A proposito di gas, rinnovabili e altre questioni

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gas naturale

Entrando nuovamente nella stagione invernale, abbiamo chiesto all’amico Nicola Armaroli – chimico, ricercatore del CNR, direttore della rivista scientifica Sapere, autore di numerosi volumi, tra i quali Un mondo in crisi: gas, nucleare, rinnovabili, clima: è ora di cambiare – di rifare il punto (a un anno di distanza) sugli approvvigionamenti di gas ed energia nel nostro Paese a quasi due anni dalla invasione russa dell’Ucraina e nel pieno del conflitto in Medio Oriente.

Il consumo diminuisce
  • Nicola, come stanno andando i consumi di gas?

Il consumo di gas in Italia è diminuito del 10% nel 2022, mentre la diminuzione tendenziale del 2023 è di un ulteriore 13%, il che vuol dire che in meno di 2 anni i consumi nazionali sono diminuiti di oltre il 20%.

  • Come interpretare il dato?

Sarebbe positivo se fosse solo l’effetto delle azioni di risparmio sui consumi degli italiani. Un certo risparmio, non facilmente stimabile, c’è sicuramente stato. Indotto dagli alti prezzi del gas, più che da una consapevole riduzione degli sprechi: un fatto che non deve sorprendere. Il dato negativo è un altro: una forte contrazione della domanda arriva dal settore produttivo e della generazione elettrica. La caduta dei consumi di gas è spia di crisi economica.

  • I dati europei sono in linea col nostro?

Sì, nel 2022 il calo dei consumi a livello UE è stato del 13%. In Europa si va dal meno 4% della Spagna al meno 40% di alcuni Paesi nordici, passando dal 10-15% dei Paesi più industrializzati, quali appunto l’Italia e la Germania.

  • La dipendenza dal gas russo si è azzerata?

No, ma è sensibilmente diminuita. Nel 2023, l’importazione dalla Russia via tubo sta diminuendo tendenzialmente di un ulteriore 80%, dopo il calo del 50% registrato nel 2022. Nel 2021, i gasdotti siberiani hanno portato in Italia 30 miliardi di metri cubi (Gm3), che sono diventati 15 nel 2022 e passeranno a circa 3 nel 2023.

  • È stato frutto di una scelta italiana?

Sì. Il gasdotto che portava il gas siberiano in Italia dal valico del Tarvisio è ancora attivo. La linea che attraversa l’Ucraina, l’unico corridoio di gas russo verso l’Europa, è ancora aperto. Può sembrare paradossale, ma non lo è: non è interesse economico di nessuno chiudere totalmente quel canale. Va però aggiunto che l’import di gas liquido dalla Russia verso l’Europa è aumentato sensibilmente, soprattutto verso Spagna e Belgio. Per il gas liquido, come per gli altri prodotti petroliferi che viaggiano su nave, è più facile eludere le sanzioni. O chiudere semplicemente un occhio.

Alternative al gas russo
  • Come abbiamo compensato la drastica riduzione di gas dalla Russia?

Come ho detto, la «compensazione» principale è stata la forte contrazione della domanda. Per il resto, abbiamo incrementato qua e là quote da altri Paesi. La prima cosa da dire è che per ora il riscaldamento globale è il nostro principale alleato nell’azione di svincolo dal gas russo: gli inverni tendono a essere molto miti, e tutto sommato non è una gran notizia. Non dimentichiamo che ondate di gelo estremo rientrano nello scenario di caos climatico in cui siamo entrati, quindi occorre essere pronti.

Il consumo nazionale complessivo del 2022 è stato di 68,5 miliardi di metri cubi. Nei primi nove mesi del 2023 l’importazione via gasdotto dall’Algeria è aumentata del 2.3% rispetto allo stesso periodo del 2022. A fine anno supereremo i 23,5 miliardi di m3 dello scorso anno, ma di poco. Un deciso incremento di import dall’Algeria sinora non c’è. È aumentata l’importazione dalla Libia, ma si tratta di un contributo limitato: nel 2023, la quantità di gas libico importata si attesterà attorno ai 3 miliardi di m3.

