Il peggiore

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berlusconi

© Emanuele Cremaschi, Getty Images

Riprendiamo, per gentile concessione dell’autore, il commento di Stefano Feltri alla notizia della morte di Silvio Berlusconi (12 giugno 2023). Il testo è stato pubblicato sulla newsletter Appunti; nella seconda parte, il testo prosegue riprendendo un articolo a doppia firma (Stefano Feltri con Gianni Barbacetto) pubblicato lo scorso 22 aprile 2023.

La mia vita da cittadino politicamente consapevole è iniziata con una reazione alla vittoria di Silvio Berlusconi nel 2001: andavo al liceo e ostentavo con fierezza una maglia rossa con scritto «io non ho votato Berlusconi» in sei lingue diverse. Non l’avevo votato anche perché, a quelle elezioni, ancora non avevo l’età, ma poco importa.

C’è una intera generazione, ormai, la cui identità si è formata come reazione a tre eventi di quel lontano e terribile 2001: la vittoria di Berlusconi per il suo governo più lungo e famigerato, il G8 di Genova con la repressione violenta della protesta e l’attacco alle Torri gemelle di New York. Una svolta illiberale, verso destra, verso la violenza − fisica e intellettuale − del mondo occidentale e dell’Italia in particolare.

Ora Silvio Berlusconi è morto, dopo un crepuscolo lungo – a tratti tragicamente umano, talvolta patetico, sempre cupo, triste e solitario – che apre un vuoto politico in un centrodestra dominato per trent’anni dalla sua personalità e dai suoi soldi.

Il tracollo e il perdono

I giornali hanno decine di «coccodrilli» nei cassetti, pezzi pronti per la pubblicazione un attimo dopo la notizia del trapasso. Non voglio aggiungermi a quella produzione, ma soltanto segnalare un aspetto: Silvio Berlusconi ha dato un contributo decisivo al tracollo morale, politico e perfino finanziario ed economico del paese, eppure gli italiani lo hanno sempre perdonato.

Berlusconi resta responsabile delle proprie scelte e azioni, ma il berlusconismo è stato una responsabilità degli italiani, che hanno scelto di non vedere, non capire. E quando hanno visto e capito hanno preferito ignorare.

Io li ricordo gli anni del berlusconismo giornalistico. Non c’erano i social, il web iniziava ad affermarsi. Ma nonostante il conflitto di interessi, il controllo di Mediaset, la presa sulla RAI, l’influenza sui giornali, chi voleva sapere poteva sapere.

Chi voleva sapere, poteva sapere e ha saputo, nonostante la cappa di silenzio che pesava su TG e grandi giornali (ma non sempre, basti ricordare che la celebre intervista alla escort Patrizia D’Addario uscì sul Corriere della Sera nel 2009). Quando nel 2009 abbiamo lanciato il Fatto Quotidiano, la sfida era proprio quella di raccogliere e dare peso a un lavoro di contro-informazione che comunque era stato capillare e aveva raggiunto milioni di italiani tra libri, documentari, incontri pubblici, e poi blog e siti.

Poi è arrivata la crisi del debito del 2011, che oggi viene ricordata molto più per le misure drastiche che il governo tecnico di Mario Monti è stato costretto ad adottare che per le sue cause sul fronte italiano. Cioè quel misto di caos politico e dilettantismo finanziario che aveva distrutto la credibilità del paese sui mercati, come si poteva misurare dall’aumento del costo di finanziamento per il Tesoro (ricordate lo spread, la differenza di costo del debito tra Italia e Germania?) .

Anche delle misure di austerità la responsabilità ultima è di Berlusconi − ancor prima che del governo Monti − che concordò la celebre lettera di intenti con la BCE e la Banca d’Italia (Mario Draghi stava passando da via Nazionale a Francoforte) poi alla base del progetto di risanamento fiscale ed economico del paese.

Cosa resta degli anni di Berlusconi (Stefano Feltri e Gianni Barbacetto)

Ha iniziato Marco Travaglio, con Elio Veltri, e il libro L’odore dei soldi, proprio nel 2001: Daniele Luttazzi si è giocato la carriera per averlo presentato in RAI. Ma quello e tantissimi altri libri − fino al recentissimo Una storia italiana di Gianni Barbacetto – hanno sempre raccontato tutto.

