Sinodo italiano: serve ancora tempo

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Non è facile descrivere che cosa è stata, per chi vi ha preso parte, la Seconda assemblea nazionale del Cammino sinodale della Chiesa in Italia. Provo ad andare per ordine.

Prima della partenza per Roma (31 marzo), l’attesa dei delegati era quella di lavorare su un testo contenente 50 proposizioni prodotte a partire dallo Strumento di lavoro e dalle sintesi che le diocesi avevano inviato (a inizio marzo) dopo un’ultima fase di confronto sulle schede dello stesso documento. Le proposizioni – genere previsto dal regolamento e forse poco noto a molti dei partecipanti – avrebbero dovuto rappresentare, in una sintesi estrema, una sorta di «indice ragionato» delle questioni fondamentali emerse lungo i quattro anni del Cammino.

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I vincoli previsti per il confronto (nei gruppi di lavoro) esprimevano la convinzione della Presidenza del Cammino sinodale di giungere – con pochi emendamenti – alla formulazione definitiva delle proposizioni, che nella mattina conclusiva (3 aprile) dovevano essere votate. Una volta approvate, sarebbero state consegnate alla Assemblea generale della CEI di maggio, ultimo passo prima della redazione del documento finale. Questo era il programma.

Ma qui è successo qualcosa di inatteso. Nella sessione plenaria di martedì mattina le cinquanta persone ammesse a parlare (e le almeno altrettante che hanno consegnato interventi scritti) hanno espresso in modi diversi quello che è parso, alla fine, un giudizio di sostanziale inadeguatezza del testo presentato.

Era evidente: l’assemblea non aveva recepito la proposta della Presidenza. Tanto che – in un’Aula Paolo VI che sosteneva con l’applauso quasi tutti gli interventi – qualcuno ha anche proposto di votare per valutare il consenso sul testo e decidere come proseguire (impossibile, si diceva, emendare un testo complessivamente inadeguato).

La scelta della Presidenza – a quel punto davvero delicata – è stata quella di proseguire con i previsti lavori di gruppo. Togliendo però i vincoli stabiliti in precedenza e aprendo il confronto nei gruppi (guidati ciascuno da un facilitatore) alla possibilità di emendare radicalmente, o anche riscrivere, i testi delle proposizioni. E i gruppi si sono messi seriamente all’opera, proprio come accaduto nell’Assemblea di novembre. Ma a questo punto, con un mandato piuttosto diverso. Ed è stata per i partecipanti una nuova, significativa esperienza della forza di un metodo che parte dall’ascolto e dalle sensibilità di tutti per convergere su una scelta avvertita come la più opportuna dalla maggioranza qualificata (questa volta si è votato anche nei gruppi di lavoro).

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È apparso presto chiaro che, di fronte a tanti suggerimenti di cambiamento, correzione, integrazione, sarebbe stato impossibile per la Presidenza giungere a una formulazione delle proposizioni votabile il giorno successivo.

Così – nel pomeriggio dedicato al pellegrinaggio giubilare dei delegati attraverso la porta santa (2 aprile) – una lunga riunione della Presidenza del Cammino sinodale (che si è poi confrontata con il Consiglio permanente dei vescovi in serata), ha maturato la scelta di ritirare il testo, di non portarlo al voto (quale formulazione sarebbe stata a quel punto proposta?) e di utilizzare i suggerimenti ricevuti per mettere al lavoro la Presidenza, insieme a tutto il Comitato nazionale e ai facilitatori dei gruppi, per una nuova e più matura redazione del documento.

È parso questo il gesto più sinodale di tutto il percorso. Testimonianza, nei fatti, che la sinodalità inizia concretamente a imprimersi come stile – seppure in una parte ancora piccola, ma rappresentativa – dentro il processo di decisione di quanto concerne la vita delle nostre comunità. Presidenza e assemblea animati da una comune passione, al netto di possibili posizioni ideologiche (inevitabili in una dinamica assembleare tanto ampia) che – è bene sottolinearlo – non hanno né animato nella sostanza né conferito il tono al confronto.

L’Assemblea si è caratterizzata per la franchezza con cui si è espressa e per l’impegno con cui ha lavorato alla riscrittura del testo; e la Presidenza (del Cammino sinodale, ma anche dei vescovi italiani) è stata capace di ascolto, cambiando direzione, senza forzare (nonostante ci fossero inevitabili spinte anche in tale direzione).

