Destra cattolica: l’“opzione Benedetto”

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Opzione Benedetto

Opzione Benedetto: l’espressione indica un nuovo indirizzo della destra cattolica statunitense che sta muovendo le acque del cattolicesimo tradizionale, anche in Europa. Il processo di secolarizzazione non è più contenibile, il destino dell’Occidente è l’ateismo, non c’è più alcuna istituzione politica in grado di frenare il processo. È opportuna una «ritirata strategica», simile a quella compiuta da Benedetto da Norcia e dal monachesimo occidentale che, nel contesto del cenobio, ha custodito la cultura antica e ha avviato la nuova civiltà occidentale.

Il libro di Rod Dreher, L’opzione Benedetto: una strategia dei credenti in una nazione post-cristiana, è uscito in contemporanea nel 2017 negli Stati Uniti e in Francia (col titolo: Come essere cristiani in un mondo che non lo è più: la sfida Benedetto). Si annuncia un’edizione in tedesco.

È necessario puntare su un cristianesimo contro-culturale per evitare lo svuotamento spirituale e sociale dell’Occidente. Il voto democratico è poco utile. Non si tratta di demonizzare l’attuale situazione, né di perseguire un quietismo personale, una devozione al riparo dai tempi, ma di favore tutti gli elementi della vita comunitaria. Il pericolo maggiore non è quello dell’islam radicale e non è neppure la sinistra politica, ma il secolarismo liberale che persegue un declino culturale e morale sia da destra come da sinistra. La sua espressione più recente, dopo il nominalismo, il Rinascimento, la Riforma, l’illuminismo e il capitalismo, è la rivoluzione sessuale. Essa ha sostituito l’orizzonte della salvezza del «credente» con quello della soddisfazione dello «psichico». Senza uscire da Babilonia ci si condanna a una cultura di morte che uccide anche la fede.

I conservatori americani, come anche i tradizionalisti europei, vivono il trauma dell’inutilità di uno scontro frontale. La battaglia per l’egemonia culturale è già perduta.

Charta 77 e MacIntyre

Il dibattito su queste tesi, assai vivo negli USA, si va allargando a Francia, Germania e Inghilterra. Seguire i mutamenti di indirizzo della destra cattolica, condivisi dai conservatori protestanti e ortodossi, obbliga a una informazione onesta, favorisce un possibile dialogo e suggerisce di evidenziare la distinzione fra l’opzione Benedetto e il richiamo a san Benedetto più volte ripetuto da papa Ratzinger e da papa Francesco.

La memoria del monachesimo per Dreher consolida gli assetti vitali: una vita ordinata, importanza della preghiera, equilibrio tra sforzo intellettuale e lavoro manuale, ascetismo, stabilità, comunità.

La prima ipotesi del volume è uscita come articolo su The American Conservative (12 dicembre 2013), ripresa e difesa sulla stessa rivista nel maggio 2015. I primi due capitoli del libro sono dedicati ai segni dello sprofondamento della civilizzazione cristiana. Poi si affronta il tema della regola di vita, della politica cristiana, della vita comunitaria e, via via, l’educazione, l’etica professionale e la tecnologia.

Si esplicita un debito culturale nei confronti di Charta 77, il movimento culturale-libertario cecoslovacco, in particolare nelle figura di Vaclav Havel e Vaclav Benda, e verso il filosofo A. MacIntyre (Dopo la virtù). Riemergono alcuni dei risultati della ricerca americana dell’università di Chicago sul Progetto Fondamentalismo (1987-1995). La società occidentale è irrimediabilmente post-cristiana. Pensare che uno come l’attuale presidente USA, Donald Trump, possa invertire la rotta è vano. «Immaginare che qualcuno così incredibilmente volgare e aggressivo, dalla morale assai discutibile, possa incarnare la restaurazione dei valori cristiani e dell’unità sociale è perfettamente illusorio. Non è la soluzione al declino culturale, ne è il sintomo».

Trump l’illusionista

Sostieni SettimanaNews.itSe la politica istituzionale non è formalmente negata, l’opzione va sul versante della costruzione di enclave cristiane molto strutturate, verso il comunitarismo. Un invito che convoglia ben al di là delle partizioni confessionali (Dreher è un convertito al cattolicesimo, poi passato al luteranesimo e, infine, all’ortodossia) e che certifica il passaggio dalla «maggioranza morale» (Moral majority) degli anni ’80-’90 all’attuale «minoranza morale» (Moral minority). «L’America ha perso la fede e i fedeli hanno incominciato a interrogarsi sulla loro fede nell’America». Contrariamente a quello che credeva Jerry Falwell, l’America è popolata da una maggioranza immorale. Si rovescia il rapporto fra cristianesimo e forme della vita democratica americana.

