Pace: traguardo e cammino

di:
marcia della pace

49ma Marcia della pace, Bologna 31.12.2016

Sento tanta gioia per questa marcia della pace. È la vera benedizione di Dio, perché l’uomo di pace è splendente, luminoso, per sé e per gli altri. «Trova la pace in te e migliaia la troveranno attorno a te».

Chi sceglie la non violenza, (e va scelta, non viene da sola!), costruisce pace. Parlare di non violenza affidata in primis allo stile di ognuno ci ricorda che siamo ministri della sua pace. Non è astratto o talmente generico che non incide nella vita ordinaria! Ne parlava con la passione che ricordiamo e conserviamo Tonino Bello. La pace non è «un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. Non un nastro di partenza, ma uno striscione di arrivo. La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Esige alti costi di incomprensione e di sacrificio. Rifiuta la tentazione del godimento. Non tollera atteggiamenti sedentari.  Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale “vita pacifica”. Sì, la pace prima che traguardo, è cammino».

Non lucignoli ma ceri

Il tempo è sempre superiore allo spazio. Non vogliamo essere lucignoli fumiganti ma ceri pasquali, diceva, perché noi crediamo che la vita vince sulle tenebre. L’amore di più è lo stile della non violenza che papa Francesco ci affida, uscendo da un’idea individualista o solo esistenziale, perché diventi politica di pace. Rifiutiamo di parlare di non violenza tra noi, per compiacerci.

Thomas Merton diceva che «la pace non è una ricetta per un’evasione individualistica o per una realizzazione agonistica. Non vi può essere pace nel cuore dell’uomo che cerca pace solo per sé stesso. Per trovare la pace vera dobbiamo desiderare che gli altri abbiano pace come noi e dobbiamo essere pronti a sacrificare qualcosa della nostra pace e della nostra felicità affinché gli altri abbiano pace e possano essere felici».

La storia cambia, può cambiare! La storia deve cambiare, altrimenti non c’è futuro e dobbiamo avvertire il pericolo di avvenimenti terribili che «possono essere catastrofici per nazioni intere e forse anche per gran parte dell’umanità», diceva consapevolmente Paolo VI. Adesso è peggio di allora. Solo la non violenza è politica di pace e via per raggiungerla!

Dalla parte delle vittime

Per questo scegliamo di stare dalla parte delle vittime. Diceva Lercaro che «la Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte venga: la sua via non è la neutralità, ma la profezia». Non accettiamo la logica del lupo, perché solo così si vive la non violenza, con la complicità del “a me che importa”.

Parlare di politica significa che non è lo stesso come io vivo e che le scelte individuali hanno un valore enorme. Perché senza nonviolenza c’è violenza; senza difendere le vittime si finisce per accettare la logica delle armi. Occorre sempre parlare di pace e vivere oggi la pace, disarmando così la lingua e le mani, le nostre e quelle intorno a noi, come san Francesco che chiedeva ai suoi di attirare tutti alla pace, alla bontà, alla concordia con la loro mitezza.

Nonviolenza è uno stile

In un mondo dove la guerra è mondiale, divisa in pezzi, la pace anche è mondiale, e dobbiamo cercarla per tutti i pezzi che soffrono. Nel suo messaggio papa Francesco ripropone una via che in questi tempi di ipocrita e finto realismo sembra ingenuo: la nonviolenza. La propone sia nel livello locale e quotidiano come in quello mondiale, dimensioni finalmente non contrapposte. Egli pensa che sia lo stile caratteristico «delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme».

Non è solo un impegno fuori di noi, ma dentro; non è una parentesi ma uno stile; non è solo una pur importante buona azione esemplare ma è una politica per la pace.

Non è mai indifferente come vivo, sia nel male ma sia anche nel bene. Siamo spesso così individualisti da credere che tutto inizia e finisca con me. Non aspettiamo la fine della violenza per scegliere di essere non violenti! Significa non arrendersi al male e combatterlo con l’unico muro che protegge per davvero, con l’unica arma efficace e intelligente che può davvero sconfiggerlo, quella che è di Dio e in realtà la più vera dell’uomo: l’amore, con l’intelligenza e la forza che questo significa.

Questa è la “rivoluzione cristiana” di cui parlava papa Benedetto XVI. Bandiamo la violenza dal nostro cuore, dalle parole, dai gesti e vedremo le loro spade spezzate, finalmente gli aratri, le falci, perché «una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra», ma quella più divina e più umana che è l’arte della pace.

Matteo Maria Zuppi è arcivescovo di Bologna

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