgono questi incontri queste assemblea li fa desistere dal preoccuparsi
seriamente della missione della Chiesa.
E’ un approccio veramente orizzontale e al centro, anche se tanti parlano di chiesa vivace, di conversazione nello spirito, i fatti, i risultati, gli atteggiamenti come ho prima esemplificato, sono ben lontani dall’amore che Dio esprime attraverso il dono dell’eucarestia.
Mi permetto un appello ai vescovi, ai sacerdoti: facendosi forza della Verita’, lontani dai venti della falsa attualita’ e soprattutto delle ideologie, riconduncano immediatamente questo popolo di 1000 delegati a Cristo e aprano loro la mente e i cuori, pena, forse, la caduta in un abisso ricco di rancore, strumentalizzazioni e inganno per le generazioni attuali e future!
Pastori, dove siete?
Grazie don Erio, speriamo tutti che le decisioni siano chiare e profetiche!
Visto l’esito dell’assemblea una leadership seria e a servizio della Chiesa e del Paese dovrebbe semplicemente dimettersi visto che non è stata e non è capace di interpretare il sentire ecclesiale espresso da membri certo non pericolosamente rivoluzionari
Sembrava che il cammino sinodale italiano e poi le assembee sinodali fossero soporifere e sonnacchiose, ma oggi ho avuto un sobbalzo dalla sedia. La crisi della Chiesa Italiana c’è ed è evidente. La Chiesa ha voluto vivere solo convegni (e si vede!) e quando ha intrapreso timidamente il cammno sinodale ha incontrato lo Spirito e la voce di alcune persone in più, e per la verità non molte. Ed oggi che le timide e inconcludenti proposizioni sono state cassate, bisogna mettersi in ascolto per capire cosa dice veramente lo Spirito alla Chiesa italiana. Se la Chiesa italiana vuole essere veramente missionaria, allora deve essere sinodale. La Chiesa italiana abitudinaria, sonnacchiosa e soporifera oggi ha ricevuto la sveglia dello Spirito per mettersi in cammno.