Solida formazione teologica per i fedeli, associazioni di famiglie per la gestione dell’educazione, scolastica e no, esercizio di professioni compatibili con i convincimenti religiosi, morale personale e familiare rigorosa. Ad ogni proposta sono accompagnati i racconti di esperienze visitate dall’autore.

È la classica azione della «minoranza creativa», teorizzata da A. Toynbee. Senza sottovalutare il rilievo della parrocchia e della difesa della libertà religiosa, le critiche si sono appuntate sul versante confessionale e politico. Se i confini delle confessioni scompaiono, l’identità cristiana come si struttura? Siamo così distanti dal cattolicesimo cosiddetto «catacombale» dei responsabili ecclesiali mille volte denunciato dai tradizionalisti? Mentre, per Charta 77, l’azione morale e culturale era in ordine alla politica istituzionale, qui succede il contrario. Si abbandona la seconda senza ipotizzare nient’altro che la resistenza «porosa» della prima.

L’apprezzabile invito alla creatività e all’azione congiunta con altre confessioni e religioni (ebraismo) mal si combinano con una lettura catastrofistica del presente dell’Occidente, come mostra un recente libro di mons. C.J. Chaput, uno degli esponenti conservatori dell’episcopato americano.

Difficile prevedere come un dibattito classicamente americano possa incrociare l’interesse dei tradizionalisti europei, molto più attenti ai dati istituzionali e più segnati dalla lotta contro il moderno.

Per quanto riguarda l’Italia, i tradizionalisti non hanno un profilo culturale di rilievo. Figure come Amerio, Campo, Fabro e riviste come Renovatio non sono state e non sono terreno di formazione per la pletora di siti e portali anti-conciliari, tanto intransigenti e anti-Francesco quanto poco abituati a un reale confronto.

Benedetto e Diogneto

Lo si percepisce nella diffusa difficoltà di valutazione dei riferimenti a Benedetto degli ultimi pontefici: Benedetto XVI e Francesco. La critica alla deriva laicistica dell’Occidente potrebbe trovare molte assonanze col mondo conservatore.

Per papa Ratzinger c’è uno squilibrio crescente fra tecniche ed energie morali e si può parlare di una cultura «che costituisce la contraddizione in assoluto più radicale non solo del cristianesimo, ma delle tradizioni religiose e morali dell’umanità».

Per papa Francesco viviamo, in Occidente, il «predominio di un certo pensiero unico», incapace di attingere alla sua storia e di costruire il futuro.

Ma né l’uno né l’altro svalutano la politica. Anzi. Lo studio della Parola e la valorizzazione del lavoro della tradizione monastica univano razionalità e tecnica, identità e universalità, escatologia e grammatica (discorso al Collège des Bernardins, Parigi 12 settembre 2008). I cristiani «sono chiamati a ridare dignità alla politica, intesa come massimo servizio al bene comune e non come un’occupazione di potere» (Francesco, discorso alla Comece, 28 ottobre 2017).

Il distacco da una possibile manipolazione conservatrice è determinato dalla priorità assoluta della dimensione teologica ed evangelizzante, ma anche dalla dimensione universale e dalla cura di valorizzazione di elementi fondamentali della conquista moderna: diritti umani, libertà religiosa, laicità dello stato, ordinamento democratico, libere formazioni sociali e partitiche ecc. In particolare – ed è ormai caratteristico del magistero di Francesco – vi è la convinzione che il luogo decisivo per il futuro è la fede più che i «principi non negoziabili» della morale.

«L’autore della Lettera a Diogneto afferma che “come è l’anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani”. In questo tempo essi sono chiamati a ridare anima all’Europa, a ridestarne la coscienza, non per occupare degli spazi – questo sarebbe proselitismo – ma per animare processi che generino nuovi dinamismi nella società. È proprio quanto fece san Benedetto, non a caso da Paolo VI proclamato patrono d’Europa: egli non si curò di occupare gli spazi di un mondo smarrito e confuso. Sorretto dalla fede, egli guardò oltre e, da una piccola spelonca di Subiaco, diede vita ad un movimento contagioso e inarrestabile che ridisegnò il volto dell’Europa» (discorso alla Comece, 28 ottobre 2017).

1 I riferimenti di queste note sono tratti da alcuni articoli pubblicati su Catholica, nn. 136 e 137 (2017) e i testi di commento al volume da parte di Jean-François Mayer su www.orbis.info.

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