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Lo ha riconosciuto, con la consueta lucidità, mons. Erio Castellucci nel suo atteso intervento conclusivo durante la plenaria dell’ultimo giorno (3 aprile), facendo sintesi dell’accaduto: «La Chiesa non è composta da guide che ignorano il “sentire” del popolo (di Dio), tirando dritto come se avessero sempre ragione, ma è composta da guide chiamate a discernere la presenza e l’azione dello Spirito nel Popolo di Dio, del quale fanno parte.

Si cresce insieme, ciascuno secondo i propri doni e le proprie responsabilità. Il testo proposto di fatto è apparso inadeguato. L’Assemblea di martedì mattina e le moltissime proposte di emendamento avanzate dai 28 gruppi richiedono un ripensamento globale del testo e non solo l’aggiustamento di alcune sue parti.

I gruppi in queste due mezze giornate hanno lavorato molto bene, intensamente e creativamente, ritrovando nel testo talvolta anche ricchezze che non emergevano a una prima lettura, e hanno integrato e corretto il testo; che tuttavia non si presenta ancora maturo. (…) Vorremmo andare verso un testo che, pur mirando alla sintesi e orientandosi a decisioni votabili (prima o poi occorre pure decidere), sia più discorsivo del presente testo, anche emendato con i lavori di questi giorni, e più ricco e profondo».

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Appaiono del tutto insufficienti le letture che hanno voluto contrapporre qualcuno a qualcun altro nella dinamica di questi giorni (come hanno fatto subito i titoli dei maggiori quotidiani nazionali). È evidente che qualcosa non ha funzionato nella stesura delle proposizioni. E questo è il punto rimasto forse meno chiaro.

Non sarà mancato qualcuno più orientato in difesa delle proprie personali convinzioni e meno disponibile al confronto. Ma sarebbe ingiusto nei confronti di quanto si è espresso ignorare l’evidenza di una attuazione, se si vuole incipiente ma concreta, della sinodalità della Chiesa dalla quale tutti abbiamo imparato, guide e delegati.

«Quello che è successo negli ultimi giorni a Roma, durante i lavori della Seconda assemblea sinodale delle Chiese in Italia – ha scritto Alessandro Zaccuri su Avvenire (4 aprile) –, dimostra come la parresia sia divenuta una prassi indiscutibile e non sia più un generico auspicio. Per qualcuno sarà una sorpresa, per chi ha partecipato agli ormai quattro anni del Cammino sinodale è una conferma».

La mozione conclusiva – l’unica alla fine votata in assemblea – ha accolto la decisione di affidare il testo delle proposizioni «alla Presidenza del Comitato nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi». La convocazione della terza Assemblea nazionale per la votazione del nuovo documento è stata fissata per sabato 25 ottobre, in occasione del Giubileo delle équipe sinodali e degli Organismi di partecipazione.

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30 Commenti

  1. Maria Laura Innocenti 9 aprile 2025
  2. Ugo 8 aprile 2025
  3. Adriano Bregolin 6 aprile 2025
  4. Salvo Coco 5 aprile 2025
    • Adelmo Li Cauzi 6 aprile 2025
      • Salvo Coco 7 aprile 2025
        • Adelmo Li Cauzi 9 aprile 2025
    • anima errante 6 aprile 2025
      • Angela 6 aprile 2025
        • anima errante 9 aprile 2025
          • Sara 9 aprile 2025
    • Gian Piero 6 aprile 2025
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        • Angela 7 aprile 2025
    • Tracanna Anna Rita 8 aprile 2025
      • Anima errante 9 aprile 2025
  5. Gian Piero 5 aprile 2025
    • Marco 6 aprile 2025
    • Tracanna Anna Rita 8 aprile 2025
      • Marco 8 aprile 2025
  6. Pietro 5 aprile 2025
  7. Giuseppe Savagnone 5 aprile 2025
    • Angela 5 aprile 2025
    • 68ina felice 5 aprile 2025
  8. 68ina felice 5 aprile 2025
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  10. Adelmo Li Cauzi 5 aprile 2025
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      • Anima errante 5 aprile 2025
        • Angela 5 aprile 2025

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