Rupnik, la teologia non è ininfluente

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Le classifiche di vendita di Amazon segnalano attualmente al primo posto tra i libri di spiritualità L’arte della buona battaglia. La libertà interiore e gli otto pensieri maligni secondo Evagrio Pontico di don Fabio Rosini.

Ci sarebbero motivi di cui gioire: Evagrio Pontico è un autore estremamente interessante, il suo testo qui preso in considerazione è uno dei più influenti e importanti nella storia del pensiero cristiano, l’autore è notissimo e benemerito nella diocesi di Roma, con l’incarico di Direttore del servizio alle vocazioni. E, tuttavia, purtroppo, l’arrivo nelle librerie di questo libro sarà probabilmente ricordato come un clamoroso incidente editoriale.

Padre Marko

Non solo la copertina esibisce (come avvenuto innumerevoli volte negli ultimi anni) un inconfondibile mosaico di p. Marko Ivan Rupnik, ma nelle prime pagine l’autore dichiara il suo debito nei confronti di lui: «Spero di essermi avvalso in modo utile […] della sapienza mutuata dal già citato padre Marko Ivan Rupnik. È una grande grazia per me aver incontrato un profeta come p. Marko!».

Ovviamente si tratta di parole scritte prima che si venissero a sapere gli episodi avvenuti nella pluridecennale attività di p. Rupnik: ma il libro è arrivato nelle librerie un mese e venticinque giorni dopo queste rivelazioni, in un momento in cui qualsiasi lettore minimamente consapevole non può che sobbalzare sulla sedia. Si può scommettere che prestissimo il libro verrà ritirato, o almeno completato (come un tempo avveniva spesso) da un foglio addizionale di sana retractatio: se non altro, per elementare rispetto nei confronti delle donne la cui vita è stata umiliata e ferita.

Incidenti editoriali siffatti purtroppo accadono, nel caso presente amplificati dalla notorietà dell’autore e dal linguaggio contemporaneo spesso sopra le righe anche nelle lodi (si potrebbe proporre, per esempio, una sana moratoria sull’attribuzione della qualifica di «profeta»).

Full disclosure: parecchi anni fa, in un mio articolo, citai con approvazione un noto studioso, che successivamente ricevette una pesante condanna definitiva penale per fatti che avevano qualche rapporto con il motivo per cui lo avevo citato. So quindi (seppure in scala più piccola) che cosa significa pubblicare qualcosa della cui frettolosità ci si deve poi rammaricare.

Livelli diversi

La vicenda presente può essere tuttavia lo spunto per qualche considerazione di più ampio respiro, che mi pare molto urgente. Sull’onda degli eventi, qualcuno ha osservato che non è il caso di correre a scalpellar via i suoi mosaici: l’arte può essere bella indipendentemente dalle qualità morali di chi l’ha prodotta.

Verissimo. Tanto vero, anzi, che sono convinto che ciò vale anche per la teologia: una teologia può essere buona (o cattiva) indipendentemente dalla bontà di chi l’ha elaborata. Esiste una dimensione oggettiva del Vangelo e della sua riformulazione intellettuale che può avere la meglio rispetto anche al contesto più depravato.

Anni fa conobbi un prete russo che, educato in maniera agnostica, si era convertito al cristianesimo leggendo la rivista di propaganda atea del Partito Comunista. Come era potuto accadere? Semplice: gli articoli contro il cristianesimo citavano passi della Bibbia e furono queste citazioni a convertirlo. Se è possibile convertirsi leggendo la propaganda atea del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, è ben possibile pure trarre buoni frutti dalle parole di p. Rupnik, che – m’immagino – pure citasse il Vangelo.

Non solo: potrebbe anche essere che, oltre le inevitabili schegge evangeliche, anche il complesso del discorso teologico fosse corretto e buono. Riconoscere questo significa inevitabilmente sottoporre a critica il frequente discorso contemporaneo che fa della teologia una variabile della fede personale. A me pare che un aspetto tipico (e a suo modo irrinunciabile) nella tradizione latina è proprio aver sganciato le due cose, aver inteso cioè l’esercizio teologico come un compito intellettuale importante sì, legato oggettivamente ai contenuti della fede cristiana sì, prezioso per la comunità cristiana sì, ma anche non necessariamente connesso alla vita di fede personale.

Ciò significa che il discorso teologico va valutato per i suoi meriti interni, concettuali, e che né un discorso sbagliato debba di per sé portare a una squalifica morale di chi lo propone, né un discorso giusto o anche brillante debba di per sé portare alla canonizzazione in vita di chi lo ha elaborato. Sfortunatamente (o fortunatamente) si tratta di livelli diversi. È possibile quindi che la teologia di p. Rupnik sia eccellente, indipendentemente da come egli abbia vissuto.

Le idee possono fare danni

Il problema però (questa la nostra seconda considerazione) è che, se è possibile questo, è possibile anche il contrario. È possibile che un certo discorso teologico (o perfino artistico) sia legato, come causa o come effetto o in entrambi i modi, a una condotta riprovevole, o a un’immagine inaccettabile della vita comunitaria e dei rapporti interpersonali.

L’ipotesi nel caso in questione non è peregrina. Per una triste coincidenza, la luce sui comportamenti di p. Rupnik è contemporanea alla pubblicazione di corposi rapporti su vicende francesi che, sebbene avvenute su scala maggiore, mostrano cruciali somiglianze (cf. qui su SettimanaNews). Nelle vicende francesi, una parte essenziale è svolta da una teologia pervertita usata come giustificazione di comportamenti abusivi. Ma questo è anche ciò che le testimonianze (finora anonime) su p. Rupnik denunciano.

