La quaresima al tempo del Coronavirus

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Questa quaresima, che ci priva della messa festiva e feriale, deve farci riscoprire altri modi di vivere la preghiera, il digiuno e la carità.

La parola del Vangelo ha sempre la capacità di illuminare i giorni bui e sa svelare i segreti nascosti nelle nostre giornate confuse. È portatrice di speranza nei tempi nei quali noi sappiamo solo vedere problemi e siamo vinti dalle nostre paure.

A decostruire le nostre certezze è bastato un minuscolo virus, che pensavamo – nella nostra ingenuità e, forse, non senza una piccola dose di svalutazione – destinato a rimanere confinato all’interno della Cina…, un paese troppo lontano, abituato ad essere colpito da altri virus (la Sars nel 2002-2003) “incapaci” di raggiungere il nostro mondo.

Non ci sono volute molte settimane per riscoprirci ad essere la Wuhan d’Europa e la paura, la confusione, lo smarrimento si sono impadroniti di noi.

Quaresima Coronavirus

Pensiamo all’ansia per chi si è trovato, non si sa come, coinvolto nel contagio, soprattutto alle persone fragili e anziane che sono le più vulnerabili; pensiamo alla lotta che ingaggiano gli operatori della sanità, pensiamo allo sconcerto per le famiglie, che si trovano a gestire i bambini a casa per la chiusura delle attività scolastiche, pensiamo alla paura del mondo produttivo che viene immediatamente colpito e che sta già risentendo di forti perdite. Pensiamo a tutti noi, colti di sorpresa dalle restrizioni che prima la Regione e ora il Governo impongono per limitare la diffusione del contagio.

Quaresima e quarantena

Tra queste restrizioni c’è anche la sospensione delle ordinarie attività parrocchiali (il catechismo, gli incontri di ogni tipo), la sospensione della messa feriale (già dal 24 febbraio, impendendo così di celebrare il mercoledì delle ceneri e l’inizio della quaresima), l’invito a celebrare i funerali senza l’eucaristia e con un numero di persone limitato agli stretti congiunti.

Ora, dopo le misure adottate dal Governo il 4 marzo, anche la sospensione della celebrazione dell’eucaristia festiva, che per ora è limitata alla domenica 8 marzo, secondo le indicazioni dei vescovi della Regione Emilia-Romagna, uscite venerdì 6 marzo.

Alla luce della Parola del Vangelo e per dare senso a questo vuoto – che per noi cristiani è certamente difficile da accettare –, proponiamo tre riflessioni per aiutarci a vivere come opportunità di conversione le limitazioni e i sacrifici richiesti da questa situazione imprevista. Non dimentichiamo che quaresima quarantena hanno la stessa radice: un lungo tempo di isolamento.

 «Entra nella tua stanza, prega nel segreto» (Mt 6, 6)

La parola del Vangelo che apre il cammino della quaresima è affascinante e impegnativa.

Affascinante, perché evoca una relazione intima, segreta con il Padre, da custodire e di cui aver particolarmente cura in questo «tempo favorevole per la nostra conversione» (Ef 5,16). Una relazione in cui siamo assicurati che lui non mancherà all’appuntamento («il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà»), se noi ci faremo trovare in attesa dell’incontro…

Impegnativa, perché ci sfida ad una relazione “segreta”, appunto, personale, solitaria. Ed è lì, in questo tempo segreto che si gioca la partita della ricerca di un Dio che «vuole la sfida faccia a faccia», senza nessuno che ci veda, senza l’aiuto di altri…

La quaresima 2020, a causa del Coronavirus, è un forte invito a vivere questa parola del Vangelo e a credere alla sua promessa.

Quaresima Coronavirus

L’assenza della celebrazione comunitaria è una ferita e la preghiera liturgica non è un optional, ma preoccuparci solo di celebrare la messa in comunità o di assolvere il precetto festivo è uno sguardo troppo miope su ciò che il Signore ci sta dicendo.

Non si tratta, infatti, solo di obbedire volenti o nolenti alle autorità civili (i decreti non possono essere ignorati. Sarebbe un atto gravemente egoistico: che ne sarebbe delle tante norme di prevenzione, soprattutto per le categorie più a rischio come gli anziani o le persone malate, se dovessero contrarre il virus proprio in un momento di comunità?).

Possiamo vedere in queste ingiunzioni un invito a obbedire a questa parola del Vangelo che – non a caso – ascoltiamo proprio nel giorno in cui iniziamo la quaresima.

Non è questa quaresima un invito a vivere, quindi, un tempo “segreto” tra noi e il Padre? Quale la mia scelta per non trascurare la ricerca di Dio, ancora più urgente ora che non possiamo “cercarlo insieme”? Ricordiamo quanto insegna san Benedetto: chi prega solo in coro (nella liturgia) ma non anche da solo (nella sua stanza) non prega mai.

