Istituto GP II: nuovi statuti, vecchie retroguardie

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Polemiche dopo i nuovi statuti

© Francesca Cavalli

Che accade nel Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Scienze del Matrimonio e della Famiglia?

La risposta è semplice: abbiamo nuovi Statuti, un nuovo Ordinamento degli studi con la chiusura di alcune cattedre e l’apertura di nuove. Dunque, nuovi docenti e qualcuno non confermato.

La procedura e la domanda inevasa

Una procedura avvenuta a norma di Diritto Canonico, approvata dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Naturalmente qualcuno resta scontento, soprattutto nel caso di docenti non confermati. Ma ciò non spiega gli attacchi che hanno lanciato i soliti settori conservatori contro il Gran Cancelliere mons. Vincenzo Paglia e il Preside Pierangelo Sequeri.

Resta poi inevasa la domanda posta lucidamente da Luciano Moia su Avvenire del 30 luglio: «Nessuno può dimenticare che nell’intensa stagione sinodale e poi anche nei mesi successivi alla pubblicazione di Amoris laetitia, alcuni rappresentanti di vertice dell’Istituto insieme ad alcuni docenti si sono affannati con pubblicazioni, dichiarazioni, interventi a convegni e conferenze, a minimizzare la portata della svolta voluta da papa Francesco. Tante le sottolineature critiche sul lavoro del doppio Sinodo e anche sui contenuti dell’Esortazione post-sinodale.

Attacchi tanto più spiacevoli perché provenienti dal cuore di quell’istituto che avrebbe dovuto rappresentare, nell’ambito della formazione specialistica ai massimi livelli, uno dei motori del rinnovamento, non l’organizzatore di una sorta di fronda. Chi si fregia del titolo di “pontificio”, e si assume onori e onori relativi – con conseguente stipendio – non dovrebbe poi comportarsi coerentemente con le proprie scelte?

Ma su questo punto sia l’arcivescovo Vincenzo Paglia, gran cancelliere del “Giovanni Paolo II”, sia il preside monsignor Pierangelo Sequeri preferiscono mettere da parte le polemiche personali e sottolineare invece la continuità dell’ispirazione che amplia l’orizzonte di ricerca per poter ridare forza alla famiglia nella sua missione e vocazione nel mondo di oggi».

E di fronte agli attacchi, l’Istituto ha reagito con un dettagliato comunicato stampa, inviato ai giornalisti, pubblicato sui siti dell’Istituto e della Pontificia Accademia per la Vita, e attraverso i social.

La precisazione del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II

Una dura reazione alla «comunicazione distorta, faziosa, talvolta in mala fede, che spesso non ha mai neanche cercato una verifica delle notizie alla fonte». Il Pontificio Istituto precisa quindi che «l’approvazione del doppio titolo di studi (Licenza e Dottorato in Teologia del matrimonio e della famiglia e in Scienze del matrimonio e della famiglia) assicura un guadagno alla specificità della ricerca teologica».

All’interno di questo rafforzamento dell’assetto teologico, «la riflessione morale trova nuova e più specifica collocazione, che si declina nel duplice insegnamento di Morale del matrimonio e della famiglia e di Etica teologica della vita. Viene meno invece l’insegnamento di Morale Fondamentale, già previsto nel piano di studi teologici del primo ciclo, senza il quale non si può accedere alla licenza in Teologia».

In questo senso «il progetto accademico del nuovo Istituto, approvato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, si configura come un allargamento della riflessione sulla famiglia e non come una sostituzione di temi e argomenti», e «tale allargamento, mostrando ancor di più la centralità della famiglia nella Chiesa e nella società, conferma e rilancia con vigore nuovo l’intuizione originaria e ancora feconda» di Giovanni Paolo II.

A tale proposito «sono destituite di ogni fondamento le voci che vedono la soppressione della Cattedra Karol Wojtyla e l’allontanamento del suo direttore, l’85/enne prof. Grygel». Altrettanto «destituita di fondamento» è la notizia di «una lettera di 150 studenti che si lamentano delle novità. A oggi, alle autorità accademiche risulta giunta una sola lettera da parte dei rappresentanti degli studenti del corso di licenza e di master in cui chiedono spiegazioni circa le novità in atto».

Seguendo Veritatis gaudium

A differenza di quanto divulgato «tutti gli studenti sono stati prontamente informati delle novità e rassicurati, a norma dell’art. 89 dello statuto, circa la validità triennale dei vecchi programmi». I nuovi Statuti, viene spiegato, «regolano con precisione i ruoli delle diverse autorità accademiche, a partire dal Gran Cancelliere cui sono affidati precise incombenze, secondo quanto indicato da Veritatis Gaudium. Risulta dunque falsa la notizia relativa a un accentramento di potere nelle mani di quest’ultimo».

Ad esempio «la nomina dei nuovi docenti stabili dovrà avvenire mediante un concorso pubblico». Il passaggio dal vecchio al nuovo istituto ha comportato «la nomina ex novo di tutti i docenti (in via eccezionale e solo per questo primo passaggio a cura del Gran Cancelliere e del Preside, in quanto non ancora operante il consiglio di Istituto) e, nei prossimi mesi, delle cariche accademiche. In tale occasione si è dovuto prendere atto dell’impossibilità del prof. Noriega a occupare il ruolo di docente stabile in quanto superiore Generale di un ordine religioso».

Le polemiche dopo i nuovi statutiE non è stato inserito tra i docenti stabili il prof. Melina «poiché non è più presente la cattedra di teologia morale fondamentale da lui occupata fino a oggi». Infine, per «coerenza ed economia», e grazie a sinergie con la Lateranense, sono stati ridotti di numero i corsi complementari e i seminari, il che ha comportato per quest’anno il mancato rinnovo di alcune collaborazioni, che potranno comunque riprendere in futuro.

Basterà? Certamente no, perché qui la posta in gioco è ideologicamente molto più alta. Ed è legata alla impostazione di fondo: «scienze del matrimonio e della famiglia». Qui è il nodo tra chi considera si debba proseguire sul versante ‘immutabile’ della teologia morale e chi pensa che si debbano incrociare le scienze umane e sociali.

E vista, ad esempio, la situazione italiana caratterizzata dalla «denatalità» certificata dall’Istat, forse sarà il caso di percorrere la seconda strada.

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