Si va smarrendo il senso del Carnevale. Assediato da Halloween e confuso con la semplice satira o con l’allegoria, si perde il valore di rovesciamento dell’ordine costituito che esso porta con sé. Un suo primo messaggio profondo è: si può relativizzare ogni cosa (tranne, per chi crede, Dio, l’unico Assoluto), tutto è in riferimento a un contesto, a una mentalità, a degli interessi situati nel tempo e nello spazio. Un secondo messaggio, poi, si spinge oltre: un altro mondo è possibile, è pensabile. Il servo può prendere il posto del padrone, l’uomo della donna, e viceversa.
Jean-Claude Margolin, eminente studioso del Rinascimento, cogliendo i nessi tra l’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam e l’Utopia di Thomas More, scriveva: «Anche il Medioevo, nelle sue istituzioni civili e religiose, aveva previsto i giochi di Carnevale, i divertimenti del martedì grasso e altri saturnali, la festa dei folli, e perfino l’elezione di un vescovo dei folli, in una sovversione regolata ed effimera della gerarchia sociale e dei valori religiosi, come se questa intrusione fragorosa del disordine in un mondo ordinato e stabile fosse considerata una sorta di valvola di sfogo con cui sottrarsi all’eccesso delle costrizioni imposte da una società implacabilmente seria» e immobile.
Già, era una sorta di eccezione che confermava la regola. Eppure uno squarcio veniva aperto, si lasciava intravedere una società radicalmente diversa.
E per tutto il XVI secolo e oltre il tema del “mondo alla rovescia” (già presente nelle Commedie greco-classiche del grande Aristofane) diede vita, «attraverso tutta l’Europa, a innumerevoli rappresentazioni pittoriche, grafiche, letterarie e paraletterarie. Saggezza, follia e utopia si riuniscono in queste figure varie ma contingenti: in Inghilterra, Spagna, Francia, il rovesciamento del “senso sottosopra” esercita il suo fascino sugli attori delle rivolte popolari contro l’ordine stabilito (giudicato come un disordine reale) come sui sognatori e i giocatori del paese della Cuccagna, e del tempo del Misrule. Sono utopia o follia queste inversioni di senso, quando si vede per esempio una donna picchiare il marito o disputargli uno dei suoi attributi virili (è il tema della lotta per i calzoni), degli animali domestici attaccare un lupo, dei fanciulli impadronirsi della ferula del maestro per imporgli la loro volontà ecc.?».
Sono, in realtà, situazioni poste nel punto d’incontro tra follia e utopia, quando l’estro del folle diviene immaginazione e creazione sociale e politica.
È così che Erasmo fa dire a Magdalia, donna erudita, rivolta a un abate grossolano, incolto e di poca fede: «Se non vi fate attenzione, finiremo per dirigere al vostro posto le scuole di teologia, pronunceremo i sermoni nelle vostre chiese e porteremo le vostre mire». Ecco, qui è lo slancio utopico-onirico che del Carnevale si è smarrito.