Che senso ha il fare risuonare la voce di Giuseppe Dossetti, la tensione ad “essere pace” che ha attraversato la sua vita, in questo momento storico e nel cuore di una guerra, in Ucraina, a cui non si vuole mettere fine?
La scelta della casa editrice Zikkaron[1] – nata dalla Piccola Famiglia dell’Annunziata e gestita ora da Insight[2] – di proporre oggi uno dei testi più meditati e profondi di Dossetti, l’introduzione a “Le querce di Monte Sole” di Luciano Gherardi, in un’agile pubblicazione, accompagnandolo con interessanti testi di approfondimento da parte di Fabrizio Mandreoli, Angelo Baldassarri, Enrico Galavotti, Beatrice Orlandini, intende risvegliare il pensiero e lo sguardo conformista in cui ci si è adagiati, immersi in una narrazione che induce alla passività e alla rassegnazione.
“Finché ci sia tempo“[3] questo è il titolo del libro che riecheggia il senso di urgenza con cui Dossetti invita, ad opporsi a ogni inizio di “sistema di male”.
Ed è, pensandolo oggi, una spina nel fianco per la pochezza delle strategie culturali e politiche con cui non si è saputo prevenire il degenerare di una situazione che si sapeva esplosiva da anni, anzi si è fatto di tutto per favorirlo.
Ed è anche un monito attualissimo dinanzi alla stoltezza di chi, da entrambe le parti, getta ogni giorno benzina sul fuoco di un conflitto che appare sempre più “totale” e senza ritorno per cui la “coscienza non solo lucida, ma vigile” che – scrive Dossetti – “occorre proporsi di conservare”, oggi è da rigenerare totalmente, dissipando le nebbie di una retorica superficiale e bellicista.
Una lucida coscienza storica
L’impegno per una lucida coscienza storica – scrive Dossetti, rivolgendosi soprattutto ai cristiani – è “la prima cosa da fare, in modo molto risoluto, sistematico, profondo e vasto”.
E allora, dinanzi al conflitto in cui siamo immersi, può bastare il semplicismo di chi si ancora alla “difesa dei valori occidentali” dinanzi al “imperialismo asiatico” o alle dissertazioni sulla guerra del gas?
Se è vero – come oggi è sotto gli occhi di tutti – che è in atto un conflitto tra due blocchi imperiali e il popolo ucraino ne è la vittima sacrificale, abbiamo l’onestà e il coraggio di scrutare le logiche imperiali che sottendono l’agire dei due blocchi, in modi, peraltro, non troppo dissimili? E, per stare nel nostro campo geopolitico, abbiamo il coraggio di un’approfondita disamina storica sul ruolo della NATO nella “guerra dei trent’anni” che, dal 1991 ad oggi, ha insanguinato il mondo? Si possono prendere decisioni politiche significative senza interrogarsi su questi nodi della nostra storia recente?
La quotidiana e ossessiva professione di fede nell'”atlantismo” non è il sintomo di una paralisi del pensiero e della cecità di chi non coglie il conseguente progetto di sfaldamento di ciò che resta del progetto di unione europea?
Una revisione della propria cultura
Occorre compiere – scrive ancora Dossetti – “una revisione rigorosa di tutto il proprio patrimonio culturale e specialmente religioso”.
In questi mesi di guerra sono riecheggiati antichi discorsi sulla “guerra giusta”, sulla “vittoria”, sul “nemico”, sulla “sacralità dei confini”.
E udirli non solo sulla bocca del patriarca dell’ortodossia russa, ma anche in quella dei preti dell’ortodossia ucraina e anche in quelli cattolici, non può che sollecitare un interrogativo inquietante sul come il pensiero cristiano, nelle sue diverse articolazioni, non abbia saputo reggere l’urto e la prova di questo conflitto senza rifugiarsi in visioni teologiche ed etiche del tutto inadeguate e lontane dal dirompente spirito evangelico.
L’acquiescenza della riflessione cristiana ai nazionalismi non è una grande novità, ma vederla riproporre in questi mesi con tanta determinazione è stato un ben triste spettacolo. E la limpida profezia evangelica di papa Francesco – richiamata dal card. Zuppi nella bella prefazione – è stata sovente affossata e lasciata in una grande solitudine.
E ancora è emerso – soprattutto nei nostri politici – l’autentico analfabetismo in ordine alla possibilità di una resistenza nonviolenta all’ingiustizia dell’aggressore, come se le numerose esperienze storiche vissute con questa tensione non avessero avuto un’efficacia ben maggiore rispetto alla logica delle armi e al gigantesco business ad esse legato.
Invece di declamare “l’eroismo” del tanto sangue versato, perché non seguire il principio del “sangue risparmiato” e farne l’orizzonte delle proprie scelte politiche? O continueremo a mandare armi per aggiungere massacro a massacro?
La normalità delle stragi
Il riferimento alla vicenda di Monte Sole, un “delitto castale” – scrive Dossetti in pagine di grande profondità in cui ne coglie il retroterra culturale e antropologico – non può non rinviarci alle tante stragi della popolazione civile ucraina di questi mesi, anch’esse espressione della “negazione radicale dell’umanità di chi è diverso”, anch’esse dirette principalmente verso i più deboli: bambini, donne, vecchi, anch’esse motivate da uomini “in balìa dell’idolo, cioè della potenza spirituale di cui l’idolo è simbolo”.
Ora dinanzi “a questo scatenamento di forze e potenze negative” che ha condotto pure a progettare la possibilità concreta di utilizzare l’ordigno nucleare, la reazione è stata interna alla stessa logica, opponendo minaccia a minaccia, normalizzando la quotidianità delle stragi, rinviando a un improbabile futuro tribunale ogni denuncia e scegliendo di ampliare e dilatare nel tempo la potenza distruttiva dell’idolo bellico a cui entrambi i blocchi sono chiaramente asserviti e tutto questo sulla pelle della popolazione ucraina più debole.
Il grande sonno
“Non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti” (Mt 24,39): così il vangelo di Matteo descrive l’atonia spirituale dei contemporanei di Noè e non si può non riconoscere in questo versetto i tratti del terribile assopimento di sguardi, pensieri e prospettive che oggi ci avvolge e che lascia campo libero a scelte politiche, ampiamente condivise, di straordinaria cecità e stoltezza.
Appaiono allora di straordinaria attualità le ultime pagine dello scritto di Dossetti in cui si dice che “occorre rendere possibile, consolidare e potenziare il pensare e l’agire per la pace in nome di Cristo con un ultimo elemento, il silenzio: molto silenzio al posto della assordante fragore che ora impera” (pag 94).
E, continua Dossetti, delineando un paesaggio che oggi ci è così familiare: “Il linguaggio, appunto, il metodo e lo stile preoccupato ed agitato, la ritorsione polemica non concorrono a edificare gli abiti virtuosi della sapienza… piuttosto operano non per il chiarimento delle idee, ma per una ulteriore confusione, non portano al rispetto e al riscatto dell’uomo, ma al suo asservimento ulteriore alla schiavitù dei sensi e delle emozioni: in definitiva contribuiscono non alla pace, ma alla guerra”. L’esortazione paolina a “svegliarsi dal sonno” oggi assume anche questa tonalità.
[2] https://www.zikkaron.com/wp-content/uploads/2022/07/Insight-presentazione-11.05.pdf
il libro è commovente e ancora attualissimo