Intelligenza artificiale: consigli di lettura

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Il 2024 è stato un anno importante per l’intelligenza artificiale e il prossimo lo sarà ancora di più. Da febbraio 2025 inizierà ad applicarsi il Regolamento Europeo sull’intelligenza artificiale, ci sarà Elon Musk a fianco di Trump alla Casa Bianca, la Cina premerà sull’acceleratore e molte imprese hanno già in cantiere i loro applicativi che sfruttano questa tecnologia. C’è tanto nuovo lavoro da fare, c’è preoccupazione e entusiasmo. Lo studio dell’intelligenza artificiale è affascinante perché coinvolge tanti aspetti della nostra esistenza, tecnici, umanistici, economici, filosofici e ci riguarda tutti come esseri umani prima ancora che come professionisti.

Ho letto moltissimo negli ultimi due anni su questa materia, molte pubblicazioni straniere, ma come sorta di promemoria della versatilità del fenomeno mi piace condividere alcuni libri che mi hanno fatto compagnia e altri che ho ancora sul comodino.

Geopolitica dell’intelligenza artificiale

Comincio dall’ultimo, freschissimo di stampa, datato novembre 2024, Geopolitica dell’intelligenza artificiale di Alessandro Aresu. Si tratta di un volume molto interessante che ripercorre la storia dell’intelligenza artificiale dal lato umano ed economico.

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In un’intervista rilasciata alla rivista Pandora, Aresu ha sottolineato che questa tecnologia sta ridefinendo gli equilibri geopolitici globali. L’AI per funzionare ha bisogno di importanti infrastrutture come i data center e i semiconduttori, per cui non si può pretendere di sviluppare nuovi progetti con le buone intenzioni, servono politiche incisive e concrete, mentre una regolamentazione rigida, come quella europea, non accompagnata da un sostegno alle imprese, rischia solo di essere penalizzante.

Il libro si legge come un romanzo attraverso le storie dei suoi protagonisti e non sfugge che «quasi tutti gli attori di questa rivoluzione tecnologica sono immigrati». Purtroppo anche per questo l’Europa sta perdendo la sua centralità, non essendo in grado di attrarre talenti e non avendo solide infrastrutture.

Per entrare nel mondo delle AI

Per chi invece di intelligenza artificiale sa poco o niente e si approccia solo adesso alla materia, è meglio fare un passo indietro e iniziare dalle basi. Per questo ci sono tre libri, molto facili da leggere.

Il primo lo è, a dire il vero, fin troppo, ma credo fosse questa l’intenzione di Francesca Rossi, scienziata e una delle maggiori esperte di intelligenza artificiale, che è scesa dalla cattedra con il suo Intelligenza Artificiale, un piccolo manuale che spiega in modo elementare cos’è e dove ci sta conducendo questa tecnologia. Consigliato a chi non ha la più pallida idea di cosa stiamo parlando.

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Sempre molto facili da leggere, ma più approfonditi, sono i due libri di Nello Cristianini, La Scorciatoia e Machina Sapiens, che aiutano anche chi conosce poco la tecnica a entrare nei modelli di funzionamento delle macchine e a scoprire come vengono addestrate e perché producono determinati risultati.

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Apprendimento e creatività

Sul tema dell’apprendimento segnalo l’interessante Teoria letteraria per robot di Dennis Yi Tenen, che scommette sulla collaborazione tra uomo e macchina.

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Gli algoritmi si nutrono di libri, li assorbono, li interpretano ma ne danno una lettura meccanica, mentre non riescono a coglierne le sfumature, l’ironia o le ambiguità che caratterizzano l’esperienza umana della lettura.

L’analisi fatta dalle macchine, che sono in grado di elaborare enormi quantità di dati e fare collegamenti impensabili per un essere umano, è importante ma poi c’è bisogno dell’uomo per fare un ulteriore passo avanti.

Di grande interesse il tema della creatività, vera o supposta, delle macchine, anche se purtroppo tutto quello che ho letto sull’argomento mi è sembrato piuttosto scontato o, almeno, poco approfondito.

Ricorro quindi ad un vecchio testo, quasi introvabile, Aaron’s Code di Pamela McCorduck del 1991 che resta una delle opere più importanti sul tema dell’arte generata dall’intelligenza artificiale.

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Il protagonista del libro è Aaron, un programma sviluppato dall’artista Harold Cohen, progettato per creare opere d’arte attraverso processi che simulano l’atto creativo umano ma che lo lasciano agire autonomamente.

