Germania-Francia-Russia: l’aborto di nuovo in questione

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Foto: Cristobal Herrera-Ulashkevich/EPA

Dopo la sentenza della Corte costituzionale degli Stati Uniti (giugno 2022) che ha rimandato agli Stati la competenza della legislazione abortiva indebolendo la libertà di ricorrervi e a seguito della decisione del Tribunale costituzionale polacco (gennaio 2021) di limitare drasticamente l’aborto, la questione abortiva torna nel dibattito pubblico.

Mentre le maggioranze politiche di Germania e Francia puntano a una maggiore liberalizzazione rispetto a legislazioni già tolleranti, in Russia si registra una tendenza legislativa in senso contrario. Le prime perseguono una ulteriore apertura e un rafforzamento della non punibilità dell’aborto, la seconda intende limitarlo per ragioni demografiche e in nome dei valori tradizionali del paese.

Germania

Abbiamo già dato nota della sorprendente apertura all’aborto delle Chiese protestanti tedesche (cf. qui). La dichiarazione del consiglio dell’EKD (11 ottobre) e della Diakonie (il corrispettivo della Caritas cattolica) si aprono a significative modifiche della legislazione attuale.

Il limite entro il quale l’aborto è depenalizzato arriva a 22 settimane. Si prevede che il diritto alla vita del feto cresca progressivamente fino a diventare prevalente al limite della sua possibile autonomia a una vita extra-uterina. Mentre il diritto della madre prevale dal concepimento fino a quel punto. Si esce dall’affermazione assoluta del valore della vita (dal concepimento o dall’annidamento) per adeguare la legge ai «nuovi diritti riproduttivi» della donna. Nonostante alcuni punti di resistenza, si asseconda la spinta dell’attuale maggioranza (socialista-verdi) a far uscire l’aborto dal codice penale per renderlo un evento medico-amministrativo.

Non c’è ancora una posizione ufficiale della Chiesa cattolica tedesca, ma essa confermerà il no di principio all’aborto e consiglierà di mantenere l’attuale legislazione, faticosamente e sapientemente costruita.

Contro l’apertura protestante si è pronunciata l’associazione ecumenica (cattolica-protestante) dei teologi, il costituzionalista di Bonn, Christian Hillgruber, l’eticista Elmar Nass, il teologo moralista Iochen Sautermeister. Anche il deputato Thomas Rachel, presidente del gruppo di lavoro evangelico nel partito democratico cristiano (CDU) e il suo collega, Philipp Amthor, hanno messo in guardia dal «cambiamento di paradigma» e dalla possibile divaricazione e contrasto sociale, come è successo negli USA.

In una dichiarazione congiunta, il vescovo cattolico (Gebhard Fürst) e quello protestante (Ernst-Wilhelm Gohl) del Württenberg, si sono pronunciati per il mantenimento della legge in vigore: «Nella solidarietà ecumenica delle nostre Chiese, sottolineiamo che continueremo a difendere la protezione della vita non ancora nata in una società sempre più secolarizzata e, allo stesso tempo, lavoreremo per creare buone condizioni che consentano alle donne incinte e ai futuri padri di dire sì alla vita, perché Dio è amico della vita».

Francia

Il 29 ottobre il presidente Emmanuel Macron ha annunciato la sua volontà di introdurre il «diritto» all’aborto nella Costituzione, attraverso un progetto di legge costituzionale che il governo ha già inviato al Consiglio di Stato in vista di un’approvazione delle due camere che, se appoggiato dai 3/5 quinti delle assemblee, evita anche il ricorso al referendum popolare.

Il testo dovrebbe essere identico, ma Senato e Camera dei deputati divergono, pur nello stesso orientamento. Il Senato è a favore di un «diritto di», cioè di permettere qualcosa grazie all’astensione negativa dello Stato, e parla di «libertà di aborto». La Camera è favorevole a un «diritto a», cioè a un diritto supportato dallo Stato in una forma di beneficio positivo. Essa parla di un «diritto all’aborto».

Ma includere un «diritto all’aborto» nella Costituzione apre domande inquiete circa le affermazioni in essa contenute sulla dignità umana e sulla libertà di coscienza. Sarebbe necessario cambiare il pilastro di sostegno al Codice civile che afferma il rispetto dell’essere umano dall’inizio della sua vita, fino alla legislazione che regola i diritti ereditari del bambino concepito (non nato) e gli indennizzi in caso di morte accidentale del padre.

A cascata, si dovrebbe intervenire sulle pratiche mediche e sulla clausola dell’obiezione di coscienza da parte del medico. Significherebbe rovesciare i criteri della «legge Veil» che regola l’aborto dal 1975 e il cui articolo primo suona così: «La legge garantisce il rispetto di ogni essere umano dall’inizio della sua vita. Non si potrà violare questo principio se non nel caso di necessità e secondo le condizioni definite dalla presente legge».

Per il vescovo, Pierre d’Ornellas, responsabile del gruppo di lavoro sulla bioetica della Conferenza episcopale, il percorso scelto impoverisce la vita civile perché non permette la discussione legata al referendum e fa crollare il difficile equilibrio della legge precedente fra i diritti del bambino e di diritti della madre.

Nella relazione conclusiva della recente assemblea generale dell’episcopato (8 novembre) il presidente, mons. Eric De Moulin-Beaufort, ha detto: «Auspichiamo di cuore che i diritti delle donne siano meglio garantiti e promossi… ma l’aborto, una decisione raramente scelta in piena libertà, non può essere compreso solo nel prisma dei diritti delle donne».

Per diversi commentatori il tutto si rivelerà un’operazione piuttosto complicata e sostanzialmente di immagine, perché niente sembra minacciare l’attuale pratica «liberale» in ordine all’aborto.

Russia

Totalmente diverso l’orientamento che sta emergendo in Russia, grazie anche al peso crescente della Chiesa ortodossa del patriarca Cirillo nelle questioni della gestione dello Stato. Qualche settimana fa aveva detto che l’aborto doveva essere pagato da chi lo voleva.

In Mordovia (regione orientale della Russia europea) una legge impedisce ogni forma di promozione dell’aborto. Quattro delle cinque cliniche private hanno deciso di non farlo più. E nelle cliniche pubbliche si stanno strutturando dei gruppi di consultazione psicologica finalizzati a scoraggiare le donne dal ricorrervi.

Anche in Crimea tutte le cliniche private si sono dichiarate contro gli interventi abortivi. In un recente discorso al IX congresso sull’apostolato sociale (12 novembre), il patriarca ha valorizzato gli 80 «rifugi» per donne incinte in difficoltà operanti nelle diocesi e ha detto: «Purtroppo il numero degli aborti resta elevato. Grazie a Dio, a livello legislativo stanno emergendo iniziative volte a ridurre il fenomeno. Non molto tempo fa, la Mordovia ha approvato una legge che vieta l’incoraggiamento all’aborto. Spero che questa iniziativa venga sostenuta da altre regioni e a livello federale».

Il gerarca ortodosso ritiene che attualmente i medici siano troppo inclini a spingere la donna ad abortire. È importante che i credenti, come consulenti, infermieri e volontari, siano presenti per sostenere la posizione opposta. «In Russia indurre qualcuno ad abortire è un crimine. Nel paese c’è un serio problema demografico: un paese enorme con una popolazione del tutto insufficiente. Abbiamo bisogno di più persone. È evidente per tutti, anche politici e sociologi. Ma perché questo accada occorre qualcuno che si impegni davvero per la crescita della popolazione. E la popolazione può aumentare quasi per magia se risolviamo questo problema. Se riusciamo a dissuadere le donne dall’aborto, le statistiche aumenteranno immediatamente».

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3 Commenti

  1. Giuseppe 24 novembre 2023
  2. Pier Giuseppe Levoni 21 novembre 2023
  3. Adelmo li Cauzi 18 novembre 2023

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