È vero o no? Solo uno studio più attento potrà dirlo. Ma certamente bisogna farla finita con l’idea secondo cui le teologie, a meno che tocchino qualche punto di morale ben riconoscibile nella discussione pubblica, siano in fondo ghirigori intellettuali ininfluenti, o comunque inoffensivi. No: le idee possono far danni, o perlomeno possono rendere possibili i danni, anche quando sono nate con le migliori intenzioni.

Un esempio molto generale e apparentemente poco pertinente: siamo sicuri che l’inflazione del termine «carisma» nel linguaggio cristiano contemporaneo sia opportuno? Certo, è noto come l’idea di «dono carismatico» sia entrata nella Lumen gentium con ottimi scopi, tra cui quello di riequilibrare una visione della Chiesa solo gerarchica. Ma il fatto che oggi, nel gergo ecclesiale, si sia giunti a chiamare «carisma» praticamente tutto ciò che nel lessico profano si chiama «finalità» («il carisma di questa associazione è…») inevitabilmente porta ad avallare, con un’eterogenesi dei fini, la distorsione secondo la quale ogni aggregazione, prim’ancora di essere messa alla prova e verificata, è pensata come creata dal soffio dello Spirito Santo e portatrice di una qualche missione decisa da Dio in persona (anzi, in tre Persone).

Il compito (urgente) della teologia

L’esempio mi pare in realtà significativo perché si pone nel punto che rende possibili molti abusi (forse addirittura tutti!): il punto, cioè, in cui le persone vengono trascinate a credere che una certa forma di vita sia stata decisa da Dio, che i suoi statuti siano sacri, che il fondatore sia un profeta, che la nuova teologia lì presentata sia ispirata da Dio (magari in forme esoteriche), che il potere lì esercitato sia quello stesso di Dio, e che ovviamente la loro personale presenza sia decisa da Dio (stai pensando di andar via? tentazione del demonio!).

Se Paolo, di fronte alla conoscenza di Cristo, giudicava «spazzatura» le leggi rituali ebraiche (che pur si trovano nella Bibbia!), bisogna chiedersi come qualificherebbe queste cose: probabilmente userebbe termini che sarebbe sconveniente scrivere in questa sede. Il minimo comunque che si possa dire è che di queste idee non c’è traccia nella grande tradizione cristiana, pure in epoche in cui l’equilibrio tra persona e comunità pendeva decisamente verso la seconda e in cui quindi molto meno di oggi si percepiva come urgente tutelare la libertà e la dignità personale. O meglio: le idee suddette, in diverse varianti, sono sì apparse, ma sono state condannate come non aventi nessun rapporto con Gesù Cristo e l’incontro con lui, anzi come contrarie.

Si tratta, ovviamente, di problemi complessi come è complessa la vita umana. Credo, però, che la teologia aumenterebbe la sua stima pubblica, dentro e fuori la Chiesa, se li affrontasse presto e con chiarezza. Gli abusi sessuali, che costituiscono l’aspetto più odioso, non esauriscono certo la galassia delle prevaricazioni. Queste comprendono innumerevoli forme che non corrispondono a nessun delitto nella legislazione civile e forse pure canonica: ma, in corrispondenza di queste prevaricazioni, vi sono vite ferite, anni di forze e di entusiasmo perduti, atteggiamenti di fede distrutti.

La prepotenza di un essere umano sull’altro (a volte, tragicamente, perfino in buona fede) vi sarà finché esisterà l’umanità, certo. Ma impedire che le prepotenze siano cristallizzate in discorsi teologici e in aggregazioni ufficialmente approvate sembra un compito francamente più a portata di mano.

Di questa impresa sarebbero grate in primo luogo tutte le forme associative, grandi e piccole, antiche e nuove, formali e informali che, senza autocanonizzarsi, senza promuovere culti della personalità e senza distillare dottrine segrete, portano spontaneamente avanti alcuni dei compiti forse oggi più difficili e necessari: anzitutto rendere possibile con l’unione ciò che alla solitudine è impossibile; e poi restituire, per quanto possibile, la vita cristiana alle forme della vicinanza e dell’amicizia, incoraggiare e aiutare dove non soltanto la fede, ma ogni convinzione ideale, rischia di frantumarsi sotto il peso della stanchezza, della delusione, dell’infelicità.

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17 Commenti

  1. Mariella Holzeder 16 febbraio 2023
    • Paolo P. 22 febbraio 2023
  2. Elisabetta Corradini 15 febbraio 2023
  3. Salfi 11 febbraio 2023
  4. Gian Piero 10 febbraio 2023
  5. Marco 9 febbraio 2023
  6. Cesare 9 febbraio 2023
  7. Fabio Cittadini 9 febbraio 2023
  8. Salvatore Manzi 9 febbraio 2023
    • Micmos 11 febbraio 2023
  9. Antonio Camellini 8 febbraio 2023
  10. Roberto Beretta 8 febbraio 2023
  11. Charbel 8 febbraio 2023
    • Christian 9 febbraio 2023
  12. Wilmen 8 febbraio 2023
  13. Christian 8 febbraio 2023
  14. Valem Tucci 8 febbraio 2023

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