Cohen è stato un precursore della creatività computazionale e questo libro, oltre a immergerci in modo profondo nel connubio arte-macchina, ci mostra come l’intelligenza artificiale abbia radici profonde e ben più lontane rispetto all’anno dell’AI generativa e di ChatGPT.

Aspetti critici 

Non tutti, però, guardano all’intelligenza artificiale in termini esclusivamente positivi e alcuni mettono in guardia sulla necessità di tenere gli occhi ben aperti e di esigere la massima trasparenza.

Teresa Numerico, in Big Data e algoritmi. Prospettive critiche, evidenzia come l’algoritmo non sia mai neutro perché è creato dall’uomo e per questo rischia di avere preconcetti o, addirittura, di essere strumentalizzato. È quindi fondamentale poter conoscere le logiche che lo governano ed avere consapevolezza dei dati che utilizza.

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Inoltre bisogna stare attenti a non cedere alla tentazione di affidarci esclusivamente alle valutazioni dell’AI perché si rischierebbe una supremazia degli algoritmi che deve essere mitigata e integrata con l’intervento dell’uomo che deve assumere un ruolo decisionale.

Su questo tema insiste anche David Runciman in Affidarsi, in cui ci ricorda come l’essere umano abbia sempre delegato ad altri la gestione del potere ed oggi sia tentato di affidarsi all’intelligenza artificiale che potrebbe gestire meglio le risorse per decidere su cosa investire, stabilire come redistribuire la ricchezza, come intervenire sull’ambiente e svolgere tutti i compiti che abbiamo affidato allo Stato, ma con una visuale più asettica e sulla base di calcoli statistici.

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L’idea non dovrebbe fare paura, purché a decidere quali saranno i compiti da delegare siano gli stati. Dovrebbe esserci una sorta collaborazione tra lo Stato e l’intelligenza artificiale, per realizzare una struttura organizzativa e decisionale che sfrutti le potenzialità di calcolo e le peculiarità dell’AI, unendole alla saggezza collettiva.

Delegare il comando a una persona sola, o a una tecnologia, può apparire il metodo più rapido e efficiente per governare, ma non è la soluzione migliore. All’opposto un sistema funziona meglio quanto meno è legato alla personificazione del suo leader.

Lo dimostrano le economie di successo, che hanno in comune il fatto di avere governi relativamente stabili, organizzati come corpi rappresentativi in cui i governanti agiscono in favore di uno stato impersonale che pondera gli interessi di tutti, senza privilegiare i ricchi o i poveri, al fine della sua pacifica sopravvivenza.

La nostra invenzione finale

Per i più pessimisti raccomando la lettura del libro di James Barrat, La nostra invenzione finale, in cui l’autore evidenzia i rischi connessi ad un’intelligenza artificiale che può superare le capacità cognitive dell’essere umano fino ad arrivare a soppiantarlo, in una realtà distopica in cui l’uomo potrebbe dovere accondiscendere le macchine piuttosto che dominarle.

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Il libro è stato pubblicato in Italia nel 2019, per cui c’è ancora speranza che la visione possa essere cambiata, ma si tratta di riflessioni interessanti su cui meditare.

Infine un consiglio leggero, ma non troppo. Il classico dei classici Io, Robot di Isaac Asimov, che racchiude una serie di racconti che oggi possono apparire a tratti ingenui, ma che sono straordinari se collocati nel momento storico in cui sono stati scritti e che conservano ancora una loro profonda verità.

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Penso ad esempio al racconto del robot Speedy che per obbedire alla terza legge fondamentale della robotica (un robot deve proteggere se stesso, se ciò non viola la prima e la seconda legge) che in lui era stata rafforzata e alla seconda regola (un robot deve obbedire all’uomo, se ciò non viola la prima legge), era bloccato in un girotondo che gli impediva di prelevare selenio da una zona sismica che rischiava di danneggiarlo, con ciò impediva la ripartenza di una navicella spaziale e, paradossalmente, facendo morire i membri dell’equipaggio.

Speedy, però, non vedeva questo rischio di morte secondario, per cui per costringerlo a prelevare il selenio necessario per la ripartenza, un uomo decide di uscire senza protezioni e rischiare apertamente la vita davanti a Speedy. Solo allora la prima legge (un robot non può recare danno all’uomo), che prevale su tutte le altre, ha fatto tornare il robot a svolgere le sue funzioni e a salvare la missione.

Questa credo sia alla fine la riflessione più importante da fare sull’intelligenza artificiale e la vera sfida. Trovare regole, logiche più che giuridiche, per addestrare le macchine ad essere alleate dell’uomo, della giustizia, dell’uguaglianza e, perché no, del bene comune.

  • Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 31 dicembre 2024

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