Lo scorso anno è aumentata molto l’importazione dal Mare del Nord, attraverso il gasdotto che entra in Italia dal Piemonte: la Norvegia ci è venuta in soccorso aumentando di 3-4 volte la propria quota sino a 8 miliardi di m3 nel 2022. Nel 2023 questo apporto è in calo del 15% rispetto al 2022. Dall’Azerbaigian, attraverso il gasdotto TAP (Trans Anatolian Pipeline) che arriva in Puglia, il flusso di gas non è aumentato: nei primi 9 mesi è calato del 4%.

gasdotto

  • Dal punto di vista «etico» le fonti di approvvigionamento vanno meglio?

Azerbaijan, Algeria, Libia: il gas con cui abbiamo sostituito quello russo non è eticamente migliore. La pulizia etnica perpetrata dall’Azerbaijan in Nagorno Karabakh è passata nel silenzio quasi totale dei media occidentali. La storia si ripete: un armeno o un curdo da sacrificare ai nostri interessi economici ed energetici lo troviamo sempre. Bisognerebbe però avere la decenza di non eccepire sulle questioni morali delle forniture di idrocarburi nei giorni pari, per poi tacere in quelli dispari.

  • Puoi fare il punto anche sul gas che arriva in Italia liquefatto?

Premetto come sempre che il gas liquefatto è quello che ha il maggior impatto ambientale oltre che essere quello più costoso. L’importazione in Italia di gas liquido dall’impianto di rigassificazione di Panigaglia (La Spezia) è aumentata del 65% passando da 1,4 a 2,3 miliardi di m3 nei primi 9 mesi del 2023. Quello di Cavarzere (Rovigo) è aumentato del 13% nello stesso periodo raggiungendo 6,6 miliardi di m3.

Dal 1° ottobre di quest’anno è entrato in funzione il nuovo rigassificatore mobile di Piombino: ora dovrebbe essere in grado di immettere in rete circa 5 miliardi di m3 l’anno. Alla fine del 2024 dovrebbe entrare in funzione anche l’altro rigassificatore, annunciato da ENI e governo, a Ravenna, con una potenzialità di altri 5 miliardi di m3 l’anno.

  • Da quali Paesi arrivano le navi col gas liquefatto?

I Paesi da cui acquistiamo gas liquefatto sono principalmente Qatar, Algeria e Stati Uniti. La società che gestisce il rigassificatore di Porto Viro ha tra i principali azionisti una controllata di Qatar Energy. Per tornare alle questioni di prima, il Qatar è considerato uno dei principali finanziatori di Hamas. Anche l’Egitto esporta GNL in Europa, in buona parte con gas di produzione israeliana, ma la guerra in Medio Oriente sta mettendo a rischio questo canale.

  • Dall’Africa centrale arriva o arriverà altro gas?

Per ora quasi nulla. In quei Paesi mancano spesso le infrastrutture di liquefazione, quelle che dovrebbero rientrare negli accordi del «Piano Mattei». Contributi rilevanti da questa zona dell’Africa si avranno solo fra qualche anno.

La questione del prezzo
  • Si era detto che sarebbe stata aumentata anche la produzione nazionale del gas: come è andata?

La produzione italiana, già modesta, nei primi 9 mesi del 2023 è diminuita di un altro 9%. Stiamo parlando di circa 2 miliardi di m3 l’anno. Sono diminuite anche le esportazioni di gas dall’Italia al Nord Europa, che è forse interpretabile come un altro segnale di crisi economica. Quella tedesca, in questo caso.

  • La produzione di biometano che incidenza ha?

Attualmente si tratta di un apporto inferiore allo 0,5% del consumo nazionale. La produzione è molto localizzata. Produrre biometano da scarti agricoli e rifiuti è indubbiamente una buona cosa, ma dovremmo capire meglio il potenziale effettivo: c’è chi dice che possa essere pari a 1 miliardo e chi dice 10 miliardi di m3 all’anno. Secondo il piano RePower EU l’Italia dovrebbe arrivare a produrre 6 miliardi di m3 l’anno. Sarebbe un buon risultato.

