In casa, le cose /6: stracci

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Le paginette che seguono parlano di piccole cose che si trovano in casa perché ancora meglio possiamo abitarla. Una finalità centrale e un tema con echi profondissimi che soprattutto le artiste e gli artisti sanno evocare. Nei loro confronti il mio debito è altissimo.
Ho avvertito la presenza di questi oggetti apparentemente insignificanti ed essi si sono fatti largo al mio sguardo, con insistenza e profondità. Mi hanno accompagnato nella ricerca della casa interiore ma anche nell’abitare gli spazi in cui vivo rendendoli più ospitali.
C’è un sentire religioso in queste righe: più volte nelle preghiere dei salmi la casa è presente e il canto si sposta tra la casa propria (“Camminerò con cuore integro dentro la mia casa (…) Non abiterà nella mia casa chi agisce con inganno…” Sal 101,2 e 7), quella di Dio (“Signore amo la casa dove tu dimori” Sal 26,8) e quella che Dio ci dona (“ai derelitti Dio fa abitare una casa, fa uscire con gioia i prigionieri” Sal 68,7). La sapienza biblica ci invita in percorsi tra case diverse, anche quelle meno accoglienti e da riconoscere come tali con coraggio e forza d’animo. La prospettiva suggerita è chiara: “abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni” (Sal 23,6) . Ho chiesto a un amico fotografo – Matteo Losurdo – di accompagnare con qualche suo scatto queste note e a mio marito – Paolo Marino Cattorini – di leggerle apportando e condividendo qualche correzione. A entrambi un grazie sentito.

stracci

Michelangelo Pistoletto: La Venere degli stracci (1967).

L’altra sera mi sono ritrovata a cucire a mano. Ho pensato di fare l’orlo agli stracci della polvere. Un intervento semplicissimo da eseguire e persino possibile per mani inesperte come le mie.

L’occasione è stata quella del constatare che gli stracci senza orli depositano fili ovunque vengano passati: su mobili, vetri e superfici varie della casa. E in questi tempi di pandemia le occasioni per pulire, disinfettare maniglie e punti in cui appoggiamo mani e dita (come le tastiere del PC…) sono state e sono numerose. Da qui il pensiero di questo intervento. Poi, però, sono venute avanti altre considerazioni.

Un lavoro a mano su pezzi di stoffa domestici e di secondaria importanza sembra stonato: ciò che abita solo lo spazio di un angolo interno del deposito delle scope o di un ripostiglio buio merita di essere valorizzato da un preciso lavoro manuale con paziente imbastitura per favorire una punteggiatura misurata e lineare? Perché spendere tempo in questa azione? Non sarebbe meglio aprire quel libro di poesie che da tempo desidero leggere e che da un po’ riposa sullo scaffale? O mettere a posto quel ripiano dell’armadio in cui giacciono golf e maglie non più in uso?

Perché cucire? Perché proprio gli stracci? Provo a cercare qualche risposta rigirando lo sguardo nella casa, già mondo soprattutto di cura femminile e che l’emergenza di oggi costringe donne e uomini a un’attenzione sempre maggiore.

In questi tempi la casa è più che un rifugio. E nei rifugi tutto diventa prezioso. Si impara a valorizzare le cose più umili, come la dura panca di legno in cui ci si siede dopo una camminata in montagna. Si sta in compagnia di cose umili, dimesse e a poco a poco ci si sente in sintonia anche con quelle.

Presenze quasi amicali che meritano, come le amiche più care, affezione e cura. Il riconoscimento del loro valore porta dritto alla loro valorizzazione. Perché non vestirle meglio, cucire i loro lembi sfrangiati, tenerle tra le proprie mani con il ritmo delicato del cucire? Stracci che sono stati federe o tovaglie o lenzuola ormai strappate al loro uso più nobile ritornano silenziosamente presenti alla vita quotidiana. Quella vita feriale che la pandemia ha prepotentemente posto sotto la nostra attenzione stravolgendo tempi e spazi e facendoci accorti di un’umiltà dimenticata.

Inevitabile allora raccogliere il suggerimento di questi silenziosi pezzi di stoffa e pensare a persone piccole e grandi a cui mancano mani che cuciono le loro ferite, voci che con loro imbastiscono discorsi, accorgimenti e sostegni perché le loro vite non si sfilaccino. Non sono stati pochi gli strappi – e per molti acutissimi purtroppo – in questi ultimi tempi.

C’è poi l’invito a rivolgere lo sguardo su se stessi, magari inforcando occhiali con le lenti adatte al cucito, quelle capaci di ingrandire la trama del tessuto. Penso alle parti di noi di cui proviamo vergogna fino a nasconderle negli angoli più scuri e distanti dai locali di rappresentanza.

L’ago a volte può pungere il dito di una mano poco esperta, così non mancano piccole ferite avvicinandoci alla povera stoffa di cui noi stessi e altri siamo fatti. Secondarie punture, tuttavia, e poco importanti se rapportati al valore dell’opera…anche se di stracci. Proprio come l’arte povera ci ha insegnato qualche decennio fa Michelangelo Pistoletto con la famosa Venere degli stracci

In questi giorni la casa, rifugio domestico, ci ospita e ci chiede di restituire questa ospitalità. Penso che domani incomincerò a ricamare gli stracci con tanti fili colorati. Se lo meritano.

In casa, le cose

Carta velina

Conchiglie

La stanza accanto

L’alzatina

Scatole

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