Al marito che compie 70 anni

di:

famiglia

Non è usuale che SettimanaNews pubblichi lettere di questo genere. Se la pubblichiamo è per mostrare come ci si può rapportare in una vita di coppia, su quali basi costruire la reciproca fiducia, quali obiettivi condividere, quali toni usare quando ci si deve correggere, come affrontare il resto della vita…

Caro Andrea,

nel giorno in cui compi 70 anni ho pensato di regalarti questa lettera.

Un regalo materialmente molto modesto!

Ma vorrei che fosse ricco nello spirito, in ciò che per me e sicuramente per te conta di più.

Sono ad A. con F. e spero che il ragazzino mi conceda un bel po’ di tempo tranquillo, mentre P. riposa.

Scrivo su questo vecchio quaderno, usato, l’ultima volta, nel novembre 1974. Ma, a quanto vedo, rileggendo, mi sembra di potermi riagganciare con molta facilità!

Sono passati 47 anni. Tutto il tempo del nostro vivere insieme!

Sono tentata, e acconsento, ma solo per un po’, di gettare uno sguardo indietro.

Trascrivo alcuni frammenti. Sento di non dover cambiare nemmeno una virgola!

«Occorre mantenere e ritrovare la sorpresa, quella timidezza e quella commozione che nascono dal ricevere un bene così prezioso, più grande di noi: una persona che ci vuole bene, tutta per noi; quella persona, con tutto il mistero che la costituisce e che non cessa di stupirci».

Poi, nella “tappa di riflessione su di noi” dell’agosto 1973!

«Penso che quando ci sembra di intuire l’uno nell’altra aspetti che ci incantano, siamo più vicini nella verità che non quando constatiamo, necessariamente, i nostri limiti… È solo la speranza che gli altri hanno per noi, che tu hai per me, che può dare vita agli aspetti che incantano».

Infine, questa proprio per noi!

«Forse tu devi insegnare a me a non perdere tempo, e io devo insegnare a te a perderne. Tu a me l’impegno, la costanza, la fatica necessaria, la regolarità. Io a te la gratuità, il gusto di certe cose che non servono a niente».

Uhm!

Forse non siamo stati – reciprocamente – buoni insegnanti! Io sono rimasta piuttosto farfallona e tu poco incline alla fantasia. Ma forse era una pretesa eccessiva. Abbiamo – se non altro – imparato, un po’, ad accettarci con le nostre diversità. Anche se un pochino di “insegnamento reciproco” non andrebbe accantonato del tutto!

Quello che scrivevo in tempi lontani è sostanzialmente in linea con la lettera di Natale che anche quest’anno ho scritto alle nostre famiglie e alle persone che ci sono care: l’attenzione da mantenere viva l’uno per l’altra, fatta di curiosità, di sorpresa e di attesa. Ma accetto le osservazioni fatte da P.: il valore della continuità, della consuetudine e anche della ripetitività. Ne faccio tesoro, e condivido. Mi sembrano come un contenitore, importante, necessario. Ma al suo interno bisogna mantenere vivo il fuoco dell’attenzione.

Sapersi sorprendere, e sorprendere! Non è facile. Lo facciamo troppo poco. Possiamo fare di più e meglio!

Viviamo ora il tempo prezioso dell’anzianità. Un tempo che ha dei lati negativi (tutti i tempi della vita, del resto, ne hanno), come l’invecchiamento del corpo, che lo rende più esposto ad acciacchi e che ne riduce via via le prestazioni.

Abbiamo la fortuna finora di stare sostanzialmente bene. Dobbiamo esserne grati e aver cura, per quanto possiamo, del nostro corpo che, in fondo, non appartiene solo a noi. Penso, ad esempio, a quanto mi faceva piacere vedere la nostra amica M. sempre in ordine, vestita e pettinata con cura. Quando sono andata a trovarla l’altro giorno, una sua nipote è arrivata e l’ha abbracciata, esclamando: “che buon profumo!… ma tu sei sempre profumata, nonna!”. Anche nelle condizioni in cui si trova adesso, un buon profumo…

Credo che, diventando anziani, dobbiamo aver cura di renderci il più possibile gradevoli. È un modo concreto, tutt’altro che superfluo, di “darci” agli altri.

In occasione dei tuoi 70 anni, le tue figlie ti hanno regalato un profumo. Desiderano un papà e un nonno “profumato”.

E poi c’è il profumo “dentro”. In questo tempo che ci rimane possiamo, dobbiamo coltivarlo. Pe noi, per tutti. Intendo il sorriso, la gentilezza, la mitezza.

Credo che nel nostro essere anziani i sentimenti non debbano essere meno forti, meno intensi. Ma più delicati nell’esprimersi. Più capaci di cogliere sfumature. Più impregnati di comprensione.

È un tempo bello, un tempo buono quello che viviamo ora, O, almeno, è così se noi lo rendiamo così!

Abbiamo dato origine a una bella famiglia. Non perfetta – nessuno lo è – ma bella. Le nostre figlie ci vogliono bene e si vogliono bene (cosa non così scontata, purtroppo!). Affrontano la loro vita – la loro, che non è la nostra! – con generosità, disponibilità verso gli altri, soprattutto i più deboli, senso della giustizia… Non hanno abbandonato – cosa oggi non solo non scontata, ma abbastanza rara – il cammino di fede in cui ci siamo avventurati insieme, nonostante la nostra debole e spesso incoerente testimonianza.

Siamo circondati da amici e da tante persone belle, che un po’ ci coccolano e un po’ ci stimolano. Siamo insieme, noi due poverelli, capaci di parlarci, di condividere esperienze, di perdonarci (qualche volta con fatica…), di tollerare con (una certa) benevolenza i nostri difetti.

Possiamo fare di più. Possiamo fare meglio, sempre, fino all’ultimo!

Proponiamoci – i buoni propositi, se non altro, non costano nulla – di non lesinarci le coccole, le piccole sorprese che danno gioia.

Parliamoci di più per comunicarci ciò che pensiamo e sentiamo (certe volte sembriamo due muti!).

Guardiamoci di più negli occhi. È un vecchio suggerimento del nostro amico don S.: così semplice e ovvio, ma così poco praticato.

Sorridiamoci di più.

Ascoltiamoci di più (questo vale soprattutto per me).

Manteniamo spazi di autonomia che permettono a ciascuno di vivere e sviluppare le proprie tendenze e i propri interessi, ma cerchiamo di condividerne la ricchezza.

Due ragazzi (in verità un ragazzo e una ragazza!) in cammino, va bene, settantenni, ma in cuore sempre ragazzi pieni di passione per la vita!

Ringraziamo insieme il Signore per tutto ciò che abbiamo ricevuto e che ancora riceveremo. E ringraziamoci l’un l’altra.

Grazie, Andrea!

la tua Margherita

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