Paolo VI ha cambiato il volto della Chiesa

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Durante i 15 anni del suo pontificato ha modernizzato la Chiesa come nessun altro papa del XX secolo. L’agenzia della Chiesa tedesca, per l’occasione, gli ha dedicato un breve interessante profilo.

Il mondo stava cambiando rapidamente e la Chiesa era impegnata nel più grande concilio della sua storia quando l’elezione a pontefice cadde su di lui.

“Crocifisso con Cristo”

Il cardinale di Milano Giovanni Battista Montini non aveva certamente aspirato a salire al soglio pontificio. «Qui sono crocifisso con Cristo», avrebbe detto al termine del conclave nel giugno 1963.

Il percorso che ha poi compiuto come papa è stato esemplare per la Chiesa: è stato canonizzato nel 2018. Il 26 settembre avrebbe compiuto 125 anni.

Fu l’ultimo papa a utilizzare una tiara in occasione della sua investitura, quale simbolo del triplice potere sul mondo. In seguito non la usò più e nessun altro pontefice da allora pretese di farlo. Fu chiamato ad assumere l’eredità ecclesiale più difficile che un papa del ’900, riservato come lui, potesse ricevere. Alla fine dei suoi 15 anni di pontificato (1963-78), il volto della Chiesa cattolica era cambiato.

Esteriormente l’esile figura di Montini sembrava l’antitesi del suo popolare predecessore, Giovanni XXIII. Nato a Concesio (Brescia) nel nord Italia nel 1897, figlio di un avvocato, aveva frequentato l’Accademia diplomatica pontificia e lavorato per 30 anni nella Segreteria di Stato vaticana. «Sempre gentile, in certo senso timido», così lo descrivevano i suoi contemporanei. Ma quando divenne arcivescovo nella metropoli industriale di Milano, nel 1954, il freddo e riservato intellettuale che era cercò il dialogo anche con i lavoratori delle fabbriche, sulle quali, durante gli scioperi, sventolava la bandiera rossa.

Il prezzo personale da pagare del Vaticano II fu alto

Il nuovo papa non aveva alcun dubbio sul fatto di dover continuare il Concilio Vaticano II (1962-1965): «Per questo – disse – vogliamo usare tutte le energie che il Signore ci ha dato». Con molto tatto, guidò i vescovi attraverso tre sessioni.

Era consapevole dei limiti e dei pericoli per un’istituzione di 2000 anni che aveva la pretesa di possedere la verità assoluta e ciò richiedeva una sensibilità che superava le forze di una sola persona.

Quando chiuse il Concilio l’8 dicembre 1965, i suoi documenti furono come un terremoto per i tradizionalisti come l’arcivescovo francese Lefebvre e alcuni rappresentanti della Curia, e non corrisposero alle aspettative dei progressisti.

Sullo sfondo dell’escalation della guerra del Vietnam, il suo appello per la pace davanti alle Nazioni Unite a New York nel 1965 fu considerato una pietra miliare, ma anche sotto altri aspetti Paolo VI diede un’impronta alla storia della Chiesa.

Per alcuni, la dichiarazione sulla libertà religiosa, l’apertura della liturgia alla lingua volgare, il riconoscimento delle altre religioni come interlocutrici di dialogo costituirono un vero e proprio tradimento del messaggio di Gesù.

Altri si risentirono per la sua insistenza sul primato pontificio, ad esempio in relazione ai sinodi dei vescovi decisi dal concilio. Paolo VI ebbe a soffrire da entrambe le parti.

Egli continuò a promuovere la sua visione di un papato moderno e, nel corso di una profonda riforma della Curia, abolì la corte pontificia: niente più piume di struzzo, niente portantine affiancate da nobili in abiti da corte spagnola. Fece smontare persino i pesanti tendaggi di broccato in Vaticano e tinteggiare gli spazi di bianco. La nuova semplicità avrebbe dovuto manifestare solo la sostanza dei messaggi.

Anche dal punto di vista politico, il primo “papa itinerante” dei tempi moderni impresse degli impulsi, già per il fatto che raddoppiò il numero delle nunziature vaticane; i suoi viaggi si estesero dal Sud America all’Estremo Oriente.

Durante l’escalation della guerra del Vietnam, il suo appello per la pace davanti alle Nazioni Unite a New York, nel 1965, fu considerato una pietra miliare.

Fu il primo papa a iniziare i colloqui con l’Unione Sovietica e il blocco orientale ateo, nonostante le proteste dei circoli conservatori.

Una nuova epoca nella storia della Chiesa

Paolo VI si adoperò molto per un ecumenismo reale. L’abbraccio con il Patriarca ecumenico Athenagoras nel suo viaggio in Terra Santa, nel 1964, e la successiva revoca delle reciproche scomuniche del 1054 inaugurarono una nuova epoca nella storia della Chiesa.

Cercò il dialogo con il mondo, quando l’Occidente si allontanava dalla Chiesa in maniera più drastica che mai. Sembrò spesso impotente contro la rivoluzione culturale della sinistra degli anni ’60 e ’70.

Le reazioni negative alla sua enciclica Humanae vitae del 1968, in cui si opponeva alla radicale separazione tra sessualità e apertura alla vita e alla pianificazione delle nascite mediante i contraccettivi artificiali, ne mostrarono il divario. In Germania fu apostrofato come “Paolo della pillola”.

Passò quasi inosservato il fatto che, anni prima, avesse abolito il malfamato “giuramento antimodernista” per i sacerdoti o di avere sostenuto energicamente un ordine economico mondiale più equo nella sua enciclica sociale Populorum progressio (1967).

Il difficile pontificato ebbe un suo prezzo. Le sue forze diminuirono visibilmente negli anni ’70 e lo abbandonarono del tutto il 6 agosto 1978.

Il suo biografo, Jörg Ernesti, lo definì il «papa dimenticato». Ma per molti rimane il più grande del 20° secolo.

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