Le connessioni opache con la mafia, i misteri sui soldi, i rapporti con il PSI di Bettino Craxi che rendono insostenibile la narrazione del self made man, e poi le leggi ad personam per far saltare i processi, le tante ragazze portate ad Arcore e poi tenute silenti e sottomesse con un misto di regali e dissuasione, i rapporti amichevoli e calorosi con i peggiori dittatori, da Muhammar Gheddafi a Vladimir Putin…

copertina

Il declino

Silvio Berlusconi ha continuato a rappresentare il peggio del paese anche nella lunghissima stagione del declino: la condanna definitiva per frode fiscale e la cacciata dal Senato nel 2013, fino all’umiliante (per le istituzioni repubblicane) ritorno da condannato con pena espiata nel 2022.

In mezzo una legislatura nel parlamento di una Unione Europea che Berlusconi ha sempre omaggiato soltanto con parole e poltrone − va detto che le sue nomine europee, da Mario Monti commissario nel 1994 a Mario Draghi alla BCE nel 2011 sono state inattaccabili − ma ha sempre tradito in alleanze e scelte interne: dal rapporto con Vladimir Putin, prima e dopo l’annessione illegale della Crimea nel 2014, alle proroghe delle concessioni autostradali alle politiche economiche opposte a quelle caldeggiate dalla Commissione europea.

Berlusconi ha rappresentato − e applicato − il peggio dell’italianità in politica: ha legittimato l’evasione fiscale, ha difeso la rendita con l’abolizione dell’imposta di successione e quella dell’IMU sulla prima casa, ha perorato progetti assurdi come il ponte sullo Stretto di Messina, ha accollato al paese centinaia di milioni di perdite di Alitalia per decenni soltanto per vincere la campagna elettorale del 2008 e si potrebbe continuare all’infinito.

Tutto questo è stato raccontato fino allo sfinimento. Il grande mistero del berlusconismo è perché, oggi che l’ex Cavaliere è morto, venga ricordato perfino con affetto, come un innocuo vecchietto, o addirittura come il padre della patria contemporanea che ha sempre sostenuto di essere.

Un paese peggiore

Si è detto spesso che Berlusconi piaceva perché incarnava il meglio e il peggio degli italiani, le loro ambizioni, i loro peccati, la propensione ad auto-assolversi senza neppure la penitenza. Ma anche la creatività, il guizzo, la simpatia.

Di sicuro, Berlusconi non ha mai cercato di lasciare un paese migliore e neppure degli italiani e delle italiane migliori. Difficile dire se ci abbia reso peggiori o se ha soltanto rivelato fino a dove l’italiano medio era disposto a spingersi per pagare qualche tassa in meno e avere qualche illusione di benessere in più.

Di certo, l’indulgenza di cui ha sempre goduto presso un elettorato che ha continuato a riverirlo anche dopo che ha smesso di votarlo dimostra che questo paese è sempre stato peggiore − più corrotto, violento e maschilista − di quanto la retorica delle istituzioni, dei media e della politica faccia pensare.

L’uomo Berlusconi merita tutta la pietà umana che si deve a chi si confronta con la finitezza dell’esistenza e con l’angoscia del dopo. Ma il politico Berlusconi va ricordato senza sconti, come la trentennale calamità che è stata.

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24 Commenti

  1. Giuseppe 16 giugno 2023
  2. Giovanni Ruggeri 14 giugno 2023
    • Gian Piero 15 giugno 2023
      • Giovanni Ruggeri 15 giugno 2023
        • Paolo Gamberini 17 giugno 2023
  3. Gian Piero 14 giugno 2023
  4. Giovanni Ruggeri 14 giugno 2023
  5. Antonio Cecconi 13 giugno 2023
  6. Fabrizio 13 giugno 2023
  7. Salvatore Bellino 13 giugno 2023
  8. Nadia 13 giugno 2023
    • Gian Piero 13 giugno 2023
      • Anima errante 14 giugno 2023
        • Adelmo Li Cauzi 14 giugno 2023
          • Anima errante 15 giugno 2023
      • Adelmo Li Cauzi 14 giugno 2023
    • Giuliana Babini 13 giugno 2023
  9. Erminio Lora 13 giugno 2023
  10. Ivan 13 giugno 2023
  11. Adelmo Li Cauzi 12 giugno 2023
    • Gian Piero 12 giugno 2023
      • Adelmo Li Cauzi 12 giugno 2023
  12. Andrea Venuta 12 giugno 2023

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