«Iniziare con questo digiuno» (colletta del mercoledì delle ceneri)

A tutti i digiuni si può pensare, iniziando la quaresima, ma non certo al digiuno dal pane eucaristico!

Abbiamo pensato spesso al digiuno dai dolci…, o – magari con maggior profondità – al digiuno dai nostri vizi o dalle nostre dipendenze, o – ancora più seriamente – al digiuno da tutto ciò che sfigura la nostra identità di figli amati, quando, ad esempio, viviamo come ribelli nei confronti della legge di Dio o quando viviamo come schiavi, ossessionati dall’osservanza di precetti o di nostre inutili preoccupazioni (secondo quanto fanno i due figli della celebre parabola del Padre misericordioso).

In questa quaresima 2020 ci troviamo a digiunare dall’eucaristia!

Possibile? Non è un gran male questo?

Siamo pienamente consapevoli che il gesto della frazione del pane “in memoria di lui” è il gesto decisivo per i discepoli. Compierlo nel giorno del Signore è obbedienza al suo comando, perché la memoria viva del suo amore custodisca la nostra fedeltà alle sue promesse.

Ma quanti cristiani vi debbono rinunciare per molto molto tempo… Per settimane o per mesi, per l’assenza del presbitero…, guadagnando la partecipazione a costo di lunghi spostamenti a piedi… Come fanno queste comunità a rimanere pienamente Chiesa senza il gesto che ci costituisce tali? Come ne sono capaci? Come possono vivere questo digiuno?

In questo tempo, anche noi scopriamo che l’eucaristia “non è scontata”, che ci può essere tolta. E non solo dal Coronavirus, ma dalla mancanza di presbiteri, o da altre cause che oggi non conosciamo. Che cosa significa scoprire che non possiamo più dare per scontato che ci sia la messa? E magari all’orario che mi è più comodo?

Questo digiuno ci può far capire qualcosa del dramma delle comunità che senza messa sono quasi ogni domenica, ci può aprire domande che allargano i confini della nostra Chiesa troppo assicurata, ci può educare a vivere il valore di ciò che forse con troppa facilità abbiamo sempre “sottomano”, ci può provocare ad una coscienza nuova: quale il valore di questo gesto che compiamo insieme? Come celebrarlo nella verità e non “a fotocopia”?

«Mi cercano ogni giorno… ma il digiuno che voglio è dividere il pane con l’affamato» (Is 58,2.7)

I giorni del Coronavirus sono certamente giorni di grande preoccupazione per tutti.

Giorni di apprensione per le persone malate e per la diffusione del virus, giorni di impegno al fronte per il personale medico, infermieristico e sanitario, giorni di fatica per la chiusura di scuole e di servizi, giorni di ansia per il futuro delle nostre attività produttive, giorni di mancanza per la privazione dei momenti comunitari, soprattutto per la mancanza dell’eucaristia.

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Lo sguardo attento alla nostra situazione di “povertà” non ci deve però chiudere solo su noi stessi.

Noi, proprio perché ci sentiamo impoveriti dal fatto che non possiamo incontrare il Signore nel sacramento dell’eucaristia, siamo invitati ad aprire gli occhi per cercare il Signore nel sacramento del fratello. È come se questa situazione ci interpellasse a non fermarci ad un unico sacramento (la messa che manca) ma a renderci conto che il Signore ci viene incontro anche attraverso sacramenti non meno sacri: i fratelli che, nel dolore, bussano alla nostra porta.

Ciò che sta accadendo ai confini tra Grecia a Turchia ci interessa. Lì il Signore è presente nel povero, nel fuggitivo, nel migrante per coercizione. Forse, nonostante i nove anni di guerra, abbiamo pensato troppo poco alla sofferenza della popolazione della Siria.

Cercare il Signore significa anche trovarlo dove lui è, non dove noi vorremmo che fosse: e Gesù ce lo ha detto chiaro. Lui è lì, in chi ha fame e sete, in chi è straniero e nudo, ammalato o carcerato… È lì, in questi fratelli defraudati di tutto, spogliati di dignità e di futuro, respinti verso case, paesi, consuetudini, istituzioni, che non ci sono più…

Mentre pensiamo al nostro dolore, alla nostra paura, ai nostri problemi, pensiamo anche ai loro. A chi ha più paura di noi, a chi soffre molto più di noi, a chi ha problemi più grandi di noi, senza assistenza, custodia…, senza quelle restrizioni che noi oggi viviamo – magari scomode – ma volte solo a proteggere dal male.

Una quaresima povera

La quaresima 2020 è iniziata povera: povera di riti, povera di incontri, povera perché deprivata dei nostri segni tanto cari, delle nostre abitudini che custodiscono la fede e la sostengono nella fatica che tutti facciamo nel cammino.

Povera, ma forse, nella sua povertà, custodisce messaggi, opportunità, esperienze che possono dare alla nostra fede un’occasione preziosa di purificazione, di crescita, di maturazione.

SettimanaNews – Fede e Chiesa ai tempi del Coronavirus
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