Lo Spirito e la Chiesa /2: La libertà

di:

pentecoste

Per molte persone il valore più importante della vita è la libertà, intesa come la possibilità di cambiare le proprie scelte in modo da corrispondere al meglio ai propri bisogni e alle proprie aspirazioni del momento presente. In tale ottica, non importa tanto quello che si sceglie, quanto la possibilità di poterlo cambiare in qualunque momento.

Lo Spirito non è “davanti” ma “dentro” di noi

Quando si intende la libertà in questi termini e la si persegue come valore fondamentale della vita, diventa molto difficile essere realmente cristiani. La vita di fede viene vista inevitabilmente come una rinuncia al proprio diritto di condurre un’esistenza libera, per cui si rinuncia all’opzione religiosa o la si vive semplicemente come una risorsa, accanto a tante altre, da cui attingere un po’ di saggezza, mantenendo però il pieno controllo sulla propria vita.

Dal punto di vista teologico, questo timore nei confronti dell’esperienza cristiana dimentica l’esistenza e l’azione dello Spirito Santo, perché ritiene che Gesù e il Padre si limitino a stare di fronte a noi umani nella loro radicale alterità, e che quindi finiscano inevitabilmente per chiederci qualcosa di diverso da quello che noi sogniamo o di cui abbiamo realmente bisogno.

In realtà, nella tradizione cristiana il nostro rapporto con Gesù e con il Padre è mediato dallo Spirito Santo, che non sta davanti a noi ma che è in noi. Così scrive a questo riguardo il padre Y. Congar:

«“La comunione dello Spirito Santo non deve essere considerata identica alla nostra comunione con il Cristo, anche se ne è inseparabile. Il Figlio è stato inviato nel mondo, lo Spirito nei cuori (Gal 4,4-6). La comunione dello Spirito con lo spirito umano è immediata e diretta. Lui che scruta le profondità di Dio (1Cor 2,10 s) entra anche nelle profondità del nostro uomo interiore. I nostri corpi divengono il suo tabernacolo (1Cor 6,19; cf 3,16); ma la sua presenza sfugge alla vista nei penetralia (il più profondo) dei nostri spiriti, ove egli raggiunge, con la sua luce penetrante, i nostri pensieri e i nostri desideri inespressi” (H.B. Swete, The Holy Catholic Church, 1915). Lo Spirito, trascendente e unico, può penetrare tutto senza violare né violentare nulla. […] Così lo Spirito, unico e onnipresente, trascendente e interiore a tutti, sottile e sovrano, rispettoso delle libertà e potente nell’ispirarle, può promuovere il piano di Dio che si esprime nelle parole: comunione, parecchi (molti) in uno, uni-pluralità» (Y. Congar. Credo nello Spirito Santo. 2. Lo Spirito come vita, Queriniana, Brescia 1982, 24).

Secondo il teologo domenicano, lo Spirito non solo conosce perfettamente il mistero di Dio, cioè del Padre e del Figlio, ma a maggior ragione quello della nostra persona.

Lo Spirito è capace di entrare in profondità nella nostra interiorità, raggiungendo quei luoghi del nostro animo nei quali il nostro stesso sguardo non può arrivare. Se, in fondo, noi restiamo un mistero per noi stessi, questo non vale per lo Spirito, per il quale ogni mistero è svelato.

Questi, poi, raggiunge le profondità del nostro cuore come luce penetrante. Dunque, dove lo Spirito arriva, ci si comincia a vedere. Come quando si fa scendere una potente sorgente luminosa in una grotta molto profonda e buia, e improvvisamente emerge un mondo nascosto che nessuno aveva mai visto, così lo Spirito è in grado di scendere nelle profondità del nostro animo portando finalmente la luce. I nostri pensieri e i nostri desideri inespressi che vengono raggiunti da questa luce cominciano ad essere visti meglio anche da noi.

Lo Spirito rispetta la libertà

Eppure, nonostante lo Spirito conosca tutto, non viola nulla, non si impone, ma resta rispettoso della libertà delle persone. Lo Spirito ci consente di vedere in profondità quello che siamo, ispira la nostra libertà spingendoci ad assomigliare al Signore Gesù, ma poi rispetta le nostre scelte.

Questa azione viene svolta dallo Spirito in ogni persona, ma soprattutto in coloro che lo hanno ricevuto nel battesimo, al punto da essere diventati figli di Dio ad immagine di Gesù. Tra costoro lo Spirito crea la comunione ecclesiale, facendo sì che molti individui diventino uno.

Noi umani tendiamo ad unificare le pluralità di persone differenti attraverso una logica di potere, che le rende uniformi e le priva della loro libertà e peculiarità. Al contrario, lo Spirito Santo aiuta ciascuno ad aderire al disegno di Dio a partire dalla sua effettiva realtà, cioè da ciò che è contenuto nelle profondità del suo spirito, e in questo modo lo fa liberamente convergere nell’unità divina.

Per questo, non dobbiamo avere paura che l’esperienza spirituale ci privi della nostra libertà. Dio, attraverso il suo Spirito, non agisce in modo oppressivo o violento nella nostra vita.

Piuttosto, aprirsi all’azione dello Spirito significa diventare più liberi, cioè comprendere meglio se stessi, imparare a guardare le profondità del proprio animo con lo sguardo stesso di Dio e arrivare a riconoscere come la somiglianza al Signore Gesù rappresenti il compimento di tutto ciò che si desidera davvero e di cui si ha realmente bisogno.

Dal momento poi che la Chiesa dev’essere strumento dello Spirito, queste considerazioni sul suo modo di agire sono importanti anche per cogliere il senso della comunione ecclesiale. Questa non consiste nell’uniformarsi al pastore di turno, al fondatore della propria congregazione o movimento, ad un particolare maestro di spiritualità o ad altre figure ecclesiali. Dinamiche del genere portano solo all’uniformità, che priva le persone della loro libertà e, alla fine, della loro identità e dignità.

L’unità generata dallo Spirito consente a ciascuno di crescere nella somiglianza al Signore Gesù per una via unica e irripetibile, a partire dagli abissi della sua interiorità illuminati dalla potente luce dello Spirito.

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2 Commenti

  1. Mario 21 gennaio 2024
  2. Fabio Cittadini 23 novembre 2023

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