  • Qual è l’andamento dei prezzi del gas?

Anche dopo la diminuzione dei prezzi «stellari» raggiunti nell’estate dello scorso anno, il gas continua comunque a costare parecchio agli italiani. Mediamente, il 40% in più rispetto agli anni che precedono la seconda metà del 2021, quando già si registrarono sensibili aumenti.

L’andamento dei prezzi è influenzato da tante condizioni contingenti, diverse tra loro e sostanzialmente imprevedibili come guasti a infrastrutture o ondate di gelo in bacini di grande consumo. Tensioni sui prezzi sono state causate dalla rottura del gasdotto tra Finlandia ed Estonia, probabilmente causata da un attentato. Di recente il prezzo è aumentato anche per un prolungato sciopero degli operatori del settore GNL in Australia.

Teniamo presente, poi, che il gas è una risorsa che può essere fisicamente immagazzinata e resa pronta all’uso solo entro certi limiti, per questioni infrastrutturali ed economiche. A livello globale non vi è mai stata sinora un’offerta debordante rispetto alla domanda e sostanzialmente non può esserci: le capacità di flusso e stoccaggio sono intrinsecamente limitate. Il mercato del gas, frazionato in tanti mercati regionali, è per sua natura volatile, e tale è destinato a rimanere.

gasdotto

  • Ci sono ancora extra-profitti da gas?

I contratti a lungo termine dei grandi importatori italiani di gas rimangono segreti: quindi non sappiamo «a quanto» acquistino il gas, mentre sappiamo «a quanto» lo rivendono. I profitti maggiori sono stati realizzati nel 2022. Ma non è da escludere che, in alcuni casi, siano ancora di una certa consistenza.

Sul futuro del gas
  • Qual è la prospettiva del gas per il futuro?

Questo è un punto fondamentale. Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia la domanda di gas diminuisce nei paesi più avanzati e cresce più moderatamente del previsto nel resto del mondo, per effetto della transizione energetica. L’enfasi che il nostro Paese sta mettendo nella ricerca di nuovi giacimenti attraverso ENI e sulla realizzazione di nuove infrastrutture è quindi in netta controtendenza. Non è giustificata da ragioni tecniche o strategiche. A meno che non si consideri la transizione un tema superato. Ma lo si dovrebbe dire con chiarezza.

  • Perché, allora, l’Italia si candida – come sostiene il governo con l’ENI – a divenire definitivamente l’hub del gas per l’Europa?

Perché abbiamo tanti «tubi» e, in prospettiva, tante navi GNL che possono arrivare sul nostro territorio peninsulare. Il progetto hub meridionale del gas per l’Europa lega il nostro Paese a un modello di dipendenza dal gas, che ci ripromettiamo di superare a ogni crisi. L’emancipazione energetica e la decarbonizzazione si allontanano: sono altre cattive notizie.

  • Cosa pensi dell’ipotesi di realizzazione del gasdotto EastMed, Israele-Italia?

Nel maggio 2022 sono stato audito in Commissione Parlamentare su questo progetto, ove illustrai tutte le ragioni di inopportunità dell’opera. La prima è che EastMed attraverserebbe una delle zone più instabili del mondo dal punto di vista geopolitico, come gli eventi tragici di questi giorni stanno confermando per l’ennesima volta. Il gasdotto trasporterebbe gas da giacimenti fra Cipro e Israele – scoperti in parte da ENI – ma il progetto trova una dura opposizione da parte della Turchia. Eastmed diventerebbe il più lungo gasdotto sottomarino al mondo, passando su fondali profondi e impervi e in una zona altamente sismica. Per tutte queste ragioni tecniche e politiche, non trovo motivazioni razionali per proseguire in tale direzione. La produzione di gas da questi giacimenti è sospesa da settimane, per la nuova guerra in Medio Oriente. Non ci sono grandi motivi per stupirsi, ma sembra che non capiamo mai la lezione.

Il nucleare che ritorna
  • Si ricomincia a parlare di nucleare quale soluzione praticabile. È così?

Il 21 settembre scorso il ministro Pichetto Fratin ha convocato un incontro con gli operatori del settore per lanciare la Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile. In quella occasione è stato reso noto che in Italia non si faranno grandi impianti nucleari, prendendo atto che nel nostro Paese questa strada non è percorribile per una lunga serie di ragioni economiche, tecniche, sociali.

Il governo punta ai reattori modulari di piccola taglia (Small Modular Reactors, SMR), una tecnologia che al momento non esiste sul mercato, anche se viene testata in realtà da decenni. Tra le decine di possibili design SMR che si stanno esaminando a livello mondiale, il governo italiano sembra puntare a quelli proposti da aziende o tecnici italiani. Tra queste va annoverata la tecnologia dei reattori raffreddati al piombo in fase di sviluppo presso Newcleo. Per chi vuole approfondire tecnicamente l’argomento suggerisco la visione di un evento recente all’Università di Torino nel quale ho dibattuto di questa tecnologia con un collega di Newcleo.

Un’altra opzione che mi pare sotto esame è quella sostenuta da Riccardo De Salvo che lavora sul progetto della azienda americana Ultra Safe Nuclear, che propone reattori di taglia anche piccolissima, fino a 3,5 MW.

nucleare

La mia impressione è che al Ministero non abbiano capito sino in fondo quanto l’opzione SMR sia molto più complessa e lontana nel tempo di quello che solitamente si racconta. Basti pensare che l’opzione Newcleo prevede di utilizzare il plutonio di scarto dei reattori convenzionali come combustibile fissile. Già me la immagino la semplicità di reperire e trattare scorie nucleari in Italia, un Paese che non ha ancora risolto il problema dei rifiuti nucleari ad alta attività che ha prodotto 60 anni fa.

  • Qual è la situazione mondiale delle tecnologie SMR?

Il primo progetto SMR che doveva essere realizzato dall’azienda americana NuScale è fallito alcune settimane fa per gli eccessivi costi e oggi NuScale non naviga in buone acque. La cosa non sorprende più di tanto: da decenni questo è il tipico destino dei progetti nucleari nei Paesi a libero mercato. In Europa e in Italia non esiste un quadro regolatorio per i reattori SMR e questo richiederà anni. Si sta proclamando una soluzione che, nei fatti, non esiste.

Resta poi il problema di dove reperire minerali di uranio e combustibile fissile nelle forme adeguate e pronto all’uso. A questo proposito è utile sottolineare una notizia che è passata in gran parte sotto silenzio. Rosatom – il colosso di Stato russo del nucleare – non è stato sottoposto ad alcuna sanzione e sta tuttora fornendo barre di uranio arricchito e tecnologia alle centrali nucleari dell’Europa orientale, e non solo. Insomma, anche sul nucleare siamo disposti a chiudere un occhio, e anche due, sia sulla eticità dei nostri fornitori energetici sia sull’urgenza di aumentare la nostra indipendenza.

Energie rinnovabili: lo stato dell’arte
  • Parliamo allora delle alternative più pulite e rinnovabili: come sta andando la produzione?

La cattiva notizia del 2022 è stata che – con la siccità – l’idroelettrico ha prodotto il 40% in meno rispetto al 2021. Questo ha abbassato la quota di produzione rinnovabile complessiva sotto al 35%, rispetto a una media del 40% negli ultimi anni. Il 2023 è stato più piovoso e stiamo tornando in media.

La scomposizione dei dati dice che la produzione di energia dall’eolico è rimasta sostanzialmente costante, perché è molto difficile ottenere nel nostro Paese i permessi per nuove installazioni, benché siamo su una penisola circondata da mari in cui sarebbe certamente possibile realizzare impianti eolici offshore.

L’unica rinnovabile che sta aumentando sensibilmente è il fotovoltaico, che nel 2022 ha coperto il 10% della produzione nazionale. Quest’anno il fotovoltaico è in aumento di un ulteriore 5%. Tuttavia, il suo tasso di crescita non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi fissati dal PNIEC per il 2030, quando l’Italia dovrebbe installare 130 Gigawatt da fonti rinnovabili, con il fotovoltaico dominante a 80 GW. Dobbiamo aumentare il tasso di installazione di 4-5 volte.

La ventilata tassa sugli impianti fotovoltaici superiori ai 20 KW presente nella bozza del decreto energia non è certo incoraggiante per le prospettive di crescita di questa tecnologia.

fotovoltaico

  • Si obietta che l’incremento del fotovoltaico stia determinando una nostra crescente dipendenza dalla Cina…

Per quanto riguarda gas (e petrolio) si dipende dai Paesi che abbiamo citato. Per l’uranio potremmo dipendere dalla Russia o da qualche suo Paese satellite, ad esempio il Kazakistan, che produce oltre il 40% di minerali di uranio a livello globale.

Questa intervista la stiamo realizzando attraverso due computer con componenti made in China, così dicasi per tutti i tablet e smartphone che utilizziamo massicciamente. Se questi prodotti smettessero improvvisamente di arrivarci dalla Cina, in poche settimane la nostra società interconnessa e digitale sarebbe in ginocchio.

Dipendiamo dalla produzione manifatturiera cinese su quasi tutto quello che usiamo ogni giorno – dai fertilizzanti ai vestiti, dai mobili all’elettronica – e ci troviamo a eccepire solo su energie rinnovabili, batterie e auto elettriche. Perdonami la franchezza: è ridicolo. Ne ho parlato in questa recente intervista.

  • Potremmo produrre da noi quel che serve per la diffusione delle rinnovabili?

In linea di principio, nessuno ce lo impedisce. Oggi però le aziende cinesi sono avanti anni rispetto a noi in termini di impianti, brevetti e know-how, oltre a produrre a prezzi imbattibili. Sul fotovoltaico al silicio non abbiamo più possibilità di competere. Mentre possiamo pensare di diventare competitivi – se ci impegniamo su ricerca e sviluppo – su nuovi materiali fotoattivi o sviluppando nuovi tipi di batterie, ad esempio al sodio e non più al litio.

Consideriamo poi che, già da quest’anno, la nuova normativa europea prevede il recupero di tutti gli elementi contenuti nelle batterie e che, dal 2030, gli accumulatori dovranno essere prodotti con una quota progressivamente crescente di materiali riciclati. C’è una industria del riciclo da costruire. Sarebbe un’occasione da non perdere per la manifattura europea.

Sappiamo farlo; bisogna volerlo
  • In quale direzione bisogna allora decisamente andare?

Ci sono opzioni semplici e consolidate che ci ostiniamo a non fare. Il solare termico, ad esempio, è una tecnologia semplice e a basso costo che si sarebbe potuta fare già da decenni in Italia, e non l’abbiamo ancora fatta. Sarebbe valsa e potrebbe ancora valere 3-4 miliardi di m3 di gas consumati in meno all’anno. Per solare termico si intende il riscaldamento dell’acqua per usi domestici col calore del sole.

Cipro – che ha il primato del solare termico – sfrutta questa opportunità 40 volte più dell’Italia. Siamo al 20° posto nel mondo, ma prima di noi ci sono, tra gli altri, l’Austria, il Lussemburgo, la Germania, per citare Paesi che si trovano a latitudini più sfavorevoli dell’Italia. In Italia il primato regionale appartiene all’Alto Adige, mentre in tutto il Centro-Sud, dove splende il sole quasi tutto l’anno, si continuano a bruciare milioni di metri cubi di metano per scaldare l’acqua per la doccia. Uno spreco inaccettabile.

Del fotovoltaico e dell’eolico ho già detto. Lo Stato dovrebbe imboccare più decisamente la strada delle rinnovabili, investendoci direttamente e incentivandole il più possibile sotto l’aspetto fiscale, non lasciando che siano solo i cittadini e i piccoli-medi imprenditori a farlo.

Come ho scritto qui, sappiamo come fare la transizione energetica per uscire dal collasso climatico. Dobbiamo solo decidere se farlo.

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