La causa palestinese e il razzismo di Hamas

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Foto: ANSA/Matteo Corner

Prima ancora di ogni analisi politica, fredda e calcolata, occorre dire che c’è qualcosa di ingiusto, immorale e profondamente distorto nelle proteste più o meno numerose che si organizzano in tanti Paesi liberi e occidentali.

Gridano a favore dei palestinesi, fanno l’occhietto ad Hamas ma non versano una lacrima per 1400 vittime di un attacco barbarico, medievale, spietato contro bambini, innocenti, stranieri persino. C’erano thailandesi lì per caso, dimenticati dalle cronache, quasi meno che niente.

È un sentimento profondamente razzista, come se gli ebrei non fossero fatti della stessa carne, dello stesso sangue. Come se in loro non scorresse la stessa vita di tutti gli altri. Come se fossero diversi, quindi giusti da uccidere, da cancellare perché hanno rubato la terra, perché si dichiarano popolo eletto, perché sono tutti ricchi e potenti, perché sono iniqui e traditori, perché sono altro da me, perché sono ebrei. Si apre così di nuovo la porta dei forni crematori nazisti che insieme agli ebrei ha bruciato l’anima del mondo, il soffio attivo dell’Europa.

Contro ogni razzismo

Di sicuro la protesta per la causa palestinese, giusta o sbagliata che sia, è legittima. Ma è illegittimo, profondamente sbagliato e pericoloso offrire la copertura della causa palestinese a chi non condanna perentoriamente l’orrore razzista e terrorista perpetrato da Hamas. Il destino dei palestinesi deve essere risolto ma questo non può passare dal nuovo razzismo contro gli ebrei o lo sdoganamento dell’idea della distruzione dello Stato di Israele.

In ciò è ironico che tali proteste si concentrino in Occidente, dove c’è la libertà negata da Hamas nel territorio sotto il suo controllo. I governi degli altri Paesi arabi e musulmani, ufficialmente solidali con la causa palestinese, sono molto più attenti.

In passato alcuni di loro si erano «comprati» l’appoggio delle popolazioni diseredate sostenendo più o meno apertamente la causa dei terroristi di Al Qaida. Si è rivelato un azzardo scriteriato. Poi Al Qaida ha minacciato quei regimi che sono stati salvati dall’intervento americano. Oggi un puro calcolo di sopravvivenza spinge quei governi alla prudente distanza da Hamas.

I terroristi di Hamas che ancora hanno in mano oltre cento ostaggi senza colpa, agnelli sacrificali del razzismo moderno, vanno eliminati per prevenire altre crudeltà, altri orrori barbarici.

Nel mondo ideale dovrebbero essere arrestati e condannati all’ergastolo. Nel mondo reale questi mostri si difendono usando i loro stessi bambini, le loro stesse donne come scudi. Fanno uccidere le proprie famiglie per conservare la facoltà loro di uccidere ancora per una causa disumana, meno che bestiale.

Trovare un limite

Gli orrori sono di tutte le guerre. Eppure, proprio per questo nelle guerre bisogna cercare di trovare un limite, un rigoglio di pietà per sé stessi e il proprio nemico. Proprio per questo non è banale scorgere un barlume di senso in questo orrore. Una guerra per la libertà non sarà come una guerra per l’occupazione, una guerra per la vita propria e dei propri cari non sarà come la guerra per la sola morte dell’altro.

Di certo anche la «migliore» delle guerre deve trovare un limite anche quando il nemico il limite non ce l’ha. Di certo, il diritto alla vita dei palestinesi non può passare per l’orrore razzista contro gli innocenti, e tutti gli errori, veri o presunti, di Israele non possono giustificare l’idea della sua distruzione. I tedeschi o gli italiani innocenti che chiusero gli occhi davanti agli orrori nazifascisti dopo gli ebrei furono essi stessi trascinati fisicamente o moralmente nei forni crematori di Auschwitz o della mente.

I palestinesi o i loro sostenitori internazionali che oggi celebrano più o meno apertamente Hamas si nutrono di odio e nutrono odio che a sua volta si ciba, come un avvoltoio, dei loro organi più teneri, i loro cuori, il fegato, i polmoni. L’odio non fa respirare, ferma la digestione, non manda sangue nelle vene.

Oggi più che mai ci vuole freddezza per non ricadere tutti insieme nei pogrom di vita di qualunque colore e cercare di limitare per quello che possiamo, la guerra che non siamo riusciti a fermare.

  • Pubblicato sul sito di informazione Formiche.net, 23 ottobre 2023
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