La “prigione” di Samos

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profughi

Il 18 settembre l’UE e il governo greco aprono un nuovo centro per richiedenti asilo sull’isola di Samos, in Grecia.

La nuova struttura, simile a una prigione, è situata nella località remota di Zervou e ospiterà dal 20 settembre i circa 500 abitanti del campo di Vathy. Definito un passo in avanti dai leader europei e greci, in realtà questo nuovo centro serve solo a disumanizzare e a marginalizzare ulteriormente i richiedenti asilo in Europa, osserva Medici Senza Frontiere (MSF).

“Mentre tutto il mondo assiste a ciò che accade in Afghanistan, l’UE e la Grecia inaugurano un nuovo centro per richiedenti asilo simile a una prigione” – dichiara Patrick Wieland, capo progetto di MSF a Samos.

“Anche se il filo spinato che circonda il nuovo centro è tirato a lucido, non si può parlare di alcun cambiamento o tantomeno miglioramento. Siamo di fronte alla perfetta dimostrazione di quanto la politica migratoria dell’UE, che intrappola persone fuggite da guerre e violenze, sia cinica e pericolosa”.

Sono stati spesi milioni di euro per realizzare questa struttura, dotata di avanzati sistemi di sorveglianza, che detiene persone il cui unico crimine è quello di cercare sicurezza e stabilità.

Da mesi i pazienti assistiti nella clinica di salute mentale di MSF a Samos si sentono abbandonati e senza speranza.

Per chi è sopravvissuto alla tortura, un nuovo centro così altamente controllato rappresenta non soltanto la perdita di ogni libertà, ma anche la possibilità di rivivere vecchi traumi. La maggior parte dei pazienti presenta sintomi di depressione e disturbo da stress post-traumatico. Tra aprile e agosto 2021, il 64% dei nuovi pazienti assistiti da MSF ha manifestato pensieri suicidi, mentre per il 14% c’era un elevato rischio di suicidio.

“L’apertura di questo nuovo campo rappresenta per queste persone un cambiamento nella loro identità, nella loro autostima e nella loro dignità. L’Europa li sta distruggendo” – dichiara Eva Papaioannou, psicologa di MSF a Samos.

MSF chiede all’UE e alla Grecia di avere come unico obiettivo quello di fornire assistenza e facilitare la ricollocazione dei richiedenti asilo appena arrivati verso strutture sicure in tutta Europa.

Testimonianze

Un giovane paziente di MSF originario del Mali è bloccato a Samos da ormai due anni. È stato costretto a fuggire dal suo paese perché vittima di tortura. Ha iniziato il suo viaggio verso l’Europa con la speranza di vivere in un luogo sicuro. Ora è frustrato e le paure per il nuovo centro gli hanno già indotto una serie di reazioni psicoemotive. “Vorrei essere libero. Fino a poco fa ero un rifugiato, d’ora in poi sarò anche un prigioniero” – ha detto al team di MSF.

Felicite è sopravvissuta alle mutilazioni genitali femminili. È stata costretta a sposarsi a 14 anni, e per molto tempo ha subìto violenza fisica e sessuale da parte di suo marito, un uomo di 30 anni più vecchio di lei. È riconosciuta come vittima di tratta ed è a Samos da due anni.

La sua richiesta per ottenere lo status da rifugiata è stata rigettata due volte, e a causa di ciò non ha accesso ai servizi sanitari di base forniti all’interno del campo, come la distribuzione del cibo. Da quattro mesi aspetta che venga presa una nuova decisione in merito alla sua richiesta di asilo. “Morirò di fame?” è la domanda che ripete al team di MSF